Materia del contendere è un contratto di fideiussione stipulato dal ricorrente nel febbraio 2005, che riflette lo schema predisposto dall’ABI con le “Condizione generali di contratto per la Fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie” (c.d. fideiussione omnibus) dell’ottobre 2002.
Con provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, Banca d’Italia, in qualità di Autorità Garante della concorrenza tra istituti creditizi (funzione che ha esercitato fino al 12 gennaio 2006), rinveniva nell’applicazione uniforme da parte degli enti creditizi di tre disposizioni di quel modello (segnatamente, clausole di “sopravvivenza”, “reviviscenza” e rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c.) un’intesa restrittiva della concorrenza vietata dall’art. 2, co. 2, lett. a, legge “antitrust” n. 287 del 1990 (il provvedimento, con il testo delle clausole, è reperibile su www.bancaditalia.it).
La Corte dichiara che la violazione dell’art. 2 legge antitrust, consumatasi “a monte” nella predisposizione e nell’adozione uniforme di uno schema contrattuale restrittivo della concorrenza, determina la nullità dei contratti (come quello di cui è causa) stipulati “a valle” in conformità allo schema: essi costituiscono lo sbocco sul mercato dell’intesa illecita e sono essenziali a realizzarne gli effetti (cfr. Cass., SS. UU., 4 febbraio 2005, n. 2207, est. Berruti, in materia di polizze RCA). Inoltre, statuisce, che, nei giudizi civili risarcitori promossi dai consumatori, il provvedimento del Garante ha natura di “prova privilegiata”, valendo sostanzialmente a invertire l’onere della prova: sarà l’impresa a «dover offrir prova contraria a dimostrazione della interruzione del nesso causale tra l’illecito antitrust e il danno patito tanto dalla generalità dei consumatori quanto dal singolo» (così Cass. sez. I, 28 maggio 2014, n. 11904, est. Di Amato).
Ė dunque viziata la decisione della Corte d’appello che ha rigettato le domande di nullità e risarcimento proposte nei confronti della banca, sulla base dell’erroneo assunto che l’anteriorità della fideiussione rispetto all’accertamento dell’Autorità impedisse di dichiararla invalida.
Nell’argomentare, la Suprema Corte conferma che qualsiasi comportamento posto in essere da almeno due imprese, a prescindere dalla natura contrattuale, può realizzare un’intesa illecita (già Cass. sez. I, 1 febbraio 1999, n. 827, est. Berruti): nel caso di specie, l’applicazione del modello contrattuale (in parte) restrittivo della concorrenza, nel contesto di una condotta di mercato tenuta dall’ente creditizio, peraltro secondo prassi diffuse e organizzate sistematicamente (cioè “concertate”). Toccherà dunque alle banche dimostrare che le fideiussioni proposte ai loro clienti si differenziano nello specifico da quelle generalmente utilizzate nel sistema creditizio.