1) La fattispecie decisa dal giudice di merito
La fattispecie che ci accingiamo a commentare, riguarda, sostanzialmente l’estensione della disciplina di favore, riconosciuta alla figura del “consumatore”, oltre lo spazio applicativo di tale disciplina.[1]
Prima di esaminare ed approfondire il quadro normativo di riferimento, è opportuno riassumere la vicenda decisa dal Tribunale di Roma ed oggetto del presente commento.
Si tratta di una controversia originata dalla domanda d’ingiunzione di pagamento, promossa dalla società fiduciaria FF, a fronte di servizi di amministrazione resi a favore di ED, persona fisica, in conseguenza di un mandato, da quest’ultimo specificamente conferito alla prima.
Avverso il decreto di ingiunzione ottenuto dalla società fiduciaria, il debitore ingiunto proponeva opposizione, in via preliminare sollevando eccezione di incompetenza per territorio in capo al Tribunale di Roma – che aveva pronunciato il decreto opposto – affermando la nullità, per vessatorietà, della clausola contenuta nel mandato fiduciario, che individuava nel Tribunale di Roma il Foro esclusivo, in luogo del Foro del giudice della residenza o del domicilio del consumatore, normativa ritenuta applicabile alla controversia de qua, dal debitore ingiunto, in forza dell’art. 33 del Codice del Consumo.
Nel merito il debitore ingiunto invocava l’accoglimento dell’opposizione, allegando di non avere mai avuto rapporti con la società fiduciaria.
Quest’ultima, costituitasi nel giudizio di opposizione, ne chiedeva l’integrale rigetto, ottenendo, altresì, l’apposizione della clausola della provvisoria esecutorietà al decreto ingiuntivo opposto.
Il Tribunale rigettava l’opposizione, ritenuta in toto infondata e condannando l’opponente al pagamento di quanto ingiunto con il provvedimento opposto.
2) Le motivazioni
Il Tribunale, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, accertava e dichiarava l’infondatezza dell’opposizione, affermando preliminarmente l’infondatezza dell’eccezione d’incompetenza per territorio e, quindi, non ritenendo applicabile, alla fattispecie de qua, la normativa all’uopo prevista dall’articolo 33 del Codice del Consumo, da questi invocata.
La decisione del Tribunale, da accogliersi con favore, si fonda essenzialmente sulla individuazione soggettiva del “consumatore”, in relazione ai contratti conclusi tra quest’ultimo ed i soggetti che vengono definiti dal Codice quali “professionisti”.
Il giudice di merito, infatti, ha richiamato l’articolo 3, comma primo, lettera a) del Codice del Consumo, che, nel definire il consumatore, lo descrive quale “persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”.[2]
Uniformandosi alla giurisprudenza della Suprema Corte,[3] il Tribunale di Roma ha posto in rilievo come il contratto fiduciario – ed il relativo mandato – stipulato tra la società FF e la persona fisica ED, avendo ad oggetto l’attività di impresa per la gestione fiduciaria del patrimonio immobiliare di ED, certo non poteva rientrare nel tipo di attività, di cui al cennato art. 3, che qualifica la persona fisica quale “consumatore” e, pertanto, non poteva consentire di applicare, alla controversia tra le due parti, la disciplina di favore, relativa alla competenza per territorio.
3) Il quadro normativo di riferimento
Al fine di comprendere appieno le ragioni della decisione dobbiamo muovere dall’analisi dell’art. 3, del Dlgs. 206/2005, che reca la rubrica “ Definizioni” e che, nel primo comma, alla lettera a), definisce il consumatore od utente quale “persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”.
La lettera della norma cennata, dunque, non inserisce nel nostro ordinamento una definizione di consumatore in “positivo” e conseguente al fatto di essere semplice persona fisica che assuma obbligazioni, quanto, semmai, ne offre una descrizione in ”negativo”, nel senso che è da considerare consumatore, nell’ambito del Codice del Consumo – applicandosi lo “Statuto del consumatore” – colui che non agisce per perseguire scopi legati o comunque riconducibili all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale e professionale, che eventualmente svolga.
