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Sui quorum assembleari in materia di liquidazione ex art. 2487 C.C.

5 Aprile 2022

Michele Greggio, Studio De Poli – Venezia

Di cosa si parla in questo articolo

Commento a Tribunale di Milano, Sezione XV Civile, Specializzata in materia di impresa, ordinanza del 7 ottobre 2021 (R.G. 28709/2021) – A. Mambriani (Pres. – Rel.), G. Vannicelli, D. Marconi

 1. Il caso ed il problema

Con l’ordinanza del 7 ottobre 2021 il Tribunale di Milano ha affrontato il tema delle maggioranze assembleari necessarie a deliberare, a norma dell’art. 2487, primo comma, c.c., in materia di nomina dei liquidatori[1]. Il caso esaminato dal giudice di merito riguardava la delibera di nomina del liquidatore sociale di una s.r.l., adottata con il voto favorevole di più della metà del capitale sociale[2] – e, dunque, in conformità a quanto previsto dall’art. 2479-bis, terzo comma – pur in presenza di una disposizione statutaria per cui le deliberazioni aventi ad oggetto le modificazioni dell’atto costitutivo devono essere adottate «con il voto favorevole di tanti soci che rappresentano i 2/3 del capitale sociale». In sede di reclamo la società ha censurato l’ordinanza cautelare del Tribunale di Milano, il quale – ritenendo che il richiamo alle «maggioranze previste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto», contenuto al primo comma dell’art. 2487 c.c., si riferisca alle maggioranze stabilite dallo statuto (se presenti) e non a quelle previste dalla legge per la medesima materia – aveva sostenuto il mancato raggiungimento del quorum dei due terzi previsto dal combinato disposto dello statuto e dell’art. 2487 e accolto così il ricorso cautelare della minoranza, disponendo la sospensione della delibera di nomina del liquidatore.

Con la decisione in esame, il Tribunale ha rigettato il reclamo avverso l’ordinanza impugnata, condividendone l’assunto secondo cui il primo comma dell’art. 2487, nello stabilire che il quorum deliberativo in materia di liquidazione è pari alle «maggioranze previste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto», rinvierebbe alle disposizioni statutarie che prevedono maggioranze rafforzate per le modifiche statutarie, pur in assenza di un’espressa estensione di tali maggioranze anche alle delibere in materia di liquidazione.

L’ordinanza offre l’occasione di soffermarsi sulle maggioranze assembleari richieste in materia di liquidazione e sulla corretta interpretazione del primo comma dell’art. 2487; in particolare occorre chiarire se il rinvio di cui alla disposizione in commento sia alle maggioranze previste dalla legge (quelle per la modifica dello statuto di cui agli artt. 2368, secondo comma, per le s.p.a. e 2479-bis, terzo comma, per le s.r.l.) o, come sostenuto dal Tribunale di Milano, a quelle eventualmente previste dai consociati nello statuto per la modifica dello statuto medesimo.

2. I quorum assembleari in generale e la disciplina dell’art. 2487

La liquidazione delle attività e passività sociali rappresenta il cuore della cessazione della vita della società di capitali, il procedimento inderogabile[3] con cui il patrimonio autonomo dell’ente si dissolve e «viene meno quel vincolo di destinazione che in ogni tipo di società colpisce i beni sociali»[4].

L’importanza e l’urgenza dell’attività liquidatoria sono testimoniate proprio dall’art. 2487, laddove precisa che, una volta accertata l’esistenza di una causa di scioglimento, gli amministratori «contestualmente all’accertamento» devono convocare l’assemblea dei soci[5]. Non solo. La delicatezza della fase liquidatoria e degli interessi ivi tutelati è testimoniata dal medesimo art. 2487 anche laddove, in tema di quorum richiesti per le deliberazioni relative alla liquidazione, prevede al primo comma l’applicazione a tali delibere delle «maggioranze previste per le modificazioni dell’atto costitutivo e dello statuto». La disposizione esprime la notevole importanza agli occhi del legislatore – ribadita, in modo quasi ridondante, al terzo comma, ai sensi del quale «L’assemblea può sempre modificare, con le maggioranze richieste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto, le deliberazioni di cui al primo comma» – delle decisioni relative alle liquidazione, parificate alle decisioni più importanti per la vita della società, ossia le decisioni relative alle modifiche dello statuto[6] per le quali la legge prevede – tanto per le s.p.a., quanto per le s.r.l. e salvo diversa previsione statutaria – maggioranze più elevate rispetto a quelle, per così dire, “ordinarie”. Proprio da tale disposizione emerge come il fenomeno liquidatorio sia volto a tutelare precipuamente gli interessi dei soci stessi e, solo indirettamente, quelli dei creditori[7].

Nonostante la pari importanza conferita alle decisioni volte a disciplinare la liquidazione rispetto a quelle in materia di modifica statutaria, si tratta pur sempre di decisioni tenute ben distinte dal legislatore[8] la cui assunzione, pertanto, può essere differentemente regolata dallo statuto, in base alle esigenze e alla volontà dei singoli soci[9]. Così, è ben possibile che lo statuto preveda espressamente maggioranze diverse per la modifica dello statuto e per le decisioni di cui all’art. 2487 c.c.; tuttavia, sorgono dubbi quando, come nel caso esaminato dal Tribunale di Milano, lo statuto preveda quorum assembleari più elevati per la sola modifica dello statuto (o per essa e solo alcune delle materie previste dall’art. 2487, ad esempio la nomina dei liquidatori), nulla disponendo, invece, per i quorum relativi a tutte o parte delle decisioni sulla liquidazione. In particolare, resta da chiedersi se la disposizione di cui al primo comma dell’art. 2487, secondo cui l’assemblea deve deliberare «con le maggioranze previste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto», rinvii alle maggioranze previste per la modifica dell’atto costitutivo o dello statuto dalla legge o alle maggioranze previste – sempre che siano previste – dallo statuto.

La questione, come testimoniato dalla pronuncia in esame, riveste notevole importanza pratica e trae origine dall’ambiguità dell’art. 2487, dovuta all’unitarietà della disciplina della liquidazione prevista per le società di capitali, dettata – dopo la riforma[10] – dagli artt. dal 2484 al 2489 c.c., contenuti al capo VIII, titolo V, del V libro del Codice[11].

La soluzione al problema non può quindi prescindere dall’analisi della diversa disciplina in tema di quorum assembleari prevista per le società per azioni e per le società a responsabilità limitata[12].

Nelle società per azioni le decisioni dei soci sono assunte in assemblea; a questo proposito si distingue tra assemblea ordinaria – disciplinata dall’art. 2364 per le società prive di consiglio di sorveglianza e dall’art. 2364-bis per le società con consiglio di sorveglianza – e assemblea straordinaria, di cui all’art. 2365. L’assemblea straordinaria è chiamata a deliberare sulle questioni più importanti per la vita sociale e, in particolare, sulle modificazioni dello statuto e sulla nomina, sostituzione e poteri dei liquidatori, oltre che «su ogni altra materia espressamente indicata dalla legge». I quorum assembleari deliberativi per le s.p.a. sono disciplinati dagli artt. 2368 e 2369[13]. Ai sensi dell’art. 2368, in prima convocazione, l’assemblea ordinaria delibera a maggioranza assoluta, mentre l’assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di più della metà del capitale sociale: ciò, salvo il caso in cui lo statuto richieda maggioranze più elevate. Per le assemblee delle s.p.a., tuttavia, è prevista anche una seconda convocazione disciplinata dall’art. 2369, nel caso in cui per la prima non si sia raggiunto il quorum costitutivo richiesto. In particolare, l’assemblea ordinaria in seconda convocazione delibera a maggioranza semplice, mentre l’assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea. Anche in tale evenienza, come per la prima convocazione, lo statuto può prevedere maggioranze più elevate[14].

Nelle società a responsabilità limitata le decisioni dei soci si distinguono tra decisioni assembleari e decisioni non assembleari. In particolare, il quarto comma dell’art. 2479 prevede necessariamente l’utilizzo del metodo assembleare: i) per le decisioni aventi ad oggetto le modificazioni dell’atto costitutivo; ii) per il compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale o una modifica rilevante dei diritti dei soci; iii) nel caso in cui lo richiedano uno o più amministratori o un numero di soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale; iv) per l’approvazione del bilancio e la riduzione del capitale sociale in caso di mancata riduzione a meno di un terzo del capitale, entro l’esercizio successivo, delle perdite rinviate a nuovo ai sensi del quarto comma dell’art. 2482-bis. A tali decisioni, si aggiungono quelle di cui all’art. 2487, le quali, per espressa disposizione legislativa, devono essere adottate dall’assemblea[15].

Ai sensi dell’art. 2479, sesto comma, le decisioni non assembleari, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, sono adottate con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale. Per le decisioni assembleari, invece, il terzo comma dell’art. 2479-bis prevede – sempre salva la libertà di prevedere statutariamente maggioranze diverse – un quorum deliberativo pari alla maggioranza assoluta; tuttavia, per le delibere aventi ad oggetto le modificazioni dell’atto costitutivo, la modifica dell’oggetto sociale o la modifica dei diritti dei soci tale quorum è alzato ad almeno la metà del capitale sociale.

In tale contesto normativo ha dunque preso posizione il Tribunale di Milano con l’ordinanza in esame.

3. Il rinvio alle maggioranze per la modifica dello statuto disposto dall’art. 2487 c.c., il parere del Tribunale di Milano sui quorum per la nomina del liquidatore

La pronuncia in commento è giunta a respingere il reclamo proposto dalla società partendo da un’interpretazione letterale del combinato disposto dell’art. 2487, primo comma, e dello statuto della società reclamante. In particolare, in presenza di uno statuto che prevedeva la maggioranza pari ai due terzi del capitale sociale per la modifiche statutarie[16], il Tribunale di Milano ha ritenuto che il primo comma dell’art. 2487 – laddove richiede, per le materie ivi indicate, le medesime maggioranze previste per la modifica dell’atto costitutivo e dello statuto – imponga di estendere alla nomina dei liquidatori il quorum stabilito dai soci per le modifiche statutarie[17].

Ad opinione del Tribunale, infatti, il primo comma dell’art. 2487, introdurrebbe un’eccezione «specifica» alle disposizioni di legge e statutarie «generali»[18], estendendo alla materie ivi indicate quelle stesse maggioranze previste dalla legge o, eventualmente, dallo statuto per le modifiche statutarie. Pertanto, secondo la pronuncia in esame, il primo comma dell’art. 2487 rappresenterebbe un’«eccezione integrativa» in forza della quale «se lo statuto, dopo aver previsto un quorum rafforzato per le modifiche statutarie cui accede ex lege, per speciale estensione integrativa, la delibera di nomina dei liquidatori, vuole invece prevedere per quest’ultima un quorum diverso […] deve dirlo esplicitamente ed espressamente, altrimenti appunto operando automaticamente la speciale integrazione normativa estensiva».

Inoltre, coltivando un argomento integrativo ad absurdum, il Tribunale ha sostenuto che ove non si condividesse l’interpretazione dell’art. 2487 sopra descritta – dal momento che i quorum rafforzati previsti per le modifiche dello statuto «sono pressoché sempre norme speciali rispetto ad una disciplina generale più ampia prevista per le altre deliberazioni assembleari» – si finirebbe per «disinnescare la portata normativa» di tale disposizione, rendendola di fatto inapplicabile.

Per tali ragioni, il Tribunale ha confermato l’ordinanza cautelare, ritenendo, in punto di fumus boni iuris, illegittima la delibera in esame per aver disposto la nomina del liquidatore con la maggioranza del capitale sociale e non con il maggiore e diverso quorum, pari ai due terzi del capitale, previsto per l’approvazione delle delibere modificative dello statuto.

4. La nostra opinione: un’interpretazione sistematica dell’art. 2487

L’ordinanza in esame, pur con un’argomentazione non totalmente convincente, sembra cogliere nel segno. Il Tribunale, infatti, è stato chiamato a valutare se il rinvio di cui all’art. 2487, primo comma, sia alle maggioranze previste dalla legge (quelle per la modifica dello statuto di cui agli artt. 2368, secondo comma, per le s.p.a. e 2479-bis, terzo comma, per le s.r.l.) o a quelle eventualmente previste dai consociati nello statuto per la modifica del medesimo. Come già anticipato, l’ordinanza in commento si è fondata su un’interpretazione letterale del primo comma dell’art. 2487. Secondo il Tribunale di Milano la disposizione rinvierebbe esplicitamente, per le delibere in tema di liquidazione, ai quorum previsti dallo statuto per la modifica dello statuto medesimo e – solo nel caso in cui quest’ultimo nulla disponga sul punto – ai quorum previsti dalla legge[19].

La soluzione proposta dal Tribunale sembra essere confortata, a nostro parere, anche da un argomento sistematico. Infatti, in materia societaria, quando il legislatore intende rinviare a specifiche maggioranze assembleari previste dalla legge, provvede a ciò non mediante un rinvio rationae materiae (come nel caso dell’art. 2487), bensì attraverso un rinvio specifico, eseguito con due diverse tecniche: il rinvio puntuale alla singola disposizione richiamata, come nel caso del primo comma dell’art. 2369[20]; o, in alternativa, – e limitatamente alle società per azioni – il rinvio alla specifica sede assembleare (ordinaria o straordinaria) le cui maggioranze si intende richiamare, come nel caso dell’ottavo comma dell’art. 2441[21].

Alla luce di ciò, poiché l’art. 2487 non rinvia specificamente alle maggioranze previste dalla legge per la modifica dello statuto ­e nemmeno, limitatamente alle s.p.a., alle «maggioranze previste per l’assemblea straordinaria», allora il richiamo ivi previsto dovrebbe intendersi alle maggioranze richieste «per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto» nel caso concreto, le quali possono – come nella fattispecie esaminata dal Tribunale di Milano – essere disciplinate dallo statuto, in deroga a quanto stabilito dal legislatore.

Fermo quanto detto, un potenziale argomento a sfavore di tale interpretazione si potrebbe rinvenire in una circostanza su cui si è già avuto modo di porre l’accento, ossia il carattere “trasversale”[22] dell’art. 2487, chiamato a disciplinare le delibere in tema di liquidazione delle società di capitali in generale. In particolare, si potrebbe sostenere che il legislatore, nel formulare l’art. 2487, non abbia utilizzato le tecniche di rinvio sopra descritte in quanto esse non sarebbero state compatibili con una disposizione chiamata a disciplinare allo stesso tempo le maggioranze assembleari di tutte le società di capitali: infatti, poiché nelle società a responsabilità limitata non sussiste la distinzione, propria delle società per azioni, tra assemblea ordinaria e assemblea straordinaria, la tecnica di richiamo mediante rinvio alla specifica sede assembleare non sarebbe stata utilizzabile; d’altro canto, anche il rinvio alle puntuali disposizioni di legge volte a disciplinare i quorum per la modifica dello statuto non sarebbe risultato efficace perché avrebbe comportato la necessità di richiamare gli artt. 2368, 2369 e 2479-bis, e, quindi, avrebbe richiesto una distinzione tra disposizioni applicabili alle sole s.p.a. e disposizioni applicabili alle sole s.r.l., con un considerevole appesantimento della formulazione[23]. Proprio per tale ragione si potrebbe sostenere che l’art. 2487, al fine di richiamare unicamente le maggioranze previste per la modifica dell’atto costitutivo e dello statuto dalla legge, sarebbe stato formulato con un rinvio rationae materiae[24].

Contro tale tesi sembra però deporre un ulteriore argomento sistematico. A quanto risulta, infatti, l’art. 2487 non è l’unica disposizione volta a disciplinare una materia comune alle società di capitali, con necessità di rinviare a quorum regolati distintamente per tipi societari diversi. In particolare, ­- oltre alla previsione di cui all’art. 2487-ter in materia di revoca dello stato di liquidazione[25] – si rinvengono almeno altre due disposizioni con formulazione analoga a quella dell’art. 2487, chiamate a disciplinare i quorum applicabili alle decisioni sia di s.p.a., sia di s.r.l.; si tratta degli artt. 2500-sexies e 2502, in tema, rispettivamente, di trasformazione di società di capitali e decisione in ordine alla fusione.

Quanto all’art. 2500-sexies, primo comma, il richiamo ivi operato alle maggioranze per le modifiche statutarie è comunemente interpretato quale rinvio ai quorum statutari per la modifica dello statuto e non quale rinvio alle disposizioni legislative per la medesima materia: ciò alla luce della «natura di modificazione statutaria della delibera di trasformazione, da assumersi appunto con le maggioranze per essa stabilite»[26].

Sul punto si potrebbe ribattere che tale disposizione, dalla formulazione analoga rispetto a quella di cui all’art. 2487, è stata interpretata nel senso sopra descritto in quanto la trasformazione di società di capitali in società di persone – a differenza delle decisioni sulla liquidazione ex art. 2487 – comporta una vera e propria modifica statutaria[27], pertanto, non sarebbe coerente applicare a quest’ultima i quorum di legge, se diversi rispetto a quelli previsti dai soci per la modifica dello statuto.

