Con Sentenza n. 28222 del 4 novembre 2024, la Sez. II civile della Corte di cassazione, nel richiamare le precedenti della medesima Sezione (Sentenze nn. 34695/2023, 34472/2023, 34466/2023 e 34465/2023), ha ribadito i seguenti cinque principi di diritto con riferimento al – corretto – esercizio dei poteri sanzionatori da parte della Consob nel caso di prospetti contenenti informazioni inesatte o fuorvianti:
- «il momento dell’accertamento – ai fini della decorrenza del termine di centottanta giorni per la contestazione ex art. 195, comma 1, TUF – che presuppone un’attività istruttoria, non coincide con quello dell’acquisizione del fatto nella sua materialità da parte dell’autorità di vigilanza, ma è quello in cui l’autorità ha completato l’attività istruttoria finalizzata a verificare la sussistenza o meno dell’infrazione. In altre parole: “constatazione del fatto” e “accertamento del fatto” sono due concetti diversi»;
- «l’accertamento dell’illecito amministrativo in materia bancaria e di intermediazione finanziaria non s’indentifica nella fine dell’attività ispettiva o commissariale, ma si colloca in un momento successivo, da valutare a seconda delle particolarità del caso concreto»;
- «spetta all’autorità amministrativa, e non al giudice, decidere se avviare o meno un’attività di indagine; al giudice compete esclusivamente controllare se il provvedimento sanzionatorio sia stato adottato in un tempo ragionevole e, a tal fine, deve valutare la superfluità ex ante, e non la congruità ex post, dell’indagine amministrativa prodromica all’adozione del provvedimento sanzionatorio»;
- «nel caso in cui […] intervengano le due autorità di supervisione, Banca d’Italia e Consob, si deve presumere, fino a prova contraria, che l’autorità non ispezionante sia in grado di apprezzare le irregolarità riscontrate dall’altro organo di vigilanza quando riceve da quest’ultimo i rilievi ispettivi o i provvedimenti sanzionatori adottati dall’autorità procedente»;
- «nel caso in cui […], all’esito della verifica ispettiva da parte di Banca d’Italia, la banca sia sottoposta ad amministrazione straordinaria, si presume iuris tantum che Consob sia in grado di apprezzare le irregolarità riscontrate da Banca d’Italia nel momento in cui riceve i rapporti periodici dei commissari straordinari o del comitato di sorveglianza, o quando le vengano comunicati i provvedimenti sanzionatori adottati da Banca d’Italia, rilevanti anche ai fini della vigilanza sulla trasparenza e sulla correttezza dei comportamenti della banca demandata alla Commissione».
In particolare, un esponente aziendale di una banca assoggettata a procedura di risoluzione impugnava presso la Corte d’Appello di Firenze il provvedimento con cui la Consob applicava nei suoi confronti le sanzioni amministrative per aver «omesso qualsivoglia iniziativa finalizzata a garantire – a seguito delle lettere della Banca d’Italia del 24 luglio 2012 e del 3 dicembre 2013 – un’idonea, coerente ed aggiornata mappatura dei propri strumenti finanziari, che si è tradotta nell’assenza di effettività delle misure previste per lo svolgimento della verifica di adeguatezza dei titoli di propria emissione rispetto ai bisogni e alle esigenze della clientela servita».
Il provvedimento impugnato riguardava, perciò, le violazioni compiute dal singolo esponente per aver omesso tutte le iniziative necessarie per impedire le (e rimediare alle) carenze della banca nella prestazione di servizi di investimento verso la propria clientela.
La Corte di Appello di Firenze, nel giudizio di prime cure, accoglieva la domanda e disponeva l’annullamento dei provvedimenti sanzionatori ritenendo che l’Autorità fosse decaduta dal potere di irrogare le predette sanzioni per decorso del termine massimo per la conclusione del procedimento sanzionatorio.
Il giudice di prime cure ha, infatti, ritenuto che la contestazione della Consob fosse ormai tardiva in quanto avvenuta solo nel 2016, mentre i fatti per cui si procedeva erano: (i) avvenuti tra il 2012 e il 2014; e (ii) conosciuti dall’Autorità, al più tardi, dal 2014 in virtù delle informative inoltrate dalla Banca d’Italia sull’imminente crisi dell’intermediario e delle relazioni fornite dalla medesima banca sempre nel 2014 (relazioni sulla cui base sarebbe già stato possibile rilevare le violazioni poi contestate).
Mette conto notare, inoltre, che il giudice di prime cure avrebbe fondato il proprio convincimento anche alla luce della normativa in materia di prospetti (e dei corrispondenti provvedimenti sanzionatori adottati dall’Autorità per le medesime vicende).
Il giudice di prime cure avrebbe, infatti, ritenuto che il controllo preventivo sui prospetti informativi e la vigilanza sugli intermediari nella prestazione dei servizi di investimento riguardanti la vendita degli strumenti finanziari di propria emissione siano due momenti di una unitaria attività di vigilanza, con conseguente cumulo inscindibile del termine di cui all’art. 195, comma 1, TUF.
Poiché il procedimento sarebbe stato avviato a oltre due anni di distanza dal momento in cui l’Autorità aveva acquisito informazioni sui predetti fatti (2016), il giudice di prime cure ha ritenuto tardiva l’iniziativa dell’Autorità e, dunque, la sua decadenza per violazione del termine di cui all’art. 195, comma 1, TUF.
Di conseguenza, la Consob ha proposto ricorso per cassazione rilevando, in primo luogo, la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione (a causa della contraddizione tra provvedimento impugnato e le argomentazioni del giudice a sostegno del suo annullamento).
La Consob ha, inoltre, evidenziato di aver ricevuto i rilievi ispettivi svolti dalla Banca d’Italia solamente a partire dal 2016, essendo perciò in condizioni di avviare una istruttoria e di contestare le violazioni rilevate in esito alla predetta istruttoria solo a partire da questo momento.
Dopo aver dichiarato infondati i motivi proposti dalla Consob relativi alla nullità della sentenza impugnata, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Autorità e disposto il rinvio alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione.