Il 09 aprile 2013 la Commissione europea ha inaugurato l’indagine n. 40049 – MasterCard II che rappresenta un indice degli articolati profili di rilevanza anticoncorrenziale in relazione alle commissioni interbancarie multilaterali e che, di riflesso, testimonia la puntuale attenzione che l’autorità riserva al fenomeno.
La Multilateral Interchange Fee è la commissione interbancaria multilaterale applicata dalle banche ai pagamenti a mezzo di carta di credito: si sostanzia, infatti, in una rete complessa di commissioni convenute a livello multilaterale, trattenuta dalla banca del cliente (banca emittente) e addebitata alla banca del commerciante (banca acquirente). La Commissione, pertanto, si è rivelata particolarmente attenta in forza della necessità di garantire la concorrenza, l’efficienza e l’economicità dei servizi bancari, in una visione meno circoscritta, giacché gli effetti negativi arrecati dalle MIF si riverberano ad ampio spettro sul complesso degli scambi transazionali intraSEE, inibendoli, rallentandoli e rivelandosi dunque incompatibili con l’obiettivo di creazione dell’area unica di pagamenti in Euro (SEPA).
L’annosa problematica legata alla configurazione di significative barriere alla concorrenza nei mercati dei prodotti bancari al dettaglio, consente di esprimere qualche riflessione, altresì, in ordine al modus operandi della Commissione in relazione a restrizioni della concorrenza in applicazione della rule of reason. Le MIF, infatti, non sono vietate esplicitamente dal disposto degli artt. 101 e 102 TFUE (ex art. 81-82 TCE), ma sono suscettibili di produrre effetti anticoncorrenziali, i quali devono essere valutati in un giudizio di “bilanciamento” con quelli positivi eventualmente prodotti. Tali effetti devono ritenersi maggiormente preoccupanti in relazione alla struttura dei mercati di riferimento (come evidenziato nell’indagine IP/07/114), che sono strutturalmente caratterizzati da (i) una spiccata concentrazione, tale da produrre effetti deleteri in capo agli incomers, (ii) ampie variazioni delle commissioni in tutta l’UE, (iii) redditività elevata e costante, (iv) regole pratiche in grado di indebolire la concorrenza a livello del dettaglio, (v) standards tecnici divergenti all’interno dell’UE, in ragione dei quali è limitata l’attività su scala paneuropea di competitors fornitori di servizi bancari. Tali problematiche, peraltro, non sono da sottovalutarsi anche in relazione alla portata globale del mercato cui afferiscono, che involge il 2% del PIL dell’UE.
A livello di analisi economica del diritto e come già in precedenza accennato, le problematiche anticoncorrenziali ex art. 101 TFUE che insorgono in relazione al modello commerciale di adozione della MIF non integrano un illecito antitrust per se, ma sono vietate allorquando producano effetti anticoncorrenziali e sul prezzo finale di ogni transazione commerciale, nonché sull’ingresso di concorrenti nel mercato. In primo luogo, ad esempio, la MIF potrebbe configurare un meccanismo di fissazione di un prezzo minimo a carico dei commercianti per l’accettazione delle carte di pagamento del circuito. A tale proposito, la Commissione ne ha, dunque, imposto il divieto giacché aumenta la base sulla quale le banche acquirenti calcolano i prezzi addebitati per l’accettazione dei pagamenti, con evidenti ripercussioni anche sui clienti delle imprese coinvolte nel circuito. In secondo luogo, le variazioni delle commissioni interbancarie e di quelle a carico degli esercenti per le carte di pagamento si configurano quali indicatori rilevanti di barriere all’ingresso dei suddetti mercati e di ostacoli la mobilità della clientela.
Quindi, ove la Commissione ravvisasse una violazione, potrebbe eventualmente concedere termini per porvi fine, oltre i quali imporre un’ammenda a carico della società che perseverasse nella condotta illecita.
