Come noto, le società fiduciarie sono enti costituiti al fine di esercitare attività di impresa amministrando beni altrui, come per esempio partecipazioni o immobili. Tale attività di gestione avviene secondo le istruzioni impartite dal soggetto titolare dei beni (c.d. fiduciante) alla società fiduciaria, seguendo un accordo appositamente stipulato tra le parti.
L’intestazione di un bene a una società fiduciaria permette al cliente di soddisfare esigenze di riservatezza, poiché lo stesso non figurerebbe più in capo al fiduciante, che, in ogni caso, ne rimarrebbe il solo proprietario. Le società fiduciarie, dunque, sono per loro stessa natura soggette ai rischi derivanti dalla scarsa trasparenza della struttura dell’attività che svolgono.
Al fine di mitigare tali rischi, oltre alla necessità di autorizzazione e alla supervisione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico sulla generalità di tali società, l’ordinamento, e nello specifico l’art. 199 del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (“TUF”), prevede che la Banca d’Italia eserciti la propria attività di vigilanza sull’operato delle società fiduciarie con determinate caratteristiche, in ragione della particolare esposizione al rischio alla quale queste sono soggette.
Tali poteri e doveri di vigilanza sono, nello specifico, conferiti all’Autorità in questione sulle fiduciarie che svolgono attività di custodia e amministrazione di valori mobiliari e che, alternativamente:
- siano controllate direttamente o indirettamente da una banca o da un intermediario finanziario; o
- abbiano adottato la forma di società per azioni e abbiano un capitale versato pari almeno al doppio di quello richiesto dall’art. 2327 del Codice Civile come ammontare minimo del capitale di una s.p.a.
Queste società sono iscritte in un’apposita sezione dell’albo previsto dall’art. 106 del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (“TUB”) e sono autorizzate secondo la procedura di cui all’art. 107 dello stesso TUB.
Per espressa previsione dell’art. 199 del TUF, inoltre, l’attività di vigilanza esercitata dalla Banca d’Italia sulle società fiduciarie in questione ha come scopo principale il rispetto delle disposizioni di cui al D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, in materia di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. In assenza di presidi adeguati, infatti, l’opacità della struttura fiduciaria rischierebbe di diventare strumento per il perseguimento di fini illeciti, soprattutto per quanto riguarda società di dimensioni rilevanti.
A tale fine, in data 4 febbraio 2020, la Banca d’Italia ha posto in consultazione le disposizioni sulle segnalazioni periodiche per le società fiduciarie, contenute in un’apposita Circolare. La trasmissione di queste segnalazioni, secondo quanto affermato dalla stessa Banca d’Italia nel Documento di Consultazione, permetterebbe all’Autorità di Vigilanza di accedere a informazioni strutturate sulla dimensione operativa e sull’effettivo grado di rischio di riciclaggio e di finanziamento al terrorismo al quale ciascuna fiduciaria è esposta. Le informazioni fino a oggi acquisite dalla Banca d’Italia relativamente all’attività delle fiduciarie, infatti, non si sono rivelate sufficienti, complete, esaustive e confrontabili, con la conseguenza di risultare di scarso aiuto per la valutazione del grado di esposizione delle società vigilate al rischio in questione. In questo senso, le segnalazioni previste dalla Circolare permetterebbero di avere una visione più chiara e completa sulle attività delle segnalanti.
