In caso di irrogazione di sanzioni amministrative, la Banca d’Italia, anche in virtù della presunzione di colpa vigente in materia, ha unicamente l’onere di dimostrare l’esistenza dei segnali di allarme che avrebbero dovuto indurre gli amministratori non esecutivi, rimasti inerti, ad esigere un supplemento di informazioni o ad attivarsi in altro modo, mentre spetta a questi ultimi provare di avere tenuto la condotta attiva dovuta o, comunque, mirante a scongiurare il danno.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 604 – pubblicata il 12 gennaio 2017 – si occupa del tema dell’applicazione di sanzioni amministrative agli esponenti aziendali di una SIM (per insufficienza del patrimonio di vigilanza).
Confermando gli orientamenti sul tema, si esclude la sussistenza di una responsabilità oggettiva sull’assunto che l’art. 3 della legge 24 novembre 1981, n. 689 pone una presunzione di colpa a carico dell’autore del fatto vietato, riservando a quest’ultimo l’onere di provare di aver agito senza colpa.
Con specifico riferimento al caso di specie, la Banca d’Italia ha dunque unicamente l’onere di dimostrare l’esistenza dei segnali di allarme che avrebbero dovuto indurre gli amministratori non esecutivi, rimasti inerti, ad esigere un supplemento di informazioni o ad attivarsi in altro modo, mentre spetta a questi ultimi provare di avere tenuto la condotta attiva dovuta o, comunque, mirante a scongiurare il danno.
Spetta al destinatario della sanzione provare di aver adempiuto diligentemente agli obblighi imposti dalla normativa di settore, cosicché il deficit patrimoniale non possa essere a lui imputato. I ricorrenti nel caso de quo non hanno né allegato con modalità autosufficienti dei fatti scusanti né hanno censurato il punto della decisione ove essi sono stati posti a fondamento dell’affermata responsabilità.
La Suprema Corte ha pertanto respinto il ricorso.