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Giurisprudenza

Sindacato del giudice nel procedimento di omologa del concordato preventivo e tutela dei creditori nella cessione di ramo d’azienda

24 Ottobre 2016

Cassazione Civile, Sez. I, 14 settembre 2016, n. 18089

Di cosa si parla in questo articolo

Con la pronuncia in esame, la Suprema Corte ha ribadito alcuni importanti principi di diritto in materia di sindacato del giudice nell’ambito del procedimento di omologa del concordato preventivo, nonché di tutela dei creditori in caso di cessione di ramo d’azienda a favore di società in liquidazione.

Anzitutto, con riferimento a quest’ultimo aspetto, la Corte ha confermato che la cessione di un ramo d’azienda in favore di una società priva di adeguati requisiti patrimoniali non costituisce un atto di frode ai creditori della società cedente, considerato che – ai sensi dell’articolo 2560, comma 1 c.c. – “l’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito”, sicché i creditori della società cedente possono sempre rivalersi sul suo patrimonio.

Quanto, invece, al primo elemento, la Suprema Corte ha riaffermato il principio secondo cui al giudice chiamato a omologare la proposta concordataria non è dato sindacare sulla generale convenienza economica della stessa.

In particolare, la pronuncia in esame ha chiarito che il sindacato del giudice, ai fini dell’omologa, richiede la sussistenza dei presupposti individuati: (a) in un primo tempo, nel dissenso di una o più classi di creditori indipendentemente dalla presentazione di opposizioni (art. 180, comma 5 Legge Fallimentare, come novellato dal Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35), (b) successivamente, nell’opposizione di un creditore appartenente a una classe dissenziente (art. 180, comma 4 Legge Fallimentare, come novellato dal Decreto Legge 12 settembre 2007, n. 169), e (c) infine, in base alla formulazione normativa tuttora vigente, nell’opposizione di un creditore appartenente a una classe dissenziente, ovvero, nel caso di concordato senza classi, di creditori dissenzienti che rappresentano almeno il 20% dei crediti ammessi al voto (art. 180, comma 4 Legge Fallimentare, come novellato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83).

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