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Approfondimenti

Società di Investimento Semplice: riflessioni sugli orientamenti Banca d’Italia e Consob in consultazione

15 Maggio 2020

Andrea Arcangeli, Of Counsel, CMS Adonnino Ascoli e Cavasola Scamoni

Di cosa si parla in questo articolo

Introdotte dal recente Decreto Legge 30 aprile 2019, n. 34 recante misure urgenti di crescita economica per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi (c.d. ”Decreto Crescita”), le Società di Investimento Semplici (di seguito, “SiS”) si sono inserite nel solco di un sottaciuto “sottosistema speciale della c.d. capital market regulation pensato per le PMI”[1] volto ad attrarre sempre di più il mondo del private capital verso il tessuto delle piccole e medie imprese e di quelle in fase di crescita. Invero, è proprio con riferimento a queste ultime che si è ispirata la disciplina in narrativa, la quale, nel novero di un ampio panorama degli strumenti di investimento “alternativi”[2] tipizzati nel nostro ordinamento, attribuisce alle SiS il compito di sostenere le imprese che si trovano in fase di sperimentazione (c.d. seed financing), di costituzione (c.d. start up financing) e di avvio dell’attività (c.d. early stage financing).

Brevi cenni sul quadro normativo di riferimento

Il Decreto Crescita – convertito in legge con modificazioni[3] dall’art. 1 della legge 28 giugno 2019, n. 58 – ha modificato il Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (“Testo Unico della Finanza” o “TUF”) al fine di accogliere, qualificare e disciplinare il perimetro di operatività delle SiS.

Segnatamente, l’art. 1, comma 1, lett. e-quater del TUF definisce la SiS come «il FIA italiano costituito in forma di Sicaf che gestisce direttamente il proprio patrimonio e che rispetta tutte le seguenti condizioni:

  1. il patrimonio netto non eccede Euro 25 milioni;
  2. ha per oggetto esclusivo l’investimento diretto del patrimonio raccolto in PMI non quotate su mercati regolamentati di cui all’art. 2, par. 1, lettera f), primo alinea del regolamento (UE) 2017/1129 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 giugno 2017 che si trovano nella fase di sperimentazione, di costituzione e di avvio dell’attività, in deroga all’articolo 35-bis, comma 1, lettera f);
  3. non ricorre alla leva finanziaria;
  4. dispone di un capitale sociale almeno pari a quello previsto dall’articolo 2327 del codice civile, in deroga all’articolo 35-bis, comma 1, lettera c)».

In buona sostanza, la struttura su cui si impianta la SiS è quella tipica di un fondo di investimento alternativo (c.d. FIA) costituito in forma di società di investimento a capitale fisso (c.d. Sicaf), che gestisce direttamente ed investe il patrimonio raccolto in PMI[4] non quotate, non facendo ricorso alla leva finanziaria, il tutto disponendo di un capitale sociale almeno pari a quello previsto dal codice civile per le S.p.A. (i.e. Euro 50.000) ed un patrimonio netto non eccedente la soglia di Euro 25 milioni.

Si tratta, dunque, di un OICR “sotto-soglia”[5] di tipo chiuso, che, in ragione della minore complessità operativa (comunque limitata ad investimenti del proprio patrimonio entro 25 milioni di euro), ha assunto, come molti autori hanno sostenuto, l’appellativo di “mini-Sicaf” e per l’effetto beneficia di un particolare regime di esenzione[6] rispetto alla ordinaria disciplina regolamentare vigente ed applicabile alle Sicaf autorizzate in Italia ai sensi dell’art. 35-bis del TUF[7]. Va segnalato che le SiS sono in ogni caso soggette al rilascio dell’autorizzazione preventiva da parte della Banca d’Italia ed agli obblighi di commercializzazione delle proprie azioni presso gli investitori, così come sono soggette alla vigilanza informativa ed ispettiva da parte delle Autorità di vigilanza. Nel merito, costituisce presupposto per il rilascio dell’autorizzazione ad operare il possesso in via continuativa da parte della SiS di un sistema di governo e controllo adeguato ad assicurare la sana e prudente gestione e l’osservanza delle disposizioni applicabili, nonché la stipula di una polizza assicurativa sulla responsabilità civile professionale adeguata ai rischi derivante dall’attività svolta.

