A partire dal caso concreto sottoposto al Tribunale di Roma, la pronuncia affronta diverse questioni in materia di responsabilità da attività di direzione e coordinamento: (i) l’applicabilità dell’art. 2497 c.c. agli enti pubblici; (ii) i presupposti soggettivi e oggettivi ai fini del riconoscimento della sussistenza di tale responsabilità; (iii) la distinzione tra attività di direzione e coordinamento abusiva rilevante ex art. 2497 c.c. e amministrazione di fatto.
Nel caso di specie, in particolare, la società attrice, quale creditore sociale, agiva, tra l’altro, nei confronti del socio unico ente pubblico della società convenuta, oltre che nei confronti dei componenti degli organi sociali, al fine di far valere la responsabilità per attività di direzione e coordinamento ex art. 2497 c.c..
Questione preliminare esaminata dal Tribunale è quella relativa all’ambito di applicazione soggettivo dell’art. 2497 c.c. Il Tribunale ritiene che l’art. 2497 c.c. sia astrattamente applicabile anche con riferimento alle società soggette al potere di direzionee controllo di enti pubblici, diversi dallo Stato, sempre che le stessesvolgano attività di produzione di beni e servizi destinati adutenza esternae non si tratti di società costituite per il mero svolgimento di attività di “autoproduzione” esclusivamente a favore degli enti pubblici soci. A fondamento di tale affermazione viene richiamata, in particolare, la previsione di cui all’art. 19, sesto comma, D.L. 78/2009 (conv. in L. 102/2009) ai sensi del quale nella locuzione “enti” di cui all’art. 2497, comma 1, c.c. rientrano altresì “i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria”.
Il Tribunale precisa poi che la mera titolarità di una posizione di controllo tuttavia non è di per sé sola sufficiente a far sorgere la responsabilità de qua in quanto è necessario che vengano integrati anche gli altri presupposti richiesti dalla norma. Affermano i giudici romani che detta responsabilità de qua “presuppone la prova, a carico della parte che lainvoca, della esistenza “cumulativa” non solo a) della titolarità,in capo ad una società o ad un ente, di un potere di direzione edi coordinamento nei confronti di altra società, ma anche degliulteriori elementi quali b) la violazione dei principi di correttagestione societaria e imprenditoriale della eterodiretta; c)l’agire nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui; d) ilpregiudizio arrecato alla redditività e al valore dellapartecipazione e/o la lesione cagionata all’integrità delpatrimonio della società; d) lo stretto nesso di causalità tra lacondotta di eterogestione abusiva ed il pregiudizio prospettato”.
Ulteriore profilo evidenziato dal Tribunale, seppur in via marginale, è la qualificazione dell’attività di direzione e coordinamento come “attività di fatto, giuridicamente rilevante” e la sua distinzione rispetto all’amministrazione di fatto della società controllata. Entrambe costituiscono attività di fatto giuridicamente rilevanti, tuttavia, mentre l’attività di direzione e coordinamento si traduce nell’esercizio di un’influenza dominante sulle scelte e sulle decisioni gestorie degli amministratori della società eterodiretta senza che l’ente che esercita il potere di eterodirezione compia direttamente atti di gestione della società controllata; nel caso di amministrazione di fatto, invece, è lo stesso ente dirigente che, quale amministratore di fatto, non solo influenza le scelte e le decisioni, bensì compie direttamente atti gestori della società controllata rilevanti verso i terzi, con spendita del nome della stessa.