Mentre Moody’s aveva preso tempo per rivedere il rating italiano, Standard and Poor’s, con una decisione inaspettata (almeno per le tempistiche) ha tagliato il rating sul debito italiano, portandolo da A+ ad A con outlook negativo.
La tanto discussa agenzia di rating afferma che “le attuali prospettive di crescita sono deboli e l’impegno politico per riforme che aumentino la produttività sembra incerto”. Secondo l’agenzia, in particolare, “la limitata capacità dell’economia italiana di beneficiare del rafforzamento della domanda esterna riflette la bassa crescita della produttività, la limitata mobilità nel mercato del lavoro, e una costante erosione di competitività internazionale negli ultimi dieci anni” (…). “Anche se questi fattori influenzano l’economia italiana da oltre un decennio il loro impatto sulla crescita e, di conseguenza, la dinamica del debito, è maggiore ora a causa dell’intensificarsi della concorrenza nei settori chiave per l’esportazione, dell’ulteriore apprezzamento del tasso di cambio reale deflazionato dalle dinamiche salariali e del rischio di un aumento dei costi della raccolta nei settori pubblico e privato”. Non solo. Standard & Poor’s ritiene che “le misure strutturali attuate nel 2010 e quelle contenute nel Piano Nazionale di Riforma recentemente aggiornato non siano sufficienti a stimolare la crescita economica nel medio termine”. A ciò andrebbe aggiunta “la crescente fragilità dell’attuale coalizione di governo”.
Tale presa di posizione trova una netta contrarietà del MEF che, in un comunicato ufficiale, replica: “L’Italia rispetterà gli impegni presi e non c’è nessun rischio di paralisi politica”. Il nostro, continua il MEF, “è, e sarà un Paese con risorse economiche e politiche tali da fargli sempre rispettare gli impegni presi”.
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