Con sentenza n. 384 del 13 gennaio 2012, la Suprema Corte di Cassazione afferma il principio secondo cui il requisito della forma scritta di cui all’art. 23 del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), è richiesto per la validità del solo contratto quadro col quale l’intermediario si obbliga a prestare il servizio di negoziazione di strumenti finanziari in favore del cliente, ma non anche per i singoli ordini che, in base a tale contratto, vengano poi impartiti dal cliente all’intermediario medesimo, la cui validità non è soggetta a requisiti di forma.
La sentenza, di particolare importanza, definisce un aspetto finora controverso in dottrina e nella giurisprudenza di merito.
Come evidenzia la Corte, il principio, enunciato in pendenza del regime c.d. pre MiFiD (cfr., ratione temporis applicabile, D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415, art. 18 e dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23; artt. 30, comma 2, Regolamenti Consob n. 10943/97 e 11522/98), deve trovare conferma nel regime vigente. Infatti, nel recepire il nuovo regime comunitario, il legislatore italiano non ha ritenuto opportuno modificare il testo previgente del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, ed anche la Consob, nell’emanare il nuovo regolamento n. 16190 del 2007, vi ha introdotto disposizioni (art. 37) sotto questo profilo del tutto analoghe a quelle contenute nei citati artt. 30 dei regolamenti anteriori.
In tale contesto, prosegue le Corte, è del pari evidente come l’obbligo per gli intermediari di registrare su nastro magnetico o su altro supporto equivalente gli ordini impartiti telefonicamente dagli investitori (cfr., ratione temporis applicabile, artt. 29 e 60 dei citati Regolamenti Consob 1997/10943 e 1998/11522), da un lato servono a ribadire la piena legittimità di ordini telefonici e, per altro verso, si limitano a dettare una regola destinata a garantire ex post la ricostruibilità del contenuto di tali ordini e quindi operante sul piano della prova, ma non volta ad introdurre una prescrizione di forma ad substantiam acti.