Per converso, la MIF potrebbe risultare, compatibile con la regolamentazione antitrust vigente, ove contribuisca al progresso tecnico ed economico e ove comporti un vantaggio a favore dei consumatori, ovvero determini l’insorgenza di economie di scala. In siffatte ipotesi, dunque, all’esito dell’indagine ed appurata la “ragionevolezza” e l’ “equità” della MIF ovvero a seguito della presentazione di impegni da parte della società coinvolta, sulla base delle conclusioni preliminari dell’indagine, la Commissione potrebbe decidere di concedere un’esenzione ex art.101, comma 3 del TFUE.
In passato, i casi rilevanti di MIF hanno coinvolto il duopolio dei circuiti Visa-MasterCard.
La prima eclatante indagine ha avuto ad oggetto il circuito Visa, in chiusura della quale ed a seguito della consultazione con i terzi interessati, la Commissione ha valutato che gli impegni presentati fossero meritevoli dell’esenzione. In estrema sintesi, Visa ha proposto: 1) la riduzione progressiva del livello di MIF; 2) la fissazione di un livello massimo dei costi a fronte di alcuni servizi forniti dalla banca del titolare a favore dell’esercente (esecuzione dell’operazione, garanzia del pagamento, periodo di copertura finanziaria gratuita); 3) la comunicazione delle informazioni relative al MIF ad altre banche aderenti. Sul punto, è bene precisare che, in difetto di regolamentazione ulteriore da parte degli istituti di credito coinvolti, il tasso della MIF che trova applicazione, è considerato segreto commerciale e non è, dunque, soggetto ad alcun obbligo di trasparenza (comunicato stampa IP/00/1164). Al fine di ottenere l’esenzione da parte della Commissione, l’anzidetto tasso, stabilito dal consiglio Visa e riportato nelle regole di Visa International, deve essere notificato alla Commissione.
Con il provvedimento IP/02/1138 la Commissione ha concesso l’esenzione per la MIF per i pagamenti transfrontalieri nel SEE, di privati a mezzo di carta Visa. Esulavano, per converso, dall’ambito di operatività della suddetta esenzione non solo i pagamenti effettuati in ambito nazionale all’interno degli Stati membri, ma anche quelli realizzati con carte di credito aziendali e, naturalmente, i circuiti diversi dal sistema Visa. Le annoverate ipotesi, per l’effetto, soggette al divieto generale, necessitano di una puntuale valutazione avente ad oggetto le differenti condizioni di mercato applicabili. È di tutta evidenza, infatti, che una MIF che possa essere qualificata come “ragionevole ed equa” debba superare un vaglio puntuale delle contingenti situazioni di mercato. Per converso, si osserva che l’esenzione di cui trattasi non è certamente idonea ad incidere sul regolamento relativo ai pagamenti transfontalieri nell’area dell’Euro (Comunicato stampa IP/02/941) ai sensi del quale le spese addebitate alla clientela bancaria (e, quindi, non ai pagamenti interbancari quali la MIF) sono soggette alle medesime tariffe per pagamenti equivalenti a livello transfrontaliero e nazionale nell’area dell’Euro. L’operatività dell’esenzione non era definitiva: da un lato è diventata effettiva solo a seguito della modifica della MIF di cui al punto 1), dall’altro è stata oggetto di riesame a partire dal 2007, alla luce delle ripercussioni sul mercato della MIF, come modificata (IP/12/871).
Il caso MasterCard, viceversa presenta peculiarità del tutto differenti.
Nel 2007, la Commissione ha proibito e sanzionato le MIF di MasterCard (IP/07/1959 e MEMO/07/590).
Diversamente da Visa, MasterCard ha tentato di giustificare la MIF quale strumento volto a “massimizzare la produzione di sistema”. L’indagine, tuttavia, di durata quadriennale, non è stata in grado di addurre le prove di natura empirica, tali da controbilanciare le ripercussioni negative, in ambito concorrenziale, dei prezzi tra le banche coinvolte nel sistema. Non sono state infatti riscontrate “efficienze oggettive” in termini di innovazione ed efficienza volte a garantire il trasferimento di una parte equa derivante dalla MIF sul benessere dei consumatori.