Gli Orientamenti di Vigilanza in pubblica consultazione

Tralasciando ulteriori aspetti e caratteristiche dell’istituto delle SiS (quali, in esempio, le regole in capo ai soci delle SiS, etc.), che esulano dallo scopo del presente contributo, non si ha timore di essere smentiti nell’affermare che, seppur interessanti sotto il profilo operativo, tali nuovi veicoli di investimento hanno incontrato diverse incertezze applicative ascrivibili, ad avviso di chi scrive, anzitutto ad un frammentario apparato normativo (che fa per lo più ricorso alla tecnica del rinvio ad altre disposizioni) oltre che ad un quadro regolamentare suscettibile di maggior chiarezza.

In tale ambito, la Banca d’Italia e la Consob hanno recentemente posto in pubblica consultazione taluni orientamenti di vigilanza (di seguito, gli “Orientamenti di Vigilanza”)[8] finalizzati ad uniformare la disciplina in materia di SiS fornendo al tempo stesso utili indirizzi interpretativi sul quadro normativo applicabile a tale istituto ed indicazioni utili sulle modalità a cui le stesse dovrebbero conformarsi.

In via generale, è appena il caso di osservare che l’approccio scelto dai regulators sia stato improntato ad assoggettare le SiS alla medesima disciplina applicabile alle Sicaf, salvo quanto espressamente stabilito in materia di SiS o derogato espressamente dal legislatore, nella prospettiva di level playing field volta a garantire l’applicazione di presidi equivalenti di operatività tra istituti simili da un lato e di tutela degli investitori e del mercato dall’altro.

In tal senso, meritano di essere anzitutto segnalate le indicazioni attinenti al sistema di governo e controllo, le quali, oltre a richiamare le prerogative e le funzioni attribuite agli organi aziendali[9] dalla disciplina civilistica, richiedono una puntuale definizione dei compiti tra l’organo con funzione di supervisione strategica e l’organo con funzioni di gestione modellata sulla base di quanto previsto per i gestori sotto-soglia indirizzata almeno a:

  • definire e verificare in via continuativa dell’adeguatezza del sistema di gestione dei rischi e di controllo interno, provvedendo all’eventuale adeguamento in caso di evoluzione dell’operatività;
  • assicurare il rispetto degli obblighi previsti dalla normativa applicabile;
  • garantire l’attuazione della politica di investimento, così come definita nello statuto sociale, nel prospetto e nella documentazione di marketing;
  • monitorare e verificare periodicamente che la gestione della SiS avvenga nel rispetto degli obiettivi di investimento, delle misure di contenimento e frazionamento del rischio previsti nello statuto nonché delle regole di comportamento previsto dal TUF;
  • istituire, attuare ed applicare una politica di gestione dei conflitti di interessi adeguata;
  • attuare politiche e procedure di valutazione dei beni in cui è investito il patrimonio della SiS.

Del pari, all’organo con funzione di controllo, in aggiunta alle “ordinarie” attribuzioni previste dal codice civile e dalle disposizioni statutarie, spetta il ruolo di vigilare sulla funzionalità del sistema di gestione dei rischi e di controllo interno, accertando l’efficacia delle strutture e funzioni coinvolte e l’adeguato coordinamento tra le stesse. Dunque, l’organo con funzione di controllo dovrà verificare in via continuativa che la SiS sia dotata di regole, funzioni, procedure e processi idonei a garantire il controllo dei rischi cui il patrimonio della SiS stessa è esposto.

Da ultimo, è il caso di sottolineare che gli Orientamenti di Vigilanza attribuiscono agli organi aziendali testé indicati compiti specifici in merito ai criteri e modalità di valutazione dei beni in cui è investito il patrimonio della SiS, affinché sia rappresentata in modo chiaro, corretto e non fuorviante il valore corrente degli assets investiti, tenuto conto della loro natura tendenzialmente illiquida. E’ opinione di chi scrive che tali compiti non debbano necessariamente ricondursi alla necessità per gli organi aziendali di dotarsi di valutazioni di soggetti terzi indipendenti (come avviene, in esempio, per i fondi alternativi immobiliari) degli asset investiti, quanto piuttosto attengono ad un obiettivo di trasparenza dell’attività di gestione nei confronti degli investitori e, per tale via, si debbano focalizzare nella definizione di criteri, metodologie e procedure idonee ad attribuire un valore mark-to-market degli investimenti effettuati, che tenga conto anche del grado di liquidità degli stessi.

Gli Orientamenti di Vigilanza affrontano specificamente anche la materia della delega di funzioni. Anzitutto, viene rimarcata la necessità che le deleghe di funzioni, pur consentite ai sensi dell’art. 33, comma 4 del TUF, non si qualifichino come uno “svuotamento” delle attività ed una de-responsabilizzazione della SiS nei confronti degli investitori. Nel merito, le SiS, ancorché autogestite, potranno delegare la funzione di gestione del portafoglio ad un soggetto terzo purché il soggetto delegato sia un intermediario autorizzato alla prestazione del servizio di gestione collettiva o di gestione di portafogli e sempreché tale soggetto non si trovi in alcuna situazione di conflitto di interessi, anche potenziale, con quelli della SiS o dei suoi investitori, salvo che non vi sia una comprovata separazione, sotto il profilo gerarchico e funzionale, tra lo svolgimento della funzione di gestione del portafoglio o di gestione del rischio e gli altri compiti potenzialmente confliggenti; in ogni caso, è sottolineata la necessità, in linea con quanto già ampiamente richiesto dal legislatore in materia di servizi di investimento e di gestione collettiva del risparmio[10], che i potenziali conflitti di interesse siano stati opportunamente identificati, gestiti, monitorati e comunicati agli investitori.

Per quanto attiene al sistema di gestione dei rischi e di controllo interno[11] ed alle regole in materia di esternalizzazione, le SiS possono delegare alcune funzioni operative essenziali o importanti[12] solo a fornitori di servizi dotati di idonei requisiti in termini di professionalità, onorabilità ed indipendenza[13]. Quanto all’esternalizzazione delle funzioni di controllo, viene operata una distinzione tra SiS riservate e SiS non riservate: per queste ultime, in particolare, è possibile non istituire la funzione di audit interno ed accentrare le funzioni di controllo di II° livello (risk management e compliance) in un’unica funzione aziendale di controllo permanente ed indipendente; in alternativa, viene riconosciuta la possibilità di attribuire le funzioni di controllo ad un soggetto terzo, a condizione che questo sia abilitato alla prestazione di servizi ed attività di investimento e sottoposto a forme di vigilanza prudenziale[14]. Al contrario, sarebbe possibile per le sole SiS riservate fare ricorso anche a soggetti con comprovata esperienza nel settore dei controlli interni ed idonei ad assumere la responsabilità di funzioni di controllo ancorché non abilitati alla prestazione di servizi ed attività di investimento né sottoposti a forme di vigilanza prudenziale. Quale alternativa per queste ultime, è altresì riconosciuta la possibilità di identificare all’interno dell’organo di gestione – che dunque dovrebbe avere una composizione quali-quantitativa adeguata all’assunzione di tali compiti – almeno un componente con specifiche deleghe in materia di controlli, in luogo di istituire specifiche funzioni aziendali di controllo, restando inteso che tale soggetto non potrà risultare destinatario di altre deleghe che ne pregiudichino l’autonomia. Resta inteso che le SiS devono descrivere il sistema dei controlli interni adottato all’interno della relazione sulla struttura organizzativa, motivando l’adeguatezza rispetto alla propria complessità organizzativa, dimensionale ed operativa. In buona sostanza, le indicazioni formulate dalle Autorità di vigilanza si ispirano in modo evidente al già noto principio di proporzionalità il quale riconosce la possibilità per i soggetti vigilati di dotarsi di una organizzazione, presidi, procedure e funzioni di controllo adeguate per la loro dimensione e complessità operativa.

La consultazione in narrativa fornisce altresì talune previsioni prudenziali per le SiS. Viene anzitutto ribadita l’adeguatezza di una polizza assicurativa avente i requisiti di cui all’art. 13 del Regolamento Delegato (UE) n. 231/2013 della Commissione. In materia di contenimento e frazionamento del rischio, gli Orientamenti di Vigilanza sottolineano in prima battuta l’opportunità che l’attività di investimento della SiS sia coerente con la propria politica di investimento e con le tipologie degli investitori ammessi[15]. In aggiunta, viene richiamata l’opportunità per le SiS di detenere liquidità per esigenze di tesoreria, nel rispetto di quanto previsto dagli artt. 47 e 48 del TUF e delle relative disposizioni attuative. Tale previsione, ad avviso di chi scrive, appare tuttavia ultronea atteso che, nell’ambito della sana e prudente gestione e dei criteri di valutazione del patrimonio che gli organi aziendali devono osservare, già rileverebbero scelte gestionali in tal senso proporzionate, ad esempio, all’eventuale necessità di assicurare possibili redemptions con gli investitori piuttosto che garantire liquidità strumentale alle imprese target in portafoglio.

Strettamente correlato alla disciplina prudenziale è il processo decisionale in forza del quale la SiS darà attuazione al piano di investimenti. Segnatamente, il processo di investimento deve essere informato e basato su una adeguata conoscenza e comprensione delle attività investibili, coerentemente con gli obiettivi e la strategia di investimento ed il profilo di rischio della SiS. Il processo di investimento, inoltre, deve essere articolato in diverse fasi (i.e. origination, due diligence, approvazione, implementazione e monitoraggio), ognuna delle quali assistita da una chiara identificazione dei ruoli e delle responsabilità delle funzioni coinvolte e formalizzata in modo tale da consentire la ricostruibilità ex post dell’iter decisionale.

Da ultimo, gli Orientamenti di Vigilanza prevedono che nel caso in cui la SiS dovesse superare la soglia prevista per il patrimonio netto di cui all’art. 1, comma 1, lett. i-quater del TUF per un periodo superiore a tre mesi e la SiS intenda chiedere l’autorizzazione come gestore sopra-soglia, dovrà trasmettere la necessaria istanza alla Banca d’Italia, fatta salva l’ipotesi di assoggettamento volontario al predetto regime da parte della SiS che non abbia superato la soglia dimensionale prevista per legge (c.d. opt in).

La consultazione in commento rappresenta un utile momento di confronto con gli operatori del mercato al fine di orientare i promotori di una SiS tramite diversi canali, quali, in esempio, la raccolta di capitali effettuata presso investitori professionali ovvero ad un pubblico retail, ricorrendo, in esempio, ai portali di crowdfunding piuttosto che tramite collocatori specializzati. Vero è, in ogni caso, che la SiS, seppur arricchiscono il novero degli strumenti di supporto alle PMI, non risulteranno prive di complessità sia sotto il profilo strutturale che dal punto di vista operativo. Ciò in quanto la gestione collettiva del risparmio, ancora laddove prestata con strumenti dotati della necessaria flessibilità in ragione di una ridotta complessità operativa, rappresenta in ogni caso una attività riservata a soggetti dotati di idonei requisiti e che abbiano un track record comprovato che supporti il loro grado di affermazione presso gli investitori, sempre più attenti da un lato alla capacità del management di raggiungere gli obiettivi proposti e dall’altro all’effettiva attitudine di fungere da stimolo al tessuto imprenditoriale delle PMI che in questo contesto dovrà affermare sempre di più la propria capacità di cogliere i cambiamenti imposti dalle nuove sfide del mercato.

 


[1] Si veda Annunziata F., Le Società di Investimento Semplice (SIS): un nuovo veicolo a supporto di PMI e start-up, dirittobancario.it, 2019.

[2] Si richiamano, al riguardo, i vari strumenti introdotti nell’ordinamento nazionale quali, in esempio, i nuovi organismi di investimento collettivo del risparmio (EuVeCa, EuSeF, ELTIF), le piattaforme di crowdfunding, i minibond e le cambiali finanziarie, gli operatori di invoice trading, i Piani Individuali di Risparmio, etc.

[3] Merita di essere segnalato che le modificazioni, inter alia, hanno riguardato l’estensione del novero dei possibili investitori. Nel merito, è stato eliminato il riferimento ai soli investitori professionali quali unici soggetti idonei a investire in tale tipologia societaria, col che le SiS sono oggi aperte anche agli investitori non professionali (c.d. retail).

[4] La definizione di PMI adottata è quella dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), primo alinea del regolamento (UE) 2017/1129 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2017; conseguentemente, per “PMI” si intendono “le società che in base al loro più recente bilancio annuale o consolidato soddisfino due dei tre seguenti criteri: numero medio di dipendenti nel corso dell’esercizio inferiore a 250, totale dello stato patrimoniale non superiore a 43.000.000, fatturato netto annuale non superiore a 50.000.000”.