In particolare, la Circolare posta in consultazione prevede che le segnalazioni di vigilanza siano inviate a partire dal 31 dicembre 2020, con cadenza annuale e in riferimento all’esercizio dell’anno concluso, e che siano strutturate in tre diverse sezioni:
- nella Sezione I la società segnalante dovrebbe fornire informazioni circa l’attività fiduciaria, e in particolare dati relativi alla clientela (come, per esempio, il numero di clienti che si rivolgono alla società per l’attività di amministrazione fiduciaria o per diversi servizi, il numero di clienti in relazione ai quali la normativa antiriciclaggio prevede presidi rafforzati, le classificazioni di rischio assegnate a seguito dell’adempimento degli obblighi di adeguata verifica), informazioni circa il numero e il valore dei mandati conferiti alla società, ivi inclusa la presenza di eventuali mandati riferibili a clienti comuni al gruppo di appartenenza della fiduciaria o intestati a soggetti a questa ricollegabili. I mandati vanno distinti tra mandati con e senza intestazione fiduciaria, considerando che solo i primi sono tali da limitare la trasparenza della proprietà dei beni amministrati, e va indicata la tipologia di bene oggetto dell’incarico. Da ultimo, le società vigilate dovrebbero fornire dati sulla struttura aziendale e sui dipendenti nonché sul numero di segnalazioni sospette effettuate nell’anno di riferimento della segnalazione di vigilanza;
- la Sezione II conterrebbe lo stato patrimoniale della società segnalante, diviso in due diverse sottosezioni relative ad attività e passività della società. Le informazioni sintetiche riportate in questa sezione includerebbero patrimonio e capitale sociale, insieme ai crediti vantati verso la clientela e verso le altre società del gruppo di appartenenza;
- la Sezione III, infine, sarebbe relativa al conto economico, indicando informazioni riguardanti il risultato economico dell’esercizio appena concluso, le commissioni attive per le diverse tipologie di attività svolte dalla società ed eventuali altre componenti di reddito.
Nell’ottica della Banca d’Italia, tale struttura permetterebbe di individuare più facilmente i rischi ai quali sono esposte le fiduciarie e di calibrare frequenza e intensità dei controlli in base al profilo di rischio, alle dimensioni e alla natura dei soggetti vigilati.
L’Autorità, nello strutturare le disposizioni poste in consultazione, afferma di aver anche tenuto in considerazione la necessità di non gravare le fiduciarie vigilate di oneri eccessivi e di essersi conseguentemente limitata all’indicazione delle informazioni strettamente necessarie al corretto svolgimento dei propri compiti di vigilanza.
Tale proposito, tuttavia, si scontra con l’effettiva portata degli oneri informativi indicati dal documento di consultazione. Nello specifico, si noti che alle fiduciarie, sulla base del testo pubblicato dalla Banca d’Italia, sarebbe richiesto di indicare, nella segnalazione, alcuni dati economico-finanziari relativi allo stato patrimoniale e al conto economico della società ma anche con riferimento ai mandati ricevuti. L’imposizione di tale adempimento è, però, ridondante, poiché obbligherebbe la fiduciaria segnalante a trasmettere alla Banca d’Italia informazioni già fornite in occasione degli adempimenti dichiarativi di natura fiscale.
La trasmissione ulteriore, da parte delle società fiduciarie, di tali profili economici anche nelle segnalazioni di vigilanza, comporterebbe pertanto solo un aggravio di costi e di adempimenti burocratici. Infatti, ove la Banca d’Italia ritenesse necessario attingere a informazioni di questo tipo, potrebbe attivare protocolli d’intesa con l’Agenzia delle Entrate, creando così delle sinergie nella pubblica amministrazione che risponderebbero effettivamente e con successo alla finalità di non gravare di oneri informativi eccessivi i soggetti vigilati.
L’attivazione dei menzionati protocolli d’intesa, permetterebbe, infatti, all’Autorità di Vigilanza di accedere alle banche dati dell’Anagrafe tributaria e dell’Anagrafe dei conti e dei rapporti dei conti e dei rapporti, nelle quali sono già presenti quasi tutti i dati rilevanti richiesti alle società fiduciarie iscritte nella sezione apposita dell’albo di cui all’art. 106 del TUB.
In tale maniera, si potrebbe dunque limitare il contenuto delle segnalazioni di vigilanza delle fiduciarie alle informazioni su clientela e prodotti, perseguendo comunque il fine di vigilanza antiriciclaggio di cui all’art. 199 del TUF e senza imporre costosi adempimenti.