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Attualità

Sostenibilità aziendale: special focus su rendicontazione fattori Social e Governance

13 Maggio 2022

Letizia Macrì, Vice Presidente, ESG European Institute; Deputy Legal Affairs – Corporate and Compliance Manager, AVIO

Di cosa si parla in questo articolo

La dichiarazione non finanziaria contribuisce a misurare e monitorare l’impatto delle società sotto il profilo ambientale, sociale e di governance nonchè a rendicontare gli impegni e i risultati raggiunti.

Da un’analisi emerge come – a differenza del criterio Environmental “E” – i fattori Social “S” e Governance “G” risultano di più difficile misurazione ed analisi. In particolare, secondo un sondaggio condotto da BNP Paribas nel 2019, il 46% degli investitori interrogati, su un totale di 347 investitori istituzionali, ha indicato il criterio sociale come il più difficile da analizzare e integrare all’interno delle strategie di investimento[1].

Questa difficoltà risiede principalmente nei seguenti motivi:

  • A differenza del criterio ambientale, che è disciplinato da regole e misurazioni di tipo scientifico ed analitico, i fattori “S” e “G” sono di difficile misurazione pratica. Ad esempio, la misurazione dei rifiuti prodotti da un’azienda presenta meno difficoltà della misurazione del gender pay gap a livello aziendale, che può essere calcolata in modi diversi.
  • In secondo luogo, entrambi i fattori, soprattutto quello Social, dipendono da specifici contesti sociali, economici e giuridici. Per effetto della globalizzazione, ad esempio, le grandi imprese si trovano a delocalizzare le attività produttive in aree che non soddisfano i requisiti minimi ottenuti nelle economie avanzate in merito a diritti civili, diritti minimi dei lavoratori, lotta al lavoro minorile o alla discriminazione. Secondo alcuni, è impossibile concepire una dimensione “S” a livello globale in presenza di condizioni sociali minime così eterogenee.

Tuttavia, almeno a livello continentale qualcosa si sta muovendo in tal senso. Certamente l’iniziativa più importante e degna di menzione è quella relativa alla cosiddetta Tassonomia Sociale, ma non è l’unica. Quest’iniziativa va, infatti, letta alla luce di un’altra proposta di direttiva europea, quella sulla due diligence di sostenibilità aziendale.

La proposta di direttiva sulla due diligence di sostenibilità aziendale

Il 23 febbraio 2022 la Commissione Europea ha adottato la proposta di direttiva sulla due diligence di sostenibilità aziendale (CSDD).

La proposta della Commissione prevede l’obbligo per le imprese di individuare i rischi e, se necessario, evitare, far cessare o attenuare gli effetti negativi delle loro attività sui diritti umani, come il lavoro minorile e lo sfruttamento dei lavoratori, e sull’ambiente, ad esempio l’inquinamento e la perdita di biodiversità.

La proposta di direttiva si applica alle imprese europee con le seguenti caratteristiche:

  • alle società con più di 500 dipendenti e più di € 150 milioni di fatturato annuale (circa 9.400).
  • alle società con almeno 250 dipendenti e più di € 40 milioni di fatturato annuale operanti in settori ad alto impatto come tessile, agricoltura ed estrazione di minerali (circa 3.400 imprese).

La normativa trova applicazione anche nei confronti delle società extra-europee attive nell’Unione Europea aventi fatturati conformi alle caratteristiche di cui sopra.

La proposta si applica alle operazioni delle società stesse, alle loro controllate e alle loro catene del valore (rapporti commerciali diretti e indiretti consolidati).

Ciò comporta che le aziende, al fine di adempiere all’obbligo di due diligence, dovranno integrare tale attività all’interno di procedure e politiche aziendali atte ad individuare gli effetti sui diritti umani, ambientali e di governance, mitigare eventuali rischi a ciò connessi, monitorare l’effettiva osservanza della procedura nonché dare disclosure dell’attività di due diligence.

Attualmente la proposta è al vaglio del Parlamento e del Consiglio dell’Unione Europea. Successivamente gli Stati membri dell’Unione Europea avranno due anni per il recepimento della Direttiva.

La tassonomia sociale

Il 28 febbraio 2022 la Platform on Sustainable Finance, il gruppo di esperti creato dalla Commissione per avere supporto tecnico nell’attività legislativa in materia, ha presentato il Report finale sulla Tassonomia Sociale. La proposta prevede una struttura per la Tassonomia Sociale che ricalchi la struttura della già presentata Tassonomia Ambientale.

La summenzionata proposta di Tassonomia Sociale ha ad oggetto in particolare (i) il lavoro dignitoso; (ii) elevati standard di vita e benessere di consumatori e utilizzatori di un bene; (iii) comunità sostenibili e inclusive.

Sia la Tassonomia ambientale che la Tassonomia sociale supportano gli operatori finanziari negli investimenti socialmente sostenibili. Così come per il tema ambientale, la mancanza di definizioni precise e di una classificazione di attività socialmente sostenibili crea problemi di social washing e impedisce una rapida ed efficiente allocazione dei capitali privati; con la proposta di direttiva, invece, si preparano le aziende a gestire i rischi legati al fattore sociale e ad attrarre investimenti sostenibili.

Interessante è anche notare come il criterio governance si inserisce nel discorso. I fattori Governance rivestono un’importanza strumentale alla performance ESG perché forniscono all’impresa il framework corretto per definire obiettivi, linee guida e incentivi a beneficio della performance ambientale e sociale e possono mitigare o persino eliminare i rischi derivanti da fattori economici e sociali.