Detta osservazione, tuttavia, può essere superata considerando, come già argomentato supra, la pari importanza conferita dal codice alle decisioni in materia di liquidazione rispetto a quelle relative alla modifica dello statuto. Con ciò, preme ribadirlo, non si intende sostenere la piena coincidenza tra questi diversi tipi di decisioni: lo statuto ben può prevedere maggioranze diverse per le modifiche statutarie e per le decisioni ex art. 2487, tuttavia, laddove il medesimo resti silente sul punto, la pari dignità loro attribuita dovrebbe indurre ad applicare alle medesime gli stessi quorum[28]. Alla luce di ciò, non sembra errato concludere che il richiamo alle maggioranze previste per la modifica dello statuto debba essere considerato, tanto nell’ipotesi di cui all’art. 2500-sexies, quanto nell’ipotesi di cui all’art. 2487, quale richiamo ai quorum per le modifiche statutarie eventualmente previsti nello statuto stesso perché, nel primo caso, la trasformazione è intesa quale vera e propria modifica statutaria mentre, nel secondo caso, le decisioni in tema di liquidazione sono considerate di pari importanza rispetto a quelle relative alla modifica dello statuto.

Un ulteriore argomento a favore dell’interpretazione dell’art. 2487 fornita dal Tribunale di Milano si può rinvenire nella formulazione del primo comma dell’art. 2502. Anche tale disposizione, in materia di fusione, disciplina – proprio come l’art. 2487 – i quorum assembleari delle società di capitali con un’unica formulazione. In questo caso, tuttavia, il legislatore ha inteso richiamare espressamente – salvo diversa disposizione statutaria – le maggioranze stabilite dalle «norme previste per la modificazione dell’atto costitutivo o statuto», rinviando in questo modo esplicitamente ai quorum «normali»[29] previsti dalla legge e non ai quorum diversi eventualmente disciplinati dallo statuto per le modifiche statutarie[30]. Se, dunque, il legislatore avesse inteso, anche all’art. 2487, rinviare unicamente alle maggioranze previste dalla legge, ben avrebbe potuto farlo mediante una formulazione analoga a quella di cui all’art. 2502 – o, eventualmente, a quella di cui al secondo comma, terzo periodo, dell’art. 2500-octies in materia di trasformazione di società consortili e associazioni in società di capitali[31] –, se ciò non è stato fatto dovrebbe allora ritenersi, come fatto dal Tribunale di Milano, che l’art. 2487 estenda alle decisioni in materia di liquidazione le maggioranze previste dallo statuto per le modifiche statutarie, qualora esse siano diverse rispetto a quelle di legge.

Gli argomenti sistematici sopra proposti, fondati sulla costanza terminologica applicata nel Codice civile, consentono dunque di corroborare la soluzione proposta dal Tribunale di Milano sulla base di un’interpretazione meramente letterale dell’art. 2487. Tuttavia, è bene precisare che tali argomenti – pur proponendo una lettura coerente del sistema[32] – trovano giustificazione, a loro volta, in un assunto indimostrato e indimostrabile, ossia la coerenza della disciplina giuridica disposta dal legislatore.

Fermo quanto detto, non resta che esaminare le ulteriori conclusioni cui è giunto il Tribunale di Milano. In particolare, nonostante la – riteniamo – corretta interpretazione del primo comma dell’art. 2487, la pronuncia in esame non convince appieno. In particolare, dubbia è la configurazione dell’art. 2487 quale «eccezione specifica», in grado di rinviare alle maggioranze statutariamente previste per la modifica dello statuto, derogando non solo alla disciplina legale, ma anche alla «generale disciplina […] statutaria prevista per i quorum assembleari». Infatti, secondo il Tribunale di Milano l’art. 2487 consentirebbe di disapplicare, in favore dei quorum previsti per la modifica dello statuto, anche quelle previsioni statutarie di portata «generale e residuale» volte a consentire l’applicazione «di determinati quorum ad “altre deliberazioni” – altre rispetto alle modifiche statutarie». L’assunto non convince perché sembra essere contrario alla lettera dello stesso art. 2487, ai sensi del quale in tema di liquidazione si applicano le maggioranze previste per le modifiche dello statuto «salvo che l’atto costitutivo o lo statuto non dispongano in materia». Poiché, nel caso concreto, i consociati non solo avevano disciplinato le maggioranze necessarie per la modifica dello statuto, ma avevano altresì previsto un quorum diverso (e più basso) per «Tutte le altre deliberazioni»[33], allora tale quorum avrebbe dovuto ritenersi valido anche per le decisioni ex art. 2487. La disciplina di tale ultima disposizione, infatti, opera solo nel silenzio dello statuto, tuttavia, laddove quest’ultimo prenda in considerazione (seppur in maniera generica) i quorum in tema di liquidazione, quest’ultimi non dovrebbero ritenersi derogati dal primo comma dell’art. 2487, il quale ha portata residuale e rinvia, a sua volta, a una diversa maggioranza statutaria[34].

A questo proposito, anche l’argomento ad absurdum proposto dal Tribunale di Milano a sostegno della propria tesi non sembra particolarmente convincente perché presuppone la sostanziale inapplicabilità dell’art. 2487 («non si applicherebbe mai») sulla base del fatto che negli statuti sarebbe presente «pressoché sempre […] una disciplina generale più ampia […] per le altre deliberazioni assembleari». Tale argomento non sembra cogliere nel segno perché, in primo luogo, non è sempre prevista statutariamente una disciplina “generale” dei quorum assembleari, cosicché, nel caso in cui lo statuto resti silente sul punto rinviando alle maggioranze di legge, l’art. 2487 c.c. torna a trovare applicazione, richiamando le maggioranze eventualmente previste dallo statuto per le modifiche dello stesso; in secondo luogo, perché, anche quando è presente una disciplina statutaria generale sui quorum assembleari – come nel caso trattato dall’ordinanza in esame –, resta sempre nella disponibilità dei consociati escludere da tale disciplina le decisioni relative alla liquidazione: qualora, però, tale espressione di volontà manchi, si deve ritenere che lo statuto, conformemente alla facoltà di disciplinare autonomamente i quorum in materia di liquidazione ai sensi dell’art. 2487, abbia inteso includere dette decisioni nella disciplina generale, derogando al primo comma dell’art. 2487 e al rinvio in esso contenuto ad eventuali maggioranze più elevate previste per la modifica dallo statuto.

 

[1] Invero, le decisioni di cui al primo comma dell’art. 2487 riguardano altresì: il numero dei liquidatori e le regole di funzionamento del collegio in caso di pluralità di liquidatori; i criteri in base ai quali deve svolgersi la liquidazione; i poteri dell’organo liquidatorio.

[2] Precisamente, si trattava di delibera approvata con il voto favorevole del 52,5% del capitale sociale.

[3] Di inderogabilità parla G. F. Campobasso, Diritto commerciale II, Milano, 2015, p. 542, nota 12.

[4] Così V. Buonocore, Manuale di diritto commerciale, V. Buonocore (a cura di), Torino, 2008, p. 396.

[5] Secondo una parte della dottrina, se l’assemblea deve essere indetta contestualmente all’accertamento della causa di scioglimento, la data in cui essa deve essere tenuta può essere fissata con una dilazione di circa trenta giorni al fine di garantire ai soci la possibilità di ottenere adeguate informazioni e valutare soluzioni alternative. Così G. Verna, S. Verna, La liquidazione delle società di capitali, Padova, 2008, p. 54. Secondo diversa opinione, che qui si ritiene di condividere, la congruità del lasso temporale tra accertamento della causa di scioglimento e assemblea deve essere valutata nel caso concreto, guardando alle dimensioni dell’impresa, così P. Ghinnoni Crivelli Visconti, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, in Il Codice Civile Commentario, P. Schlesinger (diretto da), Milano, 2021, p. 184.

[6] Parificazione che emerge, invero, anche dal primo comma dell’art. 2365, in materia di s.p.a., il quale precisa che «L’assemblea straordinaria delibera sulle modificazioni dello statuto, sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori e su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza».

[7] I quali risultano già tutelati, nella fase attiva dell’ente, dall’integrità del capitale sociale. Così M. E. Gallesio Piuma, I poteri dell’assemblea di società per azioni in liquidazione, Milano, 1986, p. 112.

[8] Così anche F. Fimmanò, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, Milano, 2011, p. 163, secondo cui le decisioni ex art. 2487 non possono essere ricondotte «nell’alveo delle modificazioni statutarie».

[9] A seguito della liquidazione i soci tornano ad acquistare, nel tipo s.p.a., un potere di indirizzo rilevante, cfr. A. Rossi, Art. 2487, in Il nuovo diritto delle società, A. Maffei Alberti (a cura di), Padova, 2005, p. 2197.

[10] Per un confronto tra la disciplina attuale e quella previgente si rinvia a F. Fimmanò, L. Traversa, Scioglimento, liquidazione ed estinzione delle società di capitali alla luce della riforma, in Rivista del Notariato, n. 2/2004, pp. 315 e ss. 

[11] Si tratta di impianto successivo alla riforma del 2003, in precedenza le disposizioni in materia di liquidazione erano sparse disorganicamente all’interno del codice, come rilevato da L. Scipione, La nuova disciplina delle operazioni straordinarie, Milano, 2006, p. 450.