L’indagine, avviata sulla base di una serie di notifiche ad opera di Europay International S.A., predecessore giuridico di MasterCard negli anni 1992-1995, nonché sulla base di una denuncia di EuroCommerce del 1997 è stata molto articolata: l’analisi nel merito della vicenda è stata condotta nel contesto di due comunicazioni degli addebiti (MEMO/06/260) ed un’audizione del 2006, consolidata da un’ulteriore indagine complementare portata avanti dalla Commissione, avente ad oggetto le argomentazioni sostenute da MasterCard. All’esito dell’indagine del 2007, accertando che la circostanza per cui il sistema fissasse una soglia minima per i costi fatturati agli esercenti non fosse giustificata con il miglioramento del servizio, la Commissione imponeva la soppressione della MIF, concedendo il termine di 6 mesi, decorso il quale sarebbe scattata una ammenda significativa: 3,5% del fatturato globale quotidiano dell’esercizio precedente. (La commissaria responsabile per la concorrenza, Neelie Kroes, ha dichiarato: “Gli accordi relativi a commissioni interbancarie multilaterali come quella di MasterCard aumentano i costi di accettazione delle carte da parte dei dettaglianti. Il conto alla fine lo pagano i consumatori, in quanto corrono il rischio di pagare due volte: una volta con le commissioni annuali addebitate loro dalle banche ed una seconda volta attraverso prezzi al dettaglio gonfiati che vengono richiesti non soltanto agli utilizzatori di carte ma anche ai clienti che pagano in contanti. La Commissione europea accetterà queste commissioni soltanto quando stimoleranno chiaramente l'innovazione a vantaggio di tutti gli utenti.”, come si legge in IP/07/1959)
Non solo.
Anche l’AGCM nazionale è intervenuta in tema di MIF, aprendo nel mese di luglio 2009 un’indagine che si è conclusa con l’accertamento di intese restrittive della concorrenza (“la società MasterCard e otto banche (Banca Monte dei Paschi di Siena, Bnl, Banca Sella Holding, Barclays Bank, Deutsche Bank, Intesa Sanpaolo, ICBPI e Unicredit) hanno posto in essere intese restrittive della concorrenza finalizzate a mantenere alta la commissione interbancaria sui pagamenti attraverso le carte di credito e di debito (c.d. carte Maestro) emesse dal circuito MasterCard, trasferendola sulle commissioni richieste ai negozianti convenzionati, con effetti sui prezzi praticati ai consumatori . Si tratta delle banche licenziatarie del marchio MasterCard attive in Italia e che, come emerge dal provvedimento dell’Autorità, sono presenti nella governance dello stesso circuito”), nonché con la sanzione dei medesimi. I comportamenti anticoncorrenziali ravvisati attenevano: 1) alla fissazione da parte di MasterCard di una MIF specifica per l’Italia superiore del 30-40% rispetto a quella applicata dal circuito concorrente Visa; 2) all’introduzione di specifiche clausole a vantaggio dello stesso circuito da parte delle banche che stipulano i contratti con i negozi e la grande distribuzione, finalizzate ad impedire il confronto con altri circuiti, e strumenti di pagamento con una MIF più bassa, a vantaggio del marchio MasterCard.
Avverso tale provvedimento, MasterCard adiva le competenti sedi giudiziarie e con sentenza n. 33474 del 16 novembre 2010, il Tar del Lazio accoglieva il ricorso di MasterCard avente ad oggetto la mancata accettazione degli impegni presentati dal Gruppo, con sospensione delle ammende, invitando altresì l’Autorità ad effettuare una nuova valutazione degli impegni stessi. Il TAR, infatti, ha ritenuto che l’AGCM, anteriormente al rigetto degli impegni proposti da MasterCard, avrebbe dovuto sospendere il procedimento in attesa dell’esito del ricorso pendente davanti al Tribunale europeo.
