Con ordinanza n. 3097 del 2 febbraio 2024, la Corte di Cassazione ha stabilito che, a seguito delle modifiche apportate al Codice del processo tributario (D.lgs. 546/1992), ad opera del D.lgs. n. 156 del 2015, il giudizio di ottemperanza costituisce l’unico rimedio per l’attuazione delle sentenze tributarie nel caso di inadempimento dell’Amministrazione.
Secondo la Corte, in particolare, «in tema di spese di lite nel processo tributario, se il pagamento in favore del contribuente, o del difensore antistatario, non è eseguito spontaneamente dall’Amministrazione nel termine di novanta giorni dalla notifica della sentenza, ai sensi dell’art. 38 del D.Lgs. n. 546 del 1992, le somme dovute a tale titolo possono essere richieste con il giudizio di ottemperanza, senza necessità di formale costituzione in mora e senza dover attendere il passaggio in giudicato della sentenza che ha dato luogo al titolo di pagamento».
Nel caso in esame, il Tribunale di Palermo aveva ritenuto possibile, per il contribuente, in conseguenza dell’inadempimento del Fisco, l’esperimento dell’esecuzione forzata in sede civile, in alternativa al giudizio di ottemperanza, per il recupero coattivo delle spese di lite a seguito di sentenza favorevole.
In particolare, il Tribunale aveva confermato la decisione del Giudice di pace, il quale aveva accolto il ricorso del contribuente ex art. 745 c.p.c., ordinando alla Segreteria della Commissione Tributaria regionale per la Sicilia, che aveva opposto rifiuto, di esibire le copie di due sentenze munite di formula esecutiva di cui all’art. 475 c.p.c., affinché il contribuente potesse esperire esecuzione forzata nei confronti dell’Agenzia delle entrate.
Avverso detta sentenza, ricorreva per cassazione il Dirigente di segreteria della Commissione Tributaria regionale per la Sicilia.
Dopo un’accurata esposizione dell’excursus normativo in tema di esecuzione delle sentenze favorevoli al contribuente, pronunciate dalle corti di merito, la Corte ha ricordato che per effetto della novella legislativa del D.lgs. n. 156 cit., è stata eliminata la possibilità – originariamente prevista all’art. 70 del D.lgs. 546 cit.– per il contribuente di ricorrere al processo di esecuzione forzata regolato dal codice di procedura civile, al fine di ottenere l’adempimento del decisum a lui favorevole a cui il Fisco non ha dato spontanea attuazione.
Ciò è conseguenza del nuovo art. 67 bis del D.lgs. 546 cit. (introdotto dal D. Lgs. n 156 cit.) rubricato, per l’appunto, «esecuzione provvisoria» delle pronunce di merito tributarie.
Ai sensi del art. 67-bis, infatti, le sentenze delle Commissioni tributarie sono immediatamente esecutive, e cioè non è necessario dotarle di uno strumento giuridico per rendere effettivo quel comando (i.e. il rilascio di una copia in forma esecutiva della sentenza da parte della segreteria della Corte tributaria che l’ha pronunciata), come invece richiedeva l’art. 70 del D. Lgs n. 546 cit., nella previgente versione.
Alla luce dei principi esposti, la Corte ha accolto il ricorso e ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata.