Con ordinanza 4 febbraio 2025 n.2730 la Corte di Cassazione torna ad approfondire il tema della disciplina delle regole di condotta nella prestazione dei servizi di investimento, affrontando un contenzioso in materia di vendita di azioni sorto in pendenza del regime pre MiFID, con particolare riferimento ai requisiti di forma – scritta, ad substantiam – del contratto quadro ex art 23 D. Lgs. 58/1998 (TUF).
In particolare, riprendendo l’orientamento espresso con la pronuncia delle Sezioni Unite 898/2016, ribadisce che il concetto di forma scritta prevista a pena di nullità per il contratto quadro debba essere inteso in senso funzionale, con riguardo alle finalità dello stesso e quindi alla protezione dell’investitore.
Di conseguenza, non è nullo il contratto redatto per iscritto sottoscritto dal solo cliente, allorché gliene sia consegnata una copia.
Peraltro, tale requisito della forma scritta ad substantiam riguarda solo la parte esteriore del contratto e la modalità espressiva dell’accordo, non estendendosi alla consegna del documento, talché, anche se omessa, non implica nullità contrattuale.
Nella stessa pronuncia la Corte affronta poi il tema della ripartizione dell’onere probatorio tra intermediario e investitore nel caso di asserita violazione degli obblighi informativi.
Da un lato, si precisa che grava sull’intermediario la prova di avere agito con la specifica diligenza richiesta e, pertanto, di avere informato correttamente il cliente, con particolare riferimento alla natura dell’investimento, e questo indipendentemente da ogni valutazione di adeguatezza dell’investimento medesimo.
Dall’altro lato, la Cassazione ricorda che l’investitore, nel caso in cui lamenti la violazione di obblighi informativi, deve allegare l’inadempimento di tali obblighi da parte dell’intermediario, tramite l’individuazione, anche sintetica ma circostanziata, delle informazioni che quest’ultimo avrebbe omesso di fornire.