Ne consegue, fatalmente e sulla scorta dell’avverbio “eventualmente”, utilizzato dal legislatore del Codice, che si possono riscontrare due tipi di “consumatore” : da un lato, la persona fisica che non esercita alcuna professione, impresa, commercio né artigianato, da un lato e, dall’altro, la persona fisica che, pur essendo professionista, imprenditore, commerciante od artigiano, agisce ed assume obbligazioni, esclusivamente quale persona fisica ed al di fuori di tali ambiti economici.
Per quanto riguarda il primo tipo di consumatore, è evidente che lo statuto di favore gli si applica de plano e, pertanto, si adotterà anche la disciplina speciale della competenza per territorio, indipendentemente dal tipo di attività negoziale posta in essere, potendosi unicamente dare la prova delle non vessatorietà della clausola elettiva del Foro territoriale.
Diverso discorso, seppure solo in parte, impone il secondo tipo di consumatore, che abbiamo enucleato, poiché in questo caso riteniamo che sia opportuno approfondire meglio il rapporto che corre tra questo particolare soggetto e l’attività negoziale, alla quale applicare eventualmente il Codice del Consumo.
La questione ci sembra rilevante, atteso che, sotto questo profilo, non a qualunque tipo di attività negoziale, realizzata da questo secondo tipo di consumatore, si potrà applicare la normativa di favore ma esclusivamente a quella che, da un lato, non rientri nella tipologia di attività d’impresa (da intendersi qui in senso lato) e, dall’altro, non caratterizzi, di per sé, una simile attività.
Nel caso oggetto della decisione in commento, infatti, la stipula di un mandato fiduciario, diretto a gestire l’attività del patrimonio immobiliare della persona fisica, per la sua stessa natura negoziale, impedisce qualunque identificazione tra la figura della persona fisica, che ha conferito il mandato fiduciario e quella del consumatore.
Infatti, sebbene l’attività oggetto del mandato fiduciario non rientrasse comunque nell’oggetto professionale, commerciale od imprenditoriale della persona fisica, non si potrebbe consentire l’applicazione dello statuto favorevole, non essendovene, evidentemente, le condizioni oggettive, poiché al consumatore del secondo tipo, qualificato da una attività commerciale in senso lato, si potrebbe applicare lo statuto più favorevole, unicamente quando abbia a sottoscrivere od a porre in essere negozi giuridici che neppure “oggettivamente” possano ricondursi ad un’attività collegata all’attività commerciale descritta dall’articolo 3, primo comma lettera a) del Codice del Consumo.
Diverso discorso si dovrebbe fare, a nostro avviso, per il consumatore del primo tipo, ovvero quello non qualificato da alcuna attività, in senso lato, commerciale.
Riteniamo che in tal caso, infatti, la normativa di favore in generale e quella relativa alla competenza per territorio, in particolare, si debbano applicare senz’altra e diversa considerazione che non riguardi la natura del negozio giuridico realizzato.
Il consumatore del primo tipo, dunque, andrebbe tutelato sempre, tranne ovviamente per le fattispecie nelle quali dovesse assumere, in modo esplicito, una qualifica imprenditoriale, mentre il consumatore del secondo tipo, che quella qualifica già possiede, andrà tutelato unicamente quando il contratto od il negozio giuridico stipulato non possano ricondursi in nessun modo all’attività d’impresa in senso lato.
Proseguendo, dunque, nell’analisi del quadro normativo di riferimento, mette conto approfondire quanto disciplinato dall’articolo 33 del Codice del Consumo[4].
Quest’ultima norma, che reca la rubrica “Contratti del consumatore” è stata modificata dall’art. 142 del Codice del Consumo, che ha sostituito la precedente disciplina, contenuta negli artt. da 1469bis a 1469sexies con gli articoli da 33 a 37 del cennato Codice.
