Con la risoluzione n. 49 del 19 settembre 2024, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, con l’estinzione della società, resta preclusa ai soci la facoltà di emettere note di variazione in diminuzione di crediti IVA generati, ma non incassati, dalla società in data anteriore l’apertura della procedura di liquidazione ordinaria.
Infatti, non si determina un fenomeno successorio dei soci nelle posizioni soggettive imputate ab origine all’impresa, non operando un meccanismo analogo a quello previsto per le operazioni straordinarie ex art. 172, comma 4, TUIR.
La soluzione interpretativa offerta dall’Agenzia delle Entrate prende le mosse da una preliminare disamina della disciplina delle operazioni straordinarie dettata, per quanto concerne i suoi profili civilistici dall’art. 2504-bis c.c. e descritta, in ambito tributario sostanziale e per quanto qui di rilievo, dall’art. 172, comma 4 del TUIR. Viene poi segnalato l’art. 15, comma 1, D. Lgs. n. 472/1997 che, in materia di sanzioni, prevede espressamente il subentro dell’ente risultante dalla trasformazione (o dalla fusione) negli obblighi sanzionatori posti a capo delle società trasformate (o fuse).
In questo contesto normativo, la Corte di Cassazione aveva già illustrato come il processo di fusione realizzi una successione a titolo universale dell’incorporante nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi dell’incorporata, ai quali possono ascriversi anche i crediti IVA maturati e non recuperati prima della modifica dell’assetto organizzativo.
Questi ultimi, dunque, potranno essere recuperati dalla incorporante tramite l’emissione della relativa nota di variazione in diminuzione.
Tuttavia, a parere dell’Agenzia, queste regole non possono estendersi alle ipotesi di liquidazione ordinaria, giacché la definitiva disgregazione del complesso aziendale non realizza alcun fenomeno successorio a favore dei soci, in quanto fatto che determina la cessazione dell’impresa e la chiusura irrevocabile della fase liquidatoria.
Del resto, come rilevato dalla Cassazione, osterebbe ad un’estensione dell’area applicativa dell’art. 172, cit. il contenuto dell’art. 26, D.P.R. 633/1972 che impone, quale indispensabile requisito al recupero dell’IVA tramite la nota di variazione, un’identità tra l’oggetto della fattura e della registrazione originaria con l’oggetto della registrazione della variazione, in modo che permanga corrispondenza tra i due atti contabili.
Ciò posto, in conclusione, “una volta estinta la società, senza che sia stata ancora esercitata la facoltà di emissione della nota di variazione in diminuzione, non è consentito ai soci sostituirsi ad essa nella sua emissione per recuperare l’IVA relativa ad un credito non incassato”.