La Cassazione, con sentenza n. 40797 del 22 settembre 2022, affronta il tema della qualificazione di un soggetto come socio occulto o amministratore di fatto di una società.
A tal proposito la Corte – richiamando anche la sua giurisprudenza in materia di amministrazione di fatto – ribadisce la necessità della “ricorrenza di indici sintomatici dell’esercizio continuativo e non occasionale di funzioni riservate alla competenza tipica degli amministratori di diritto (cfr. tra tante, Sez. V, n. 27264 del 10/07/2020, Rv. 279497 – 01) e, soprattutto, del godimento dell’autonomia decisionale” (nel caso di specie, si censura che la qualificazione fosse basata solo su dei rapporti interpersonali e societari intercorsi con l’amministratore unico).
Inoltre, la Corte precisa che anche laddove la difesa di parte lasci intendere un coinvolgimento fattuale del soggetto in operazioni integranti reati – come, ad esempio, quello di bancarotta distrattiva – ciò non è di per sé sufficiente ad integrare gli indici sintomatici summenzionati, necessari per la qualificazione come amministratore di fatto o socio occulto; detto coinvolgimento può infatti limitarsi, sul piano penale, ad un concorso esterno in un reato materialmente commesso da altri.
Sul piano processuale poi, la Suprema Corte afferma che il principio di legittimità impone che “le ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove a favore dell’imputato devono essere adeguatamente esplicitate dal giudice sul quale incombe un onere di motivazione dello stesso spessore e adeguatezza richiesti per le motivazioni sulle prove a carico”, a fortiori nel caso in cui l’impianto argomentativo in punto di qualificazione come socio occulto od amministratore di fatto risulti a sua volta manchevole ed incerto.