Queste ultime disposizioni sono contenute nella Parte III del Codice, nel Titolo dedicato ai consumatori in generale ed, in particolare, nell’art. 33, che disciplina le clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore, laddove, nel primo comma, fa riferimento ad un “significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”.
Assai rilevante ai nostri fini, peraltro, è il secondo comma della norma cennata, che presume vessatoria, sino a prova del contrario, la clausola che contiene quanto descritto alla lettera u), ovvero che stabilisca “come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore”.
Da ultimo, conviene richiamare quanto previsto dall’art. 66bis del Codice del Consumo, che disciplina il “Foro competente” e prevede che, per le controversie civili, inerenti all’applicazione dei diritti del consumatore, la competenza territoriale, di natura inderogabile, riposa in capo al giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato.[5]
Si tratta, dunque, di una forma speciale di competenza per territorio, inderogabile, che potremmo definire anche di natura funzionale, atteso che evidentemente, si prefigge lo scopo di porre rimedio a quel “significativo squilibrio”, che potrebbe pregiudicare i diritti del consumatore, ovviamente laddove se ne applichi lo statuto e, quindi, l’intera normazione di favore.
4) Vessatorietà e squilibrio dei dieitti del consumatore
A questo punto, giusta la sentenza in commento, possiamo tentare di tracciare una sintesi di quanto abbiamo, seppur brevemente, esaminato, per concludere, con riguardo alla decisione del giudice di merito, da un lato e per tentare indicazioni più generali, dall’altro.
Abbiamo già espresso, in limine, apprezzamento per la decisione del Tribunale di Roma, atteso che, nel mandato fiduciario, sottoscritto da ED, la previsione contenuta nell’articolo 7, che indicava quale Foro esclusivo quello di Roma, non rappresentava una clausola vessatoria, del tipo di quelle descritte dall’articolo 33 del Codice del Consumo, atteso che, per il tipo di negozio giuridico, per la causa che lo caratterizza e per l’oggetto, è di tutta evidenza che non si poteva applicare lo Statuto del consumatore e, quindi, non si poteva dichiarare la nullità della clausola de qua, con conseguente applicazione del foro inderogabile del consumatore, disciplinato nell’articolo 66bis dello stesso corpus normativo.
In linea generale, benché, per alcune fattispecie, si possa considerare positivamente l’insieme delle norme che tutelano la figura del consumatore – per quanto ne disegnino, a volte, un soggetto forse troppo sprovveduto, rispetto alla realtà – è opportuno, tuttavia, sottolineare come, da un lato, tali norme non si sottraggano al vaglio del principio di effettività, poiché, comunque, debbono esser dirette a tutelare il consumatore dalle conseguenze di un concreto “squilibrio negoziale”, pernicioso per quest’ultimo e, dall’altro, è altresì da porre in rilievo come, oltre all’elemento soggettivo, di cui abbiamo detto, debba essere accordata una rilevanza causale, nella decisione delle controversie aventi tale oggetto, alla natura del contratto ed al suo scopo ultimo che, spesso, di per sé, rende inapplicabile lo statuto di favore del consumatore.
È innegabile, del resto, che la tutela del consumatore non può prescindere dallo scopo ultimo, che il legislatore ha assegnato al codice del consumo, così che l’interpretazione delle norme od anche la loro applicazione oltre i limiti assegnati al codice, non può subire una utilizzazione surrettizia, unicamente diretta a tentare di sfilarsi da obblighi assunti da soggetti che, come si è visto, non appaiono meritevoli di particolare tutela.
5) Conclusioni
L’esame della pronuncia del Tribunale di Roma consente di formulare alcune riflessioni conclusive in merito all’applicazione della normativa di favore, disciplinata dal Codice del Consumo.
La prima riflessione riguarda proprio la figura del consumatore.
