Con la pronuncia in esame, il Tribunale ha disposto l’ispezione ex art. 2409 comma 2, c.c., sussistendo il sospetto di gravi irregolarità con riferimento ai doveri imposti agli organi sociali dal vigente art. 2086 c.c., che prevede l’obbligo di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. La norma, aggiunge il Tribunale, si colloca in una prospettiva che era già accolta dal sistema preesistente al CCII (art. 2381, 3 e 5 comma; art. 2403, 1 comma c.c)
Pur avendo chiarito la finalità, tuttavia, non può dirsi che la novella abbia avuto il merito di aver delineato, con precisione, il contenuto degli assetti organizzativi, richiedendo “solo” che gli stessi siano «adeguati».
Tale clausola elastica, assimilabile a quella della “diligenza” richiesta nell’adottare una scelta di tipo imprenditoriale, comporta necessariamente, secondo il Tribunale, che il Legislatore abbia lasciato anche a tali tipologie di scelte «organizzative» un insopprimibile margine di discrezionalità.
Ebbene, stante la necessaria discrezionalità nell’estrinsecazione di tali scelte, ritiene il Tribunale che sotto entrambi i profili (sia quello della rilevazione della crisi, sia quello degli interventi conseguenti), le scelte dell’amministratore – siano esse prettamente gestionali, siano esse anche di tipo “organizzativo” – possano essere sindacate nei limiti della regola di business judgment rule.
Insindacabilità che, secondo il Tribunale, non è però assoluta, scontando due limiti: a) il primo, relativo alla legittimità della scelta compiuta; un sindacato sul procedimento decisionale seguito, verificando, in particolare, che l’amministratore abbia adottato le cautele e posto in essere le verifiche preventive normalmente richieste per una scelta di quel tipo (cfr., Cassazione civile sez. I 23 marzo 2004 n. 5718).
b) il secondo, relativo alla razionalità della scelta; non basta che l’amministratore abbia assunto le necessarie informazioni ed abbia eseguito tutte le verifiche preliminari del caso, essendo pur sempre necessario che le informazioni e le verifiche così assunte abbiano indotto l’amministratore ad una decisione razionalmente inerente ad esse.
Alla luce delle esposte considerazioni, secondo il Tribunale, è da ritenersi responsabile l’amministratore che ometta del tutto di dotare la società di assetti organizzativi adeguati, non attivandosi in presenza di indici rivelatori di uno stato di crisi. Al contrario, invece, la responsabilità non è rinvenibile in capo all’amministratore che abbia predisposto quelle misure organizzative che, secondo una valutazione ex ante, si configurano come adeguate rispetto alla verifica tempestiva della perdita della continuità aziendale.
Allo stesso modo non può ritenersi responsabile l’amministratore che, avendo tempestivamente rilevato il venir meno della continuità aziendale, abbia posto in essere interventi che, sempre in base ad una valutazione ex ante, non risultino manifestamente irrazionali ed ingiustificati, anche se poi gli stessi si siano rivelati comunque insufficienti ad evitare l’acutizzarsi della crisi (o, eventualmente, il fallimento).