[12] La letteratura in tema di quorum assembleari è sterminata. Per una più puntuale analisi ci si limita a rinviare, per le s.p.a., a AA. VV., Assemblea – Amministrazione, in Il nuovo diritto delle società Liber amicorum Gian Franco Campobasso, P. Abbadessa, G.B. Portale (diretto da), Milano, 2007 e, per le s.r.l., a M. Cian, G. Giannelli, F. Guerrera, M. Notari, G. Palmieri, Le decisioni dei soci, Le modificazioni dell’atto costitutivo, in Trattato delle società a responsabilità limitata, C. Ibba, G. Marasà (diretto da), Padova, 2009.

[13] Di seguito, per maggiore comodità, ci si riferisce unicamente alle disposizioni previste per le s.p.a. che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.

[14] Invero, il quarto comma dell’art. 2369 esclude la possibilità di prevedere, in seconda convocazione, maggioranze più elevate «per l’approvazione del bilancio e la nomina e la revoca delle cariche sociali». Tuttavia, la ratio di tale disposizione si rinviene nella volontà di evitare una possibile paralisi dell’attività gestionale nel corso della vita della società e, dunque, una causa di scioglimento: dal momento che in fase di liquidazione una causa di scioglimento si è già verificata, la disposizione non si applica alla nomina dei liquidatori. In questo senso v. Cassazione civile, sez. I, 24 febbraio 2014, n. 4388. Dello stesso avviso anche Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamenti societari, Massima J.A.21, 1° pubbl. 9/11 – motivato 9/11.

[15] Nello stesso senso P. Ghinnoni Crivelli Visconti, op. cit., p. 195; G. Racugno, Il procedimento di liquidazione della s.r.l., in Società, 2012, p. 1043. Tuttavia, contra, nonostante la lettera della norma, F. Fimmanò, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, Milano, 2011, p. 169; Comitato interregionale dei consigli notarili delle Tre Venezie, Orientamenti societari, Massima J.A.4, 1° pubbl. 9/04 – modif. 9/05. La dottrina sul punto risulta divisa, per ulteriori riferimenti v. P. Ghinnoni Crivelli Visconti, op. cit., p. 195, note 40, 41 e 42.

[16] In particolare, lo statuto disponeva che «Le deliberazioni assembleari aventi ad oggetto le modificazioni dell’atto costitutivo, la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale o una rilevante modificazione dei diritti dei soci, lo scioglimento della società, devono essere adottate con il voto favorevole di tanti soci che rappresentano i 2/3 del capitale sociale. Tutte le altre deliberazioni devono essere adottate con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino la maggioranza del capitale sociale».

[17] L’interpretazione letterale del Tribunale di Milano, peraltro, sembra conforme ad una precedente pronuncia della Suprema Corte, secondo cui «l’art. 2487 c.c., comma 1 prevede espressamente che sulla nomina dell’amministratore l’assemblea deliberi con le maggioranze previste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto, ovvero con le medesime maggioranze stabilite dai soci per l’approvazione di ogni altra Delib. dell’assemblea straordinaria». Cfr. Cassazione civile, sez. I, 24 febbraio 2014, n. 4388.

[18] Con tale espressione il Tribunale sembra riferirsi alle disposizioni previste dagli artt. 2368 e 2369, per le s.p.a., e dall’art. 2479-bis per le s.r.l., nonché alle disposizioni con cui i soci abbiano autonomamente previsto quorum deliberativi generali, non riferibili a specifiche materie.

[19] Alla medesima conclusione, seppur con una diversa argomentazione, sembra giungere anche una parte della dottrina, cfr. C. A. Busi, Assemblea e decisioni dei soci nelle società per azioni e nelle società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto dell’economia, E. Picozza, E. Gabrielli (diretto da), Padova, 2008, p. 241. In particolare, secondo tale Autore, poiché le materie indicate all’art. 2487 consentirebbero ai soci di decidere su una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale e dei diritti dei soci medesimi, ciò comporterebbe la necessità di applicare a dette decisioni i quorum previsti per le modifiche statutarie.

[20] Gli esempi all’interno del codice sono innumerevoli. Ci si limita a qualche ulteriore esempio: il secondo comma dell’art. 2465, in materia di acquisto di beni in natura dei soci, fa riferimento alle decisioni adottate «a norma dell’articolo 2479»; il primo comma dell’art. 2475, in materia di nomina degli amministratori, parla di «decisione dei soci presa ai sensi dell’articolo 2479». Questa tecnica di rinvio si rinviene anche all’art. 2258, secondo comma; all’art. 2409-duodecies, quinto comma; all’art. 2457, primo comma; all’art. 2514, secondo comma.

