Con la pronuncia in oggetto la Suprema Corte, pur premettendo che “appare inestensibile alla S.r.l. la disciplina prevista dell’art. 2367 c.c. in tema di S.p.a.”, ha avallato l’interpretazione del giudice di merito che aveva invece riconosciuto, in capo al socio di maggioranza titolare di almeno un terzo del capitale, il potere di convocazione dell’assemblea in caso di inerzia dell’organo di gestione. E ciò in virtù di un’esigenza di bilanciamento tra il dato normativo letterale che parrebbe escludere detto potere (in particolare stante il mancato preciso richiamo dell’art. 2367 c.c. nella novellata disciplina delle Srl, soprattutto in seguito alla riforma del 2003 che ha fortemente differenziato i due tipi societari, configurando la Srl come un modello elastico e valorizzandone i profili di carattere personale) e il potenziale rischio di paralisi societaria, laddove la maggioranza qualificata dei soci incontrasse l’inerzia ostruzionistica dell’amministratore[1].
Pertanto, nel silenzio della legge e dell’atto costitutivo, occorre trovare un meccanismo alternativo, individuato nel riconosciuto potere di convocazione dell’assemblea spettante al socio di maggioranza titolare di almeno un terzo del capitale in caso di inerzia dell’organo amministrativo.
[1] Nella fattispecie concreta all’esame della Corte l’amministratore unico era direttamente e ovviamente controinteressato alla proposta di revoca dello stesso portata dall’ordine del giorno, omettendo pertanto la convocazione dell’assemblea.