Con sentenza del 10 settembre 2024, il Tribunale di Venezia (Pres. Tosi, Rel. Bassi) ha chiarito come, laddove il socio “conferisca” (in senso atecnico) prodotti alla società cooperativa, il pagamento del prezzo da parte di quest’ultima non costituisce, nemmeno “indirettamente”, una distribuzione di riserve.
La corresponsione di tali somme, infatti, trova la propria causa in un vero e proprio contratto di scambio e non nel rapporto sociale.
Nel farlo aderisce all’orientamento della Corte di Cassazione, da ultimo espresso da Cass. 14850/2024, secondo cui nelle società cooperative, «il rapporto attinente al conseguimento dei servizi o dei beni prodotti dalla società ed aventi ad oggetto prestazioni di collaborazione o di scambio tra socio e società si palesa ulteriore rispetto a quello relativo alla partecipazione all’organizzazione della vita sociale ed è caratterizzato non dalla comunione di scopo, ma dalla contrapposizione tra quelle prestazioni e la retribuzione o il prezzo corrispettivo […] Di conseguenza, nella specie, ciò che rileva non è il rapporto associativo volto allo scopo comune ma prevale il rapporto di scambio che determina l’insorgere, a carico del socio, dell’obbligo di provvedere al conferimento […] e, in capo alla società, dell’obbligo di pagamento del suddetto conferimento, prestazione quest’ultima che rappresenta il corrispettivo della consegna […], la cui causa, dunque, risulta del tutto omogenea a quella della compravendita».
Secondo questa impostazione, coesistono nella società cooperativa due distinti rapporti contrattuali: uno di natura propriamente sociale e uno di carattere sinallagmatico, qualificabile come un contratto di scambio.
Il Tribunale conclude che il bilancio sociale deve evidenziare «il costo relativo ai conferimenti effettuati dai soci nel corso dell’esercizio in esame, non potendo detti costi essere azzerati con conseguente riversamento in capo al socio conferente dell’intero rischio di impresa, di talché la mancata esposizione di detto costo in bilancio è in violazione dei principi di veridicità e correttezza di cui all’art. 2423 c.c.».