[5] I gestori “sotto-soglia” sono stati introdotti dall’art. 3, par. 2 della Direttiva 2011/61/EU (c.d. AIFMD), che prevede un regime semplificato per i gestori di FIA che, alternativamente, gestiscano FIA la cui massa gestita non superi la soglia di 100 milioni di euro ovvero la soglia di 500 milioni di euro se i fondi gestiti non ricorrono alla leva finanziaria e non concedono agli investitori diritti di rimborso per un periodo di cinque anni.

[6] Il regime semplificato è stato introdotto per espressa deroga fissata dall’art. 27, comma 2 del Decreto Crescita.

[7] Va segnalato che alle SiS si applica comunque la disciplina in materia di Sicaf prevista dalla Parte II, Titolo III del TUF consistente, in particolare, nelle disposizioni applicabili in materia di attività esercitabili, costituzione della Sicaf, capitale ed azioni della Sicaf, modifiche dello statuto, regole di comportamento e diritto di voto.

[8] Gli Orientamenti di Vigilanza, posti in consultazione dal 30 aprile 2020 sino al 29 luglio 2020, non sono obbligatori ed indicano le aspettative delle Autorità di vigilanza sulle modalità con cui le SiS dovranno uniformarsi alla disciplina applicabile, con ciò agevolando i soggetti vigilati nell’opera di ricognizione ed interpretazione sistematica delle fonti che disciplinano tale nuovo istituto, con il fine ultimo di favorire la corretta applicazione della normativa ed improntare alla massima trasparenza i rapporti tra le Autorità di vigilanza ed i soggetti vigilati stessi.

[9] Per “organi aziendali” si intende il complesso degli organi con funzione di supervisione strategica, di gestione e di controllo. Tale tripartizione di organi è stata sostanzialmente ricalcata dalla disciplina dei gestori sotto-soglia (cfr. art. 50 del Regolamento della Banca d’Italia emanato in attuazione degli artt. 4-undecies e 6, comma 1, lett. b) e c-bis) del TUF.

[10] Si richiamano, in tal senso, le previsioni sancite in materia dalla Direttiva MiFID e dalla normativa attuativa comunitaria e domestica.

[11] Il sistema di gestione dei rischi e di controllo interno è inteso come l’insieme delle regole, funzioni, strutture, risorse, processi e procedure finalizzate ad assicurare un’efficace gestione e controllo dei rischi a cui la società o il patrimonio gestito sono esposti, nonché la verifica della conformità dell’attività svolta con le norme di legge, regolamentari e statutarie ad essa applicabili e con le procedure interne che la società ha definito per osservarle.

[12] Per funzione essenziale o importante si intende una funzione operativa la cui anomalia nell’esecuzione o la mancata esecuzione comprometterebbe gravemente la capacità dell’intermediario di conformarsi alle condizioni ed agli obblighi della sua autorizzazione ovvero comprometterebbe gravemente i suoi risultati finanziari o la solidità o la continuità della propria attività.

[13] Per la definizione dei requisiti di professionalità, onorabilità ed indipendenza del soggetto delegato si rinvia agli artt. 75-82 del Regolamento delegato (UE) n. 213/2013 della Commissione Europea.

[14] Gli Orientamenti di Vigilanza non fanno alcun richiamo a specifici servizi ed attività di investimento cui il soggetto delegato deve essere autorizzato. Nel silenzio di un intervento di chiarimento sul punto, si potrebbe assistere ad una piena equivalenza nell’attribuzione di deleghe tra SIM “polifunzionali” dotate di un sistema di controlli interni idoneo a presidiare tutti i servizi e le attività di investimento previsti dal TUF e SIM autorizzate alla prestazione anche di un solo servizio di investimento, dotate di una struttura organizzativa ed un sistema dei controlli meno articolata.

[15] Così, ad esempio, lo statuto delle SiS non riservate dovrebbero stabilire criteri di contenimento e frazionamento del rischio idonei ad assicurare un adeguato livello di tutela degli investitori non professionali quali un limite di concentrazione non superiore al 20% delle proprie attività in investimenti in strumenti finanziari o in quote rappresentative di capitale di uno stesso emittente o di soggetti appartenenti al medesimo gruppo (intendendo per tale i soggetti italiani ed esteri legati da rapporti di controllo).

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