Tra i benefici della Brexit, uno, in particolare, viene costantemente trascurato. Un risultato diretto del recupero della piena sovranità giurisdizionale conseguente all’uscita del Regno Unito dall’Unione europea è la facoltà di Londra di tornare al passato e porre nuovamente il Miglio Quadrato sotto l’ombrello della tradizionale common law inglese. E’ nel passato che l’Uk ha costruito il proprio vantaggio competitivo nel settore dei servizi finanziari e l’importanza del sistema legale per il migliore funzionamento dei mercati dei capitali non deve essere sottovalutata.
A tal proposito, esistono due grandi architetture legali, una di matrice anglo-sassone (common law) e l’altra di matrice europea (civil law), quest’ultima declinata nel sistema napoleonico ed in quello romano-germanico.
I sistemi di common law, adottati nel Regno Unito e negli Stati Uniti, così come nel Commonwealth, sono basati sul diritto di fonte giurisprudenziale, su una chirurgica supplementazione regolamentare statutaria e sul principio della libertà contrattuale. Nelle giurisdizioni di common law, le regole si formano bottom up dai precedenti giudiziari e si basano su decisioni elaborate per risolvere casi singoli portati in tribunale.
Al contrario, i sistemi di civil law, che sono in vigore nella maggior parte degli stati membri dell’UE e adottati dalla stessa UE, si basano su codici scritti che tentano di sovrapporre una cornice razionalista sul commercio e promuovere l’uniformità contrattuale. Nelle giurisdizioni di civil law, i tribunali non sono autorizzati a stabilire la legge del caso singolo: le regole si formano top down e sono basate su prescrizioni legislative.
Le complessità dei sistemi di civil law aumentano con il passare del tempo, specialmente ove il sistema politico diventi sempre più short-term, come è avvenuto nella UE con maggiore evidenza negli ultimi 20 anni. Nel blocco a 27, la complessità è amplificata in modo particolare dal sistema di Diritto comunitario che, a livello UE, cerca di armonizzare, sovrapponendosi o supplementandolo, l’approccio legislativo a livello statale.
La direzionalità discendente è il nocciolo del problema: la predeterminazione legislativa è un approccio concepito per la gestione della stabilità dello status quo attraverso la deferenza all’autorità centrale. I sistemi di civil law codificano un universo chiuso di interessi tutelati. Il diritto è lo strumento per realizzazione dei propositi politici formalizzati nell’attività legislativa. Ma questo approccio confligge con un’economia dinamica. Decidere sull’innovazione diventa per il giudice un’acrobazia per inserire un piolo rotondo in un buco quadrato.
La common law invece fonde un processo decisionale pragmatico e prevedibile con la capacità di evolversi. Questo viene fatto attraverso un processo legislativo incrementale e una magistratura sofisticata che ha il potere di stabilire la legge partendo dal caso singolo.
L’approccio di civil law è dannoso per i servizi finanziari perché si basa su tassonomie. Le tassonomie sono intrinsecamente rivolte al passato e non al futuro. Pongono vincoli indebiti ai partecipanti al mercato e soffocano l’innovazione.
Affinché i mercati dei capitali possano svolgere la loro funzione di fonte di finanziamento per l’economia, sono necessarie tre condizioni fondamentali: trasparenza, integrità e innovazione. La trasparenza alimenta la fiducia, l’integrità assicura la protezione del cliente e l’innovazione stimola la concorrenza. Quest’ultima, a sua volta, si traduce in un’allocazione più efficiente del capitale, una maggiore liquidità e prezzi migliori, a tutto vantaggio della distribuzione della ricchezza e della crescita economica. I mercati dei capitali devono anche essere in grado di prezzare accuratamente il rischio, incluso il rischio legale.
La trasparenza del sistema legale, e di conseguenza la sua prevedibilità ed efficacia legislativa favoriscono un mercato finanziario più ampio (deep) capace di attrarre più partecipanti ad un credit rating sovrano sovente più alto. La protezione del cliente e della proprietà privata facilitano in particolare la ripresa economica dopo gli inevitabili e regolari periodi di congiuntura recessiva, in quanto rendono trasparente l’eventuale rimodulazione e riallocazione dei crediti non performing e dei contratti che non sono andati a buon fine. L’innovazione favorisce nel lungo periodo un valido supporto al contrasto di oligopoli o monopoli settoriali che si possono formare nel tempo per ragioni diverse: tecnologia, regolamentazioni o, appunto, mancanza di sviluppo del mercato finanziario.
La common law è in grado di soddisfare meglio queste esigenze. La dottrina della fair disclosure, sviluppata in equity, e le disposizioni antifrode, sviluppate in torts, proteggono la trasparenza e l’integrità. Crucialmente, il principio di common law della libertà contrattuale permette ai mercati di alimentare continuamente la loro capacità di produrre nuove soluzioni, soddisfare le esigenze del tempo e favorire l’innovazione.
