Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con decreto n. 13749 del 17 maggio 2024, hanno dichiarato inammissibile la questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Brindisi in ordine alla vexata quaestio della validità degli atti compiuti per il recupero del credito da parte dello special servicer non iscritto all’albo ex art. 106 TUB.
Secondo la Corte, la questione presentata dal Tribunale in via pregiudiziale non presenta il requisito della grave difficoltà interpretativa, poiché nella giurisprudenza della Cassazione medesima si rinviene proprio l’enunciazione di principi suscettibili di orientare la risoluzione del dubbio posto dal rimettente: la Corte ripercorre quindi sinteticamente le due più recenti pronunce di legittimità sulla questione, espresse dalla Terza Sezione.
L’ordinanza della Cassazione 20 febbraio 2024, n. 4427:
In tale pronuncia, la Corte ha affermato che, al fine di qualificare la cessione del credito quale attività di finanziamento, soggetta alla disciplina dell’art. 106 TUB, non è sufficiente che il cessionario operi nei confronti di terzi con carattere di professionalità, ma è necessario che la cessione integri erogazione di un finanziamento, ossia che comporti l’anticipazione di denaro o altre utilità: in quel caso, l’operazione non era riconducibile all’attività di finanziamento, essendo il versamento del corrispettivo della cessione meramente eventuale, ovvero condizionato al buon esito della riscossione del credito ceduto.
Secondo le Sezioni Unite, al di là della fattispecie concreta sottostante e della tipologia di credito ceduto (relativa ad una cessione del credito spettante, nei confronti di una compagnia aerea, al trasportato, ex art. 7 del Regolamento CE n. 261/2004), tale decisione è significativa perché distingue la semplice operazione di cessione del credito dalla vera e propria prestazione di servizi di finanziamento, solo al cospetto della quale sorge l’obbligo di iscrizione all’albo degli intermediari finanziari.
La sentenza della Cassazione, 18 marzo 2024, n. 7243:
In base a tale pronuncia, il conferimento dell’incarico di recupero dei crediti cartolarizzati ad un soggetto non iscritto nell’albo di cui all’art. 106 TUB e i conseguenti atti di riscossione da questo compiuti, non sono affetti da invalidità, in quanto l’art. 2, comma 6, della L. 130/1999 non ha immediata valenza civilistica, ma attiene, piuttosto, alla regolamentazione amministrativa del settore bancario e finanziario, la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri, anche sanzionatori, facenti capo all’autorità di vigilanza e presidiati da norme penali.
Secondo la Corte, il mero riferimento alla rilevanza economica delle attività bancarie non vale di per sé a qualificare in termini imperativi tutta l’indefinita serie di disposizioni contenute nel TUB.
Pertanto, dall’omessa iscrizione all’albo, ai sensi dell’art. 106 TUB, del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti (servicer) non deriva alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici.
Conseguentemente, ai fini della validità del controricorso, non rileva che la società (special servicer), sia iscritta nell’albo degli intermediari finanziari: non vi è alcuna valida ragione per trasferire automaticamente sul piano del rapporto negoziale, o sugli atti di riscossione compiuti, le conseguenze delle condotte difformi degli al fine di provocare il travolgimento di contratti (cessioni di crediti, mandati, ecc.) o di atti processuali di estrinsecazione della tutela del credito, in sede cognitiva o anche esecutiva (precetti, pignoramenti, interventi, ecc.), asseritamente viziati da un’invalidità “derivata”.
Il rigetto della questione pregiudiziale:
Nella vicenda oggetto dell’ordinanza di rimessione del Tribunale di Brindisi, se vi sono plurime cessioni del medesimo credito ipotecario, ma nessun cessionario ha elargito alcun servizio di finanziamento nei confronti dei mutuatari, essendosi, ciascuno, limitato ad acquisire la titolarità del credito per procedere al suo incasso, direttamente o a mezzo di una diversa società mandataria.
Le due richiamate decisioni delineano pertanto secondo la Corte un quadro convergente e forniscono, nel quadro di una nomofilachia circolare, precise indicazioni, utilizzabili dal giudice di merito ai fini della risoluzione del caso sottoposto al suo esame, in ordine:
- ai presupposti per l’applicazione dell’art. 106 del TUB (obbligo di iscrizione nell’albo degli intermediari finanziari)
- all’esclusione di tale obbligo per le società incaricate della riscossione, anche coattiva, del credito.
Pertanto, ricordano le Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 363-bis C.p.c., quando il dubbio ermeneutico sollevato è in realtà risolvibile senza gravi difficoltà, non vi è spazio per l’intervento preventivo della Cassazione: la ratio del rinvio pregiudiziale consiste nell’affrontare questioni giuridiche di rilevante complessità che, per il loro carattere di novità, richiedano l’intervento nomofilattico preventivo della Corte al fine di orientare, fin da subito, i giudici di merito.