Il Tribunale di Napoli, con l’ordinanza del 24 febbraio 2016, si pronuncia su un ricorso proposto ex artt. 2388 e 2378 c.c.. Ricorrente è uno dei soci di una S.p.A., il quale chiede la sospensione della delibera del C.d.A. di conversione di strumenti finanziari partecipativi in azioni, delibera che, presa contrariamente a talune disposizioni dello statuto della S.p.A., sarebbe volta a diluire la partecipazione del ricorrente nel capitale sociale della S.p.A. stessa.
Nella sua decisione il Giudice ricorda innanzitutto il dettato dell’art. 2388, comma 4, c.c., ai sensi del quale le delibere del C.d.A. possono essere impugnate anche dai soci, ove siano lesive di un loro diritto. Inoltre, ad avviso del Giudice, è applicabile al caso in esame l’art. 2378 c.c., che regola una misura cautelare tipica, volta a evitare che il ricorrente possa ricevere un pregiudizio nelle more del processo volto all’invalidazione della delibera. Peraltro, ai sensi dell’art. 2378 c.c., una delibera di C.d.A. può essere cautelarmente sospesa solo se il giudice accerta: (i) che effettivamente, sia pure a livello di fumus, la delibera impugnata sia inficiata da vizi di legittimità che ne comporterebbero l’annullabilità; (ii) che il ricorrente, per effetto della mancata sospensione, finirebbe per subire un danno illecito superiore a quello che legittimamente subirebbe la società ove la sospensione fosse, viceversa, accordata; e (iii) che il socio impugnante provi la lesione di un diritto suo proprio, essendo necessario che la delibera sia stata adottata contra legem vel statuta e non che ne derivi un pregiudizio per la società nel suo complesso e dunque solo indirettamente un pregiudizio per ciascun socio.
Nel caso in esame il Giudice ritiene in primo luogo sussistente il requisito del fumus boni iuris. Ed infatti nel caso concreto lo statuto prevedeva la conversione degli strumenti finanziari partecipativi solo dopo un’operazione di accertamento della consistenza della riserva statutaria apposita, accertamento che non era in concreto avvenuto. La delibera contrastava pertanto con tale previsione statutaria, oltre ad essere lesiva della sfera patrimoniale del ricorrente, che si è visto diluita la propria partecipazione alla compagine azionaria.
Il Tribunale di Napoli ritiene infine sussistente il requisito del periculum in mora, dal momento che, nelle more del giudizio di merito volto ad ottenere la dichiarazione di illegittimità della delibera, la conversione degli strumenti finanziari partecipativi avrebbe comportato un assetto societario effettivamente e indebitamente sbilanciato a favore di un socio, con danno anche per il ricorrente.