Con la presente ordinanza la Corte di Cassazione ha radicalmente escluso l’assimilabilità del recesso del socio di società a responsabilità limitata alla cessione per atto fra vivi della sua quota di partecipazione al capitale di tale tipo di società.
Nel caso di specie, una società immobiliare vende a terzi la propria quota di partecipazione al capitale di una s.r.l, la quale, successivamente, registra un’importante sopravvenienza attiva.
La società immobiliare chiede – dunque – la condanna della s.r.l. al pagamento della propria quota della suddetta sopravvenienza, non prevista, però, nel bilancio sulla base del quale era stato calcolato il prezzo di vendita al terzo della quota di capitale della stessa.
La società immobiliare, a sostegno della propria pretesa, sostiene che, poiché la cessione delle quote è avvenuta a favore di cessionari già soci della s.r.l., e quindi rappresentativi del residuo capitale della società, la vicenda possa qualificarsi come un sostanziale recesso del socio.
La Corte di Cassazione nega tale qualificazione dei fatti, affermando la non assimilabilità della cessione al recesso del socio, ribadendo alcuni principi consolidati in materia, in particolare : “nel caso di recesso del socio (art. 2473 c.c.) il rapporto derivante dalla manifestazione di volontà del socio di esercitare il diritto di recesso a lui attribuito dallo statuto e in ogni caso dalla legge (art. 2473 c.c., comma 1, secondo periodo) è solo fra società e socio recedente anche quanto alle conseguenze patrimoniali della sua manifestazione di volontà alla società rivolta.
Nel caso di cessione a terzi per atto tra vivi della quota di partecipazione al capitale di società a responsabilità limitata (art. 2469 c.c.), il relativo contratto, cui la società è estranea, è valido e efficace fra le relative parti indipendentemente dal suo deposito presso il registro delle imprese, necessario solo per rendere il trasferimento efficace anche nei confronti della società, degli altri soci e dei terzi (art. 2470 c.c.)”.
Inoltre, la Corte ha specificato che “la differenza ontologica” fra recesso e cessione è altrettanto netta nella disciplina delle società di capitali anteriore alla riforma del 2003 (D. Lgs. n. 6 del 2003), applicabile al caso di specie in ragione del tempo in cui avvenne la cessione a terzi da parte della società immobiliare della proprietà della quota di partecipazione al capitale della s.r.l. di cui questa era titolare.
Infatti, nel testo ante riforma, l’art. 2437 c.c. – a cui rinviava l’art. 2494 c.c. – prevedeva che il socio, nel caso di recesso, da effettuare attraverso una dichiarazione rivolta dal socio alla società, avesse diritto al rimborso della propria partecipazione in proporzione al patrimonio sociale risultante dal bilancio dell’ultimo esercizio, e non con riferimento al valore di mercato della propria partecipazione coma attualmente previsto dall’art. 2473 c.c.; inoltre, l’art. 2479 c.c. prevedeva già la piena efficacia inter partes del contratto di cessione non iscritto nel libro dei soci, stabilendo che il trasferimento delle quote avesse effetto nei confronti della società solo dal momento dell’iscrizione nel libro dei soci.