Infatti, solo due anni più tardi si è concluso l’iter giudiziario di MasterCard contro la decisione della Commissione: il Tribunale dell’Unione Europea (VII Sez, Sentenza 24 maggio 2012 — MasterCard e altri/Commissione, Causa T-111/08 e relativa impugnazione proposta il 6 agosto 2012 da MasterCard, Inc., MasterCard International, Inc., MasterCard Europe, Causa C-382/12 P) ha rigettato l’impugnazione proposta in forza del il carattere obiettivamente necessario delle MIF per il funzionamento del sistema di pagamento. Considerando, infatti, la mole degli altri utili commerciali, è stato valutato che sussistessero scarse probabilità a sostegno del nesso di causalità tra il difetto di MIF (causa) e la cessazione o la riduzione in modo rilevante dell’attività di emissione delle carte (effetto). Viceversa, è stato ritenuto maggiormente probabile l’effetto opposto: in assenza di MIF, gli esercenti sarebbero in grado di esercitare una maggiore pressione concorrenziale sull’importo delle spese di cui son gravati in funzione della modalità di pagamento di cui trattasi.
In linea con il provvedimento sanzionatorio della Commissione, il Giudice comunitario ha confermato la sostanziale riconducibilità dell’organizzazione di pagamento MasterCard ad una forma istituzionalizzata di coordinamento del comportamento degli istituti finanziari partecipanti. In ordine all’addotto contributo per progresso tecnico ed economico, è stato rilevato che i metodi per fissare l’importo delle MIF fossero caratterizzati da una duplice deprecabile combinazione di tendenze. Da un lato, è stata ravvisata una sopravvalutazione dei costi sostenuti dagli istituti finanziari in occasione dell’emissione di carte di pagamento. Dall’altro, è stata riscontrata l’inadeguatezza della valutazione dei vantaggi dei quali beneficiano gli esercenti a seguito dell’adozione di tale modalità di pagamento. Si consideri che tale percorso argomentativo può essere ulteriormente avvalorato dall’esperienza maturata in cinque paesi del SEE (Danimarca, Paesi Bassi, Norvegia, Finlandia e Lussemburgo) nei quali il funzionamento del sistema delle carte di pagamento non soggiace all’egida del MIF.
MasterCard è recentemente tornata nel mirino di Bruxelles.
Al vaglio dell’indagine inaugurata è la compatibilità della MIF non più in relazione al disposto dell’art.101 TFUE, bensì all’eventuale insorgenza dell’abuso di posizione dominante, di cui al successivo art.102 TFUE. La nuova indagine si caratterizza anche in considerazione dell’oggetto: attiene, infatti, alla MIF applicata ai possessori di carte di Paesi extraUE nell’ambito di acquisti intraUE, nonché gli acquisti transnazionali, ostativa o limitativa della possibilità per un acquirente di beneficiare di migliori condizioni, offerte da altre banche comunitarie. Tali MIF sono differenti rispetto alle MIF di cui ai precedenti casi.
Permangono, tuttavia, le perplessità già sollevate in relazione alle prime MIF per quanto involge le pratiche commerciali correlate, vale a dire le condizioni che disciplinano la fornitura delle carte di pagamenti di cui trattasi le quali si riverberano sulla limitazione della scelta dell’esercente nell’accettazione delle carte, nonché del consumatore nella scelta delle medesime.
Concludendo, in ragione dell’ampiezza del fenomeno, dell’attenzione riservatagli da parte delle Autorità nazionali e comunitarie nonché della completezza e della rilevanza dei profili antitrust analizzati, la MIF ha i requisiti necessari per diventare un precedente significativo in materia di concorrenza.