[21] Analogamente si veda l’art. 2446, in materia di riduzione del capitale per perdite, il quale richiama «le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria»; così anche il quarto comma dell’art. 2449, in tema di società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici, il quale parla di delibera adottata mediante «le maggioranze previste per l’assemblea ordinaria». Questa tecnica di rinvio si ritrova anche all’art. 2456, primo comma; all’art. 2460; all’art. 2521, quinto comma.

[22] In dottrina si è osservato proprio come la peculiare formulazione dell’art. 2487, si debba alla necessità di disciplinare tipi maggioranze relative a tipi sociali diversi, v. D. Vattermoli, Le accomandite per azioni all’alba del nuovo millennio, in Rivista delle società, 2007, p. 699. L’opinione è diffusa, v. ex multis, M. Vaira, Art. 2487, in Il nuovo diritto societario, G. Cottino, G. Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti (diretto da), Bologna, 2008, p. 2073.

[23] In dottrina, con riferimento all’art. 2487, si è parlato di scelta del legislatore «quasi inevitabile, a meno di ricorrere a più barocche perifrasi e distinzioni», così A. Santus, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali nella riforma del diritto societario, in Rivista del Notariato, n. 3/2003, p. 617.

[24] In questo senso sembra deporre C. Pasquariello, Art. 2487, in Commentario breve al diritto delle società, A. Maffei Alberti (diretto da), Milano, 2017, p. 1579.

[25] Con riferimento all’art. 2487-ter, tuttavia, una parte della dottrina ha sostenuto l’applicabilità a quest’ultimo delle maggioranze previste dalla legge per la modifica dello statuto, cfr. G. Racugno, op. cit., p. 1046.

[26] Così L. De Angelis, La trasformazione eterogenea a dieci anni dalla riforma del diritto societario, in Giurisprudenza Commerciale, n. 3/2014, p. 486. In senso conforme: O. Cagnasso, Art. 2500-sexies, in Il nuovo diritto societario, G. Cottino, G. Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti (diretto da), Bologna, 2008, pp. 2267 e 2268; D. U. Santosuosso, Art. 2500-sexies, in Società di capitali Commentario, III, G. Niccolini, A. Stagno d’Alcontres (a cura di), Napoli, 2004, p. 1923. Secondo tale ultimo Autore, «In questi casi, come del resto pacifico, le maggioranze saranno quelle previste dalla legge e dall’atto costitutivo per le modifiche dello statuto, salvo che lo statuto medesimo non preveda maggioranze ad hoc per la trasformazione».

[27] Di trasformazione quale modifica statutaria si parlava già prima della riforma del 2003, cfr. F. Scardulla, La trasformazione e la fusione delle società, in Trattato di diritto civile e commerciale, A. Cicu, F. Messineo (diretto da), Milano, 200, p. 123.

[28] Non si può, dunque, parlare di coincidenza tra modifica dello statuto e decisione ex art. 2487, tuttavia, nel silenzio dello statuto, non sembra errato sostenere una certa sovrapponibilità tra questi diversi tipi di decisioni.

[29] Con riferimento alle s.p.a., parla di «normali maggioranze» previste per l’assemblea straordinaria, R. Santagata, Le fusioni, in Diritto Commerciale, M. Cian (A cura di), Torino, 2014, p. 758.

[30] Ciò salvo il caso in cui la fusione non comporti comunque delle modifiche statutarie, in questo caso sarà necessaria una decisione adottata con le maggioranze eventualmente previste dallo statuto, così Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 21 – Ipotesi di quorum rafforzati nelle deliberazioni di fusione o scissione (artt. 2502 e 2506-ter, c.c.), 22 marzo 2004. Si noti, in ogni caso, che anche la fusione costituisce una vicenda modificativa degli atti costitutivi delle società che prendono parte alla medesima.

[31] L’art. 2500-octies, secondo comma, infatti recita: «La deliberazione di trasformazione deve essere assunta […] nelle società consortili e nelle associazioni con la maggioranza richiesta dalla legge o dall’atto costitutivo per lo scioglimento anticipato».

[32] In particolare, si noti come il quadro disciplinare in materia di liquidazione (artt. dal 2484 al 2496) sia il risultato complessivo della novella del 2003, volta a razionalizzare e semplificare la procedura estintiva delle società di capitali.

[33] In particolare, si prevedeva per tutte le altre deliberazioni un quorum pari alla maggioranza del capitale sociale.

[34] La portata residuale dell’art. 2487 è pacifica in dottrina, per tutti P. Ghinnoni Crivelli Visconti, op. cit., p. 187.

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