Abbiamo evidenziato due tipologie di soggetti ai quali applicare la normativa di favore, sebbene diversificata, introducendo una distinzione che non ci pare meramente terminologica ma che tiene conto dei rapporti concreti, di natura giuridica, che possono intercorrere tra i professionisti ed i consumatori.
Questa distinzione, tuttavia, conduce ad una prima possibile conclusione: la normativa più favorevole non può essere applicata in modo automatico ma deve tenere conto, diremmo necessariamente, della natura del contratto e degli scopi che la parte, non professionista si prefigge.
Atteso che la normativa di favore, come si è visto, presuppone un oggettivo squilibrio tra le posizioni soggettive, questo squilibrio non può essere presupposto né dato per scontato senza una verifica concreta.
Nondimeno, riprendendo la distinzione cennata e le conseguenze che abbiamo descritte, ci sembra che, se nell’ipotesi del consumatore che non svolge alcuna attività d’impresa – intesa in senso lato come detto – l’onere della prova, diretta a dimostrare la natura commerciale del contratto, gravi sul professionista, il quale intende contestare l’applicabilità della normativa di favore, nel caso opposto, ovvero quello che vede il consumatore esercente un’attività d’impresa, dovrà essere quest’ultimo a dimostrare che, in forza della particolare natura del contratto, quest’ultimo non rappresenta una modalità di estrinsecazione dell’attività d’impresa.
In estrema sintesi, se è opportuno guardare con favore a complessi normativi che tendono a proteggere categorie generalmente esposte ad una contrattazione pregiudizievole, soprattutto se attuata nell’ambito del c.d. “credito al consumo”, allo stesso modo non se ne può consentire un utilizzo surrettizio, che tenda ad aggirare le regole generali, applicabili ad ogni soggetto dell’ordinamento.
[1] Sulla disciplina del consumatore e sulla questione della competenza per territorio, si vedano : A Palmieri, Foro esclusivo del consumatore e abusività della deroga convenzionale alla competenza per territorio: mai più in giudizio lontano da casa, in Foro it., 2001, XII, I, pp. 3592 – 3602 ; G. Alpa, Il codice del consumo, in I Contratti, 2005, XI, pp. 1047 – 1060 ; R. Conti, Codice del consumo. Una pagina nuova nella tuetela consumeristica. Prime riflessioni sulla tutela in materia di clausole abusive, in Corr. giur., 2005, XII, pp. 1749 – 1759 ; F. Di Marzio, Codice del consumo, nullità di protezione e contratti del consumatore, in Riv. dir. pricv, 2005, IV, pp. 837 – 871 ; L. Valle, L’inefficacia delle clausole vessatorie e il codice di consumo, in Studium iuris, 2006, II, pp. 135 – 139 ; G. De Cristofaro, Il "codice del consumo", in Nuove leggi civili commentate, 2006, IV – V, pp. 747 – 818 ; L. Racheli, Il foro esclusivo del consumatore dopo il codice del consumo, in Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 2006, X, II, pp. 532 – 539 ; L. P. Comoglio, Aspetti processuali della tutela del consumatore, in Riv. dir. proc., 2007, II, pp. 307 – 324 ; A. Blandini, Il codice del consumo e i servizi finanziari: riflessioni sulla posizione del consumatore, in Riv. dir. priv., 2007, I, pp. 19 e ss. ; P. Gentile, Il foro del consumatore ed il codice del consumo, in Rass. dir. civ., 2008, I, pp. 68 – 84 ; F. Agnini, Consumatore e competenza per territorio: si rafforza la tutela nei confronti del professionista, in Corr. giur., 2009 VI, pp. 800 – 808 ; M. Trescaro, Le clausole vessatorie tra codice civile e codice del consumo, in Studium iuris, 2012, VI, pp. 681 – 688.
