Con Ordinanza n. 9148 del 31 marzo 2023, la Corte di Cassazione si è espressa in materia di segnalazioni whistleblowing.
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Di seguito il principio di diritto enunciato dalla Cassazione in materia di segnalazioni whistleblowing.
La normativa di tutela del dipendente che segnali illeciti altrui (c.d. whistleblowing) salvaguardia il medesimo dalle sanzioni che potrebbero conseguire a suo carico secondo le norme disciplinari o da reazioni ritorsive dirette ed indirette conseguenti alla sua denuncia, ma non istituisce un esimente per gli autonomi illeciti che egli, da solo o in concorso con altri responsabili, abbia commesso, potendosi al più valutare il ravvedimento operoso o la collaborazione al fine di consentire gli opportuni accertamenti nel contesto dell’apprezzamento, sotto il profilo soggettivo, della proporzionalità della sanzione da irrogarsi nei confronti del medesimo.
In particolare, il procedimento trae origine dall’opposizione di un’infermiera alla sospensione disciplinare per aver svolto attività presso un ente privato, non autorizzata, per diversi anni.
Sul punto, il ricorso, denuncia la violazione ed erronea applicazione dell’art. 54-bis d. lgs. n. 165 del 2001 in materia di whistleblowing ed è sviluppato rimarcando l’ampiezza della protezione assicurata dalla norma all’affidamento di chi denunci illeciti (segnalazioni whistleblowing) su una protezione effettiva ed efficace che eviti conseguenze alla propria partecipazione alla tutela dell’interesse e dell’integrità della Pubblica Amministrazione, funzionale all’emersione di fenomeni di corruzione e mala gestio.
Sul punto, evidenzia la Cassazione, la fattispecie delineata dall’art. 54-bis esclude dal proprio novero le condotte calunniose o diffamatorie (poi, secondo il testo novellato dalla legge n. 179 del 2017, in presenza almeno di colpa grave), per ricomprendere invece le segnalazioni effettuate dal dipendente ai propri superiori di illeciti altrui, con l’effetto di impedire che il medesimo, in ragione di tali segnalazioni, possa essere sanzionato, licenziato o sottoposto a misure direttamente o indirettamente discriminatorie aventi effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati in modo diretto o indiretto alla denuncia.
L’applicazione al dipendente di una sanzione per comportamenti illeciti suoi propri resta dunque al di fuori della copertura fornita dalla norma, che non esime da responsabilità chi commetta un illecito disciplinare per il solo fatto di denunciare la commissione del medesimo fatto o di fatti analoghi ad opera di altri dipendenti;
Pertanto, la Cassazione evidenzia che le segnalazioni whistleblowing di comportamenti illeciti non costituisce esimente rispetto agli illeciti che la medesima persona abbia autonomamente commesso, da sola o in concorso.