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Editoriali

Spreading about the spread

1 Giugno 2018

Giuseppe G. Santorsola

Professore Ordinario di Corporate & Investment Banking e Corporate Finance, Università Parthenope di Napoli

Non è agevole scrivere in materia di tassi, rating e spread in questi tempi di incertezza. Soprattutto quando si desideri esporre tesi tecniche e non partecipare ad un dibattito politico-sociale. Partiamo da un dato certo: il differenziale tra i tassi del debito italiano e quello tedesco si è di fatto raddoppiato nel mese di maggio del 2018 dopo lunga stabilità. Potrebbe ridursi in giugno davanti ad un governo dotato della fiducia parlamentare. Molti operatori professionali ed i mercati, peraltro, desideravano dall’estate scorsa, maggiore volatilità; per contro l’operatore retail è ancora avverso al rischio in relazione all’esperienza ancora viva delle fasi critiche del 2008 e del 2011 nonché della recessione del 2013-2015. Obiettivamente, nessuna ipotesi di default del debitore Italia per sua debolezza; qualche preoccupazione, prevalentemente psicologica circa un effetto a catena da panico in diffusione. Lo stesso Governatore ha affermato in sede istituzionale che il mercato è mosso in questo momento da mera emotività: un approccio comportamentalista e non economico-finanziario direi inusuale nel linguaggio della Banca d’Italia.

Un tema complesso concerne il giudizio sull’€. Alcune caratteristiche attuali non soddisfano. Pochi, ma spesso “rumorosi”, ne paventano la dannosità senza però considerare l’effetto tecnico che deriverebbe da scelte di forte discontinuità. Continuo a ritenere che sia certamente possibile non aderire all’€ (Svezia e Danimarca), ma non uscirne senza danno proprio per coloro che spingono per questa soluzione (consumatori e risparmiatori). Nelle condizioni attuali, sarebbe quasi preferibile l’uscita della Germania (che equilibrerebbe il paradigma PIL/debito pubblico/bilancia dei pagamenti degli altri Paesi) piuttosto che singole uscite; tuttavia avremmo due soggetti europei deboli invece che uno forte, ricco e con ottima distribuzione media di ricchezza e consumi. Un politico dovrebbe guardare nel lungo periodo; temo un’ottica più corta.

E’ sicuramente interessante notare come si è mossa la speculazione, avida da tempo di volatilità. Nel silenzio condivisibile della BCE, nel costante permanere del QE in lento tapering, nell’ipotesi riesposta di interventi del Fondo Salva Stati, la speculazione si è mossa con insolita strategia, promuovendo all’inizio tentativi leggeri, ma costanti, che hanno determinato modesti ma continui rialzi dello spread (da 130 a 200bp) in più giorni. Con tale approccio, la BCE non ha contrastato il rialzo con suoi acquisti, ma si è trovata di fatto (nei giorni più difficili) con una variazione del 50% (da 200 a 300bp) quando l’incertezza “politica” si è accentuata. Comunque, lo stato dei contendenti è nettamente diverso da quello del 2011 quando mancavano gli strumenti di dissuasione della BCE, che rendono difficile la diffusione (spreading) dello spread. Peraltro, questo è quasi raddoppiato in 15 giorni, ma ha soprattutto incrementato il rapporto fra il tasso italiano e quello tedesco (circa 3%/0,4% e cioè più di 7, più di quanto era nel novembre 2011 (7,8%/2,3% e cioè 3,5 quando lo spread era a 550 punti. Non se ne parla ma questo è il dato che preoccupa di più: un valore alto in condizioni di interessi bassi che divarica il costo differenziale del debito. L’Italia paga per il suo debito di 2300mld€ (1919 in titoli al momento), più di quanto la Germania paga il suo di oltre 3000mld€.

A fronte di questa preoccupazione, l’economia italiana è orientata bene (lo conferma la relazione della Banca d’Italia) e questo cambia lo scenario rispetto al passato; la crisi politica può interromperne il trend, ma anche frenare la spinta positiva della componente monetaria della spesa, il vero motore della ripresa, peraltro presente in alcune aree geografiche molto più che in altre.

Per quanto concerne l’impatto di quanto è già successo (fattore più facilmente valutabile di quanto non lo siano previsioni instabili), è essenziale analizzare quanto debito scade nel periodo (augurabilmente breve) nel quale lo spread eccede la sua media e deve essere riemesso e quanto nuovo deficit va finanziato al nuovo costo; questo consente di valutare il costo dei 100bp (circa) maturati negli ultimi giorni; un ulteriore impatto (minore) sarà registrato nel debito indicizzato, essendo al momento legato all’Euribor (CCT) e all’inflazione (BTP€ e Italia). Potrebbe risultare una strategia utile da parte del Tesoro emittente, sempre che l’allargamento dello spread limitasse il suo perimetro temporale (siamo sempre al tema “spreading the spread”).

Veniamo infine, a considerare la posizione del risparmiatore, soprattutto individuale/famiglia. Distinguiamo chi detiene titoli e chi intende comprare; i primi tengano la posizione se non gli serve liquidità, i secondi approfittino comprando a prezzi buoni: questo è lo scenario positivo. I primi vendono per paura e i secondi si astengono dal sottoscrivere: lo scenario negativo. Può prevalere la valutazione di un paese solido con tassi alti, multipli di quelli altri paesi omologhi: perché non comprare? Confido in un rating non modificato. Un dubbio al riguardo potrebbe indurre a confidare che lo spread salga ancora: la convenienza a comprare salirebbe e lo speculatore non può che sperarlo…. C’è inoltre, contrasto fra rialzisti e ribassisti sui mercati principali MOT e MTA: il loro tiro alla fune è in sostanziale stallo: ciò conforta nel breve, ma lascia intendere movimenti bruschi in caso di insistenza di una delle parti.

Molti mercati sono alti a da tempo orientati “long”; il ribassista tipo potrebbe sperare in una crisi totale e il rialzista ha meno spazio di contrasto: questo è lo scenario ultra-Italia, ma dobbiamo considerarlo, essendo il contrario di quello leggibile nel 2011-12. Soprattutto, oggi è in atto un QE, per quanto in lento tapering, con una strategia che allora mancava, ma potremmo trovarci in difficoltà con un governo incapace di misure fra loro coerenti e posto in difficoltà da veti incrociati. Valutiamo con buoni calcoli il contrasto, se confermato, tra aumento dell’IVA e flat tax (con abbandono di molte deduzioni e detrazioni).

E’ uno scenario nuovo, voluto dagli elettori, contrastabile – se del caso – davanti agli effetti. Per chi governa, iniziano le vere difficoltà, con questo matrimonio “imposto” e non troppo desiderato dagli sposi…. E’ anche una severa lezione per le forze in precedenza più consistenti. Siamo forse un po’ più in linea con la UE, vedremo se altrettanto con i mercati; non è corretto peraltro giudicare in base agli effetti iniziali e non riesco ancora a distinguere le fasi della politica da quelle dell’economia. Produzione, finanza e convivenza sociale non dipendono solo da noi. Altrettanto, per moneta, tassi e credito. Sono un liberista dal 1963 (9 anni); non riesco ad essere più obiettivo di come appare in questo scritto, ma spero di essere rimasto “tecnico”.

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