[2] Sulla definizione di consumatore, ancorché precedente al Codice, si vedano : A. Palmieri, L’ibrida definizione di consumatore e i beneficiari (talvolta pretermessi) degli strumenti di riequilibrio contrattuale, in Foro it., 1999, XI, I, pp. 3118 – 3124 ; G. Alpa, Ancora sulla definizione di consumatore, in I Contratti, 2001, II, pp. 205 – 208. In seguito, si vedano : C. Guarino, Nozione di consumatore e problematiche di riferimento, in Diritto dell’agricoltura, 2006, I, pp. 114 – 119 ; A. Jr. Guarino, Consumatore e professionista: definizioni e disciplina, in I Contratti, 2008, III, pp. 254 – 260 ; F. Bartolini, Il consumatore: chi era costui? Il commento, in Danno e responsabilità, 2009, IV, pp. 386 – 393.
[3] Cfr., Cass., civ. Sez. VI –Ordinanza del 23/09/2013, n. 21763, in CED Cassazione, 2013 ; Cass. civ. Sez. III Sent. del 08/06/2007, n. 13377, in Mass. Giur. it., 2007 ed anche in Contratti, 2007, X, pp. 898 e ss. ; Cass. civ. Sez. VI – Ordinanza del 14/07/2011, n. 15531, in CED Cassazione, 2011.
[4] Sulle clausole vessatorie, si vedano : G. De Nova, Nullità relativa, nullità parziale e clausole vessatorie non specificamente approvate per iscritto, in Riv. dir. civ., 1976, V, pp. 481 – 489 ; G. Lener, La nuova disciplina delle clausole vessatorie nei contratti dei consumatori, in Foro it., 1996, IV, V, pp. 145 – 176 ; F. Di Marzio, Le clausole vessatorie nel contratto fra professionista e consumatore, in Giust. civ., 1996, XI, II, pp. 513 – 536 ; C. Ferri, L’azione inibitoria prevista dall’art. 1469 sexies c.c., in Riv. dir. proc., 1996, IV, pp. 936 – 944 ; G. Alpa, L’incidenza della nuova disciplina delle clausole vessatorie nei contratti dei consumatori sul diritto comune, in Riv. trim. di dir. e proc. civ., 1997, I, pp. 237 – 247 ; L. Bigliazzi Geri, Art. 1469 bis comma 1 c.c. – Clausole vessatorie nel contratto fra professionista e consumatore, in Nuove leggi civili commentate, 1997, IV – V, pp. 792 – 803 ; L. Valle, L’inefficacia delle clausole vessatorie e il codice del consumo, in Contratto e impresa, 2006, III, pp. 662 – 672 ; V. Pandolfini, La tutela amministrativa dei consumatori e le clausole vessatorie, in Corr. giur., 2012, V, pp. 47 – 60 ; M. Tescaro, Le clausole vessatorie tra codice civile e codice del consumo, in Studium iuris, 2012, VI, pp. 681 – 688.
[5] Sul foro del consumatore, si vedano : R. Vaccarella, Il problema del foro competente nei contratti tra "professionista" e "consumatore", in Diritto della banca e del mercato finanziario, 1997, I, I, pp. 47 – 59; E. Dalmotto, Un nuovo foro esclusivo per il consumatore? (novellato art. 1469 bis comma 3 n. 19 c.c.), in Giur. it., 1997, V, IV, pp. 161 – 169 ; F. Danovi, Il foro del consumatore nei contratti a distanza (sugli artt. 13 e 14 d.lg. 22 maggio 1999, n. 185), in Riv. dir. proc., 2000, II, pp. 430 – 436 ; A. Palmieri, Risvolti applicativi della regola del foro esclusivo del consumatore, in Foro it., 2005, X, I, pp. 2742 – 2743 ; Id., Contratto del consumatore, tutela e foro competente, in Foro it., 2010, IX, I, pp. 2458 – 2459 ; P. Gentile, Il foro del consumatore ed il codice del consumo, in Rass. dir. civ., 2008, I, pp. 68 – 84 ; M. C. Paglietti, L’inderogabilità relativa del foro del consumatore, in I Contratti, 2012, V, pp. 341 – 347.