Alcuni scelgono, dunque, di indagare il criterio G separatamente, altri lo leggono come un meta-criterio, che governa le scelte ambientali e sociali delle imprese. Questa è anche la direzione che il legislatore europeo ha intrapreso.

La Commissione ha infatti chiesto alla Piattaforma di includere anche criteri di governance all’interno della Tassonomia.

Dal canto suo, la Piattaforma ha incluso il criterio governance all’interno della Tassonomia Ambientale e Sociale. Questo per tre ragioni. In primis, la Piattaforma ha evidenziato la difficoltà ad individuare fattori di governance armonizzati, tanto più con riferimento a fattori di governance “sostenibili”. In secondo luogo, perché una buona corporate governance fornisce all’impresa il framework corretto per definire obiettivi, linee guida e incentivi a beneficio della performance ambientale e sociale. In terzo luogo, essa può aiutare un’azienda a mitigare o persino eliminare i rischi derivanti da fattori economici e sociali.

Per questo motivo, per quanto riguarda il criterio governance, come parte della Tassonomia Ambientale e Sociale, vengono individuati 2 obiettivi e 7 sotto-obiettivi:

  1. Rafforzare gli aspetti di sostenibilità contenuti in pratiche di governance tradizionali, con sotto-obiettivi come:
    1. Valutare le competenze ESG all’interno dei Consigli di Amministrazione
    2. Trasparenza sugli obiettivi ESG
  2. Rafforzare aspetti della corporate governance che sono di per sé importanti per la sostenibilità, con sotto-obiettivi come:
    1. Misure anticorruzione
    2. Procedure di lobbying responsabili
    3. Pianificazione fiscale trasparente e non aggressiva
    4. Diversità degli amministratori
    5. Rappresentanza dei dipendenti negli organi di controllo/supervisione

Sia che si voglia considerare il criterio governance come un criterio a sé stante, sia che lo si voglia considerare come strumentale ai criteri E ed S, appare chiaro che una corretta rendicontazione e una successiva disclosure su questi criteri, che passi anche tramite l’individuazione di indicatori oggettivi, quantitativi e standardizzati possa favorire l’individuazione dei fattori S e G più rilevanti e una convergenza crescente nella loro misurazione.

Ad oggi, soprattutto sui fattori Social e Governance, si assiste ad una rendicontazione e una disclosure di natura eccessivamente qualitativa e discorsiva.

Prendendo ad esempio il fattore Social relativo alla Privacy dei clienti (GRI 418), si evidenzia come, per quanto sia importante spiegare le proprie politiche e procedure aziendali relative alla privacy dei clienti, l’utilizzo di specifici indicatori quantitativi possa aiutare la comprensione e il confronto. Valori come le ore di training per dipendente e il numero o la percentuale di dipendenti coinvolti in questi training possono essere informazioni importanti. Ancor di più è il numero relativo agli incidenti di cybersecurity o di data breach, il numero di clienti coinvolti in questi incidenti, nonché l’ammontare totale di multe/sanzioni pagate in relazione a violazioni di cybersecurity.

Anche laddove non ci siano incidenti da riportare, il fatto che ci siano stati zero casi di data breach o di fughe di dati è una notizia importante e positiva, che merita di essere riportata in modo chiaro e immediato tramite una tabella apposita. Ad oggi, la disclosure su questi fattori avviene spesso in maniera discorsiva, il che limita il potere informativo delle Dichiarazioni Non Finanziarie.

Discorso simile per il fattore Governance relativo alla composizione del Consiglio di Amministrazione e dei relativi Comitati endoconsiliari. Se ad oggi si assiste ad un buon livello di disclosure sulla composizione del CdA, è importante che le informazioni che riguardano l’indipendenza degli amministratori, il loro genere, le loro competenze, l’età e l’anzianità ecc. vengano comunicate tramite tabelle o grafici, per una questione di facilità e rapidità di consultazione. È, altresì, importante che queste best practices vengano estese anche ai singoli Comitati e in particolare al Comitato Sostenibilità, che riveste un ruolo sempre più importante nella direzione d’impresa in un’ottica sostenibile.

A tal riguardo, preme sottolineare come la rendicontazione e la successiva disclosure possano svolgere un ruolo fondamentale in questa convergenza, aiutando stakeholders ed esperti ad individuare i temi più rilevanti a livello sociale e di governance, su cui tutte le aziende devono rendicontare ed essere misurate, tenuto conto che con il PNRR il tema della sostenibilità è diventato centrale per l’ottenimento dei finanziamenti. Ricordiamo, infatti, che l’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group), su mandato dell’UE, sta lavorando a un’architettura di rendicontazione di sostenibilità divisa su tre livelli, in cui il primo livello è sector-agnostic, ovvero comune a tutte le aziende. I fattori compresi in questo livello non sono solo i più importanti ad oggi, ma anche quelli considerabili centrali per il raggiungimento di specifici obiettivi di politica pubblica – tra quelli citati dal report si trovano eguaglianza di genere e lotta alla povertà lavorativa.

In questo senso, una maggiore disclosure su questi temi può stimolare il dibattito pubblico e la ricerca sugli impatti dei diversi fattori Social e Governance, sia a livello di impatti sulla singola impresa (financial materiality) che sulla società (outward materiality). Inoltre, la condivisione di dati può stimolare la ricerca e favorire l’individuazione di specifici indicatori o metodologie di analisi anche su questi criteri, favorendo ulteriormente la convergenza e l’armonizzazione anche sui criteri Social e Governance, come già accaduto in larga misura per il fattore Environmental.

[1] Si veda https://group.bnpparibas/en/news/bnp-paribas-securities-services-esg-global-survey-2019-trends-key-figures

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