Nell’ipotesi in cui un’azienda cada in successione mortis causa, fino a quando non si verifichi la cessazione della comunione ereditaria, gli eredi devono rispettare il disposto dell’art. 35 bis del D.P.R. 633/72, che, al comma 2, prevede l’applicazione della disciplina del decreto nel caso di operazioni effettuate ai fini della liquidazione dell’azienda degli eredi, con conseguente assoggettamento ad IVA di tali operazioni. Infatti, a seguito del decesso dell’imprenditore individuale, la gestione dell’azienda è soggetta alle regole della comunione ereditaria fino a quando non viene manifestata dagli eredi, in modo espresso o tacito, la volontà di proseguire l’attività imprenditoriale facente capo al de cuius, anche, eventualmente, in forma societaria.
Posto che, dunque, i beni aziendali non entrano automaticamente nel patrimonio personale degli eredi, non si può evitare che siano, in caso di liquidazione, soggetti a tassazione in virtù dell’art. 2 ex DPR 633/72, relativo alle cessioni a titolo oneroso ai terzi. Spetta, in tal caso, al contribuente fornire prova contraria, e cioè prova di una differente destinazione dei beni aziendali.