Nel caso in esame la Suprema Corte, richiamando un proprio consolidato orientamento, ha chiarito che la cessione di un credito effettuata “in funzione solutoria di un debito scaduto ed esigibile” è da qualificarsi quale forma anomala di pagamento rispetto al pagamento eseguito con denaro o con titoli di credito equivalenti, conseguendone la soggezione all’azione revocatoria ex art. 67 comma 1 n. 2 l. fall. anche qualora questa sia pattuita contestualmente alla concessione di un ulteriore credito al cedente, con l’eccezione, invece, della cessione prevista come mezzo di estinzione contestuale al sorgere del credito, la quale non è revocabile.