L’opposto è vero per i sistemi di civil law. Limitando la misura in cui gli interessi economici possono essere regolati privatamente dal contratto, la civil law introduce rischi nel sistema finanziario che sono difficili da modellare e valutare, e che perciò rischiano di essere o completamente ignorati fino a quando è troppo tardi per le parti, e per estensione spesso per il Paese, o implicano un capital buffer addizionale costante per far fronte all’incertezza dell’operatività.
Tre aree in cui questo è evidente sono i derivati, il risk management e la cripto-finanza.
Poiché gli strumenti derivati mancano di tutti gli elementi che i codici stabiliscono quando definiscono i contratti di finanziamento, spesso vengono fatti rientrare nelle regole sul gioco d’azzardo e sono gestiti nei tribunali al pari delle scommesse. Dati questi problemi, la Germania, per esempio, si è discostata dall’ISDA Master Agreement che regola i mercati dei derivati e ha pubblicato un proprio modulo standard – il Rahmenvertrag für Finanztermingeschäfte – regolato dalla legge tedesca, segmentando così il mercato tedesco dal mercato globale all’ingrosso dei rischi.
La frammentazione della liquidità implica persistenti costi aggiuntivi per tutti: aziende, investitori finanziari e, alla fine della catena del valore aggiunto, il contribuente; tuttavia non necessariamente previene un comportamento imprudente da parte di coloro che devono usare questi strumenti per necessità di treasury operations o investment choice.
Il risk management pone questioni ancora più fondamentali. I fondi pensione in molte giurisdizioni europee faticano a coprire il rischio di tasso di interesse. Poiché i codici equiparano il rischio alla perdita, i fondi pensione sono costretti da molti regolatori europei a coprire il valore nozionale dei loro portafogli a reddito fisso. Chiaramente, in termini finanziari, il rischio posto da un’obbligazione a 30 anni con un tenor di 29 anni non è lo stesso di un’obbligazione a 30 anni di pari valore nominale con il tenor di 1 anno. L’obbligo di copertura nozionale induce i gestori a importare il rischio di durata finanziaria nei loro portafogli, vanificando così lo scopo del risk management. Le conseguenze di ciò sono significative sull’economia: in posti come l’Italia, i fondi pensione sono sottosviluppati, il sistema pensionistico manca di un secondo pilastro credibile e il costo di mantenere una rete estesa di benefici sociali di fronte alla tendenza secolare di una popolazione che invecchia sta diventando astronomico e mettendo le finanze pubbliche sotto enorme tensione.
La stessa questione si verifica per la cripto-finanza. A causa del fatto che i cripto-asset non possono essere definiti come merci, titoli o valute secondo la legge codificata, sorge incertezza riguardo al loro status giuridico. Anche questo pone serie conseguenze economiche. L’ESMA, il regolatore europeo dei mercati finanziari, nota che non esiste una “definizione legale” riguardante i cripto-asset. Quindi, nell’UE, le transazioni in bitcoin si svolgono in un limbo. L’approccio opposto si rileva nel caso Howey del 1946: dovendo pronunciarsi su un investimento in terreni, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito un quadro analitico sulla base del quale i mercati possiedono un test per valutare se un investimento si qualifichi o meno come uno strumento finanziario nel caso concreto. La giurisprudenza del 1946 facilita l’esecuzione di cripto-transazioni nel 2021. Questa è la flessibilità della common law.
La cripto-finanza è forse la parte più visibile dell’evoluzione della digitalizzazione dell’economia globale. Questo processo però è significativamente più complesso di quello che il legislatore vede con chiarezza oggi. Esso implica profonde asimmetrie informative. Creando sempre di più enormi potenzialità per lo scambio globale di servizi disintermediati e P2P, crea anche sbilanciamenti di reddito e di visibilità per gli agenti economici. La cripto-finanza quindi impone celeri passi avanti di legislatori e policy maker, e idealmente questi sviluppi dovrebbero avvenire velocemente, perché la digitalizzazione e i mercati finanziari si muovono a una velocità più alta dell’economia reale. La common law è quindi uno strumento più adeguato per gestire questa transizione storica.
Inoltre, se la civil law non arriva dov’è di fatto il mercato globale, si rischia un problema di aspettative ed un corto circuito a livello politico. Se gli agenti economici danno per scontato che il regolatore è un passo avanti, indirizzano il comportamento finanziario in modo favorevole per la crescita economica. Ma se questo non avviene con sufficiente lungimiranza e ambizione, nei periodi di recessione economica e bear market, il policy maker subirà una forte pressione politica per dare un segnale di giustizia sociale, con la probabile conseguenza di peggiorare la situazione aggiungendo con misure sedicenti perequative dell’ingiustizia sociale incertezza legale e frammentazione, o attraverso inasprimenti fiscali o attraverso iper-regolamentazione.
Le idiosincrasie del diritto codificato sono tossiche per i servizi finanziari. Producono frammentazione, riducono la liquidità, portano a una minore trasparenza e in definitiva danneggiano l’efficienza dei mercati dei capitali.
In definitiva, per il Regno Unito, il ritorno alla common law restituisce a Londra la possibilità di riappropriarsi di un vantaggio competitivo, attraverso l’opportunità di depurare il sistema legale dalle contaminazioni del diritto codificato dell’UE che affliggono il settore dei servizi finanziari.