L’assetto delle disposizioni normative e regolamentari in tema di prestazione dei servizi bancari e finanziari consente di individuare due categorie di clientela nei cui confronti le cautele e le garanzie si configurano a differente livello. Alla classica elevata tutela in ambito consumeristico si affianca una tutela affievolita nei rapporti tra intermediari e imprese. Tra l’una e l’altra categoria si collocano le Piccole Medie Imprese che, in coerenza con la disciplina europea (Racc. 2003/361/CE), vengono a loro volta suddivise in tre subcategorie, a seconda del numero dipendenti e del fatturato annuo: le microimprese, che occupano meno di 10 persone e realizzano un fatturato annuo (oppure un totale di bilancio annuo) non superiori a 2 milioni di euro (art. 2, co. 3°, All. 1); le piccole imprese, che occupano meno di 50 persone con un fatturato annuo non superiori a 10 milioni di euro (art. 2, comma 2°, All. 1); le medie imprese, che occupano meno di 250 persone con un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro.
Nella disciplina europea le microimprese, pur rientrando tra i soggetti adibiti ad attività commerciale, in ragione delle dimensioni ridotte in termini di fatturato e numero di collaboratori, sono assimilate al mondo del consumo. Tale equiparazione, da ultimo introdotta nell’ambito della disciplina sulle pratiche scorrette dall’art. 7, comma 2° D.L. 24 gennaio 2012 n. 1 (convertito , con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, che ha modificato l’art. 19, comma 1° del Codice del Consumo), è stata altresì recepita nella disciplina nazionale bancaria sia con riferimento agli obblighi di trasparenza (di cui ai Capi 1° e 2° del Titolo VI del TUB) che in relazione alla disciplina sulla prestazione dei servizi di pagamento (di cui al Capo 2bis del Titolo VI del TUB ed al Titolo II del D. Lgs. 11/2010).
Nel primo caso (trasparenza), le microimprese sono state inserite nella più ampia “clientela al dettaglio”, definizione che comprende, a sua volta, anche le persone fisiche che svolgono attività professionale o artigianale, nonché gli enti senza finalità di lucro (par. 3, sez. I Disp. Bankitalia sulla trasparenza).
Nel secondo caso (servizi di pagamento), la tassatività delle garanzie offerte ai consumatori può essere in parte derogata qualora “l’utilizzatore dei servizi di pagamentonon è un consumatore” ovvero sia, appunto, una “microimpresa” (cfr. art. 2, comma 4°, lett. b) e c) D. Lgs. 27.1.2010 n. 11). Qualora l’utilizzatore non sia un consumatore la facoltà di deroga, per le imprese, inerisce le seguenti garanzie viceversa riservate all’utilizzatore consumatore:
a) l’impossibilità del prestatore dei servizi di pagamento di addebitare “spese sostenute per l’adozione di misure correttive e preventive” sulle operazioni di pagamento disciplinate dal D.Lgs. da ultimo citato (art. 3, comma 1°);
b) la revocabilità del consenso per singole operazioni di pagamento prima della definitività dell’ordine di pagamento (che si verifica all’atto della sua ricezione da parte del prestatore di servizi) (art. 5, comma 4° e art. 17);
c) in presenza di una contestazione dell’utilizzatore circa l’autorizzazione all’esecuzione di una prestazione di pagamento, l’onere dell’intermediario di provare che la medesima sia stata correttamente autorizzata e quindi eseguita (art. 10) e l’esclusione di responsabilità dell’utilizzatore in caso di operazioni fraudolente, fatta salva la franchigia limitata a 150 euro, in assenza di dolo o colpa grave dell’utilizzatore (art. 12).
d) il diritto di rimborso dell’importo trasferito in caso di operazioni autorizzate dall’utilizzatore ma disposte su iniziativa del beneficiario (il caso, ad esempio, del RID bancario) (artt. 13 e 14);
e) il diritto al rimborso dell’importo oggetto di una operazione di pagamento non correttamente eseguita dal pestatore dei servizi di pagamento del pagatore stesso ovvero del beneficiario (art. 25).
Nel caso in cui l’utilizzatore sia una microimpresa le guarentigie derogabili ineriscono, in via esclusiva, i punti b) e d).
E’ bene sottolineare la differente scelta del legislatore che, mentre in tema di trasparenza ha individuato una disciplina ad hoc a seconda della qualità della controparte (consumatore, cliente al dettaglio, imprese), in tema di prestazione di servizi di pagamento ha invece attribuito alle parti la facoltà di deroga. In particolare l’art. 37 comma 5° del D. Lgs. 11/2010 imponeva l’adeguamento dei contratti alla disciplina ivi indicata entro il 30 aprile 2010 prevedendo, in particolare, il comma 4° dell’art. 2 lett. b) e c) che le parti possono convenire che alcuni dei suddetti obblighi a carico dell’intermediario (quelli sopra individuati) “non siano in tutto in parte applicati” (come visto, sia con riferimento ai “non consumatori” che alle “microimprese”).
Questa differenza tra le due discipline sopra menzionate determina un’importante conseguenza sistematica, non pienamente recepita nei contratti di servizi predisposti dagli intermediari. Vale a dire: in tema di prestazione di servizi di pagamento nei contratti sottoscritti anteriormente al 30 aprile 2010 con clienti non consumatori o microimprese, la clausole che siano difformi rispetto alle disposizioni di cui al Titolo II del D.Lgs. citato e che siano penalizzanti per la clientela, pur in teoria ammissibili in quanto oggetto della deroga di cui al 4° comma dell’art. 3 lett. b) e c), potrebbero in ogni caso essere impugnate per nullità: è evidente che essendo stati i contratti stipulati anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. citato, la deroga non potrà, per definizione, configurarsi. La legge parla infatti di deroga “espressa” e come tale non può riqualificarsi la semplice anteriore pattuizione di una clausola difforme non adeguata, cioè non corredata della specifica ed esplicita volontà di deroga. Ciò, si badi, non solo nell’ovvio caso in cui la controparte contrattuale sia rappresentata da un consumatore (per la quale la deroga espressa non opera in alcun modo) o da una microimpresa (per la quale la deroga opera in un ambito assai limitato), ma soprattutto anche quando la controparte dell’intermediario sia costituita da un “non consumatore” cioè una impresa (per la quale le possibilità di deroga alla disciplina normativa sono ben più ampie).
Allo stesso modo, in relazione ai contratti destinati ai soggetti non consumatori e stipulati successivamente al 30 aprile 2010, ove gli stessi presentino una disciplina contraria alle disposizioni di cui al Titolo II del D. Lgs. citato, per effetto del principio della deroga espressa ed accettata dalle parti di cui al 4° comma, art. 2, lett. b) e c), l’intermediario, al fine di rendere tale deroga effettivamente opponibile al cliente, dovrà aver cura di esplicitare, nel testo contrattuale, che di deroga effettiva si tratti. Cautela che, viceversa, non sembra essere stata compiutamente assimilata dal sistema bancario.