Due i principi di diritto affermati dalla decisione con riferimento a una materia tanto importante in pratica, quanto poco frequentata da giurisprudenza e dottrina. Il primo attiene ai presupposti del diritto del debitore sancito dalla norma dell’art. 39, comma 5, del testo unico. E si sostanzia nell’affermare chiaramente che la norma contiene due fattispecie, distinte e non comunicanti: la prima parte della norma contempla un’ipotesi di riduzione della somma iscritta che opera automaticamente, per effetto del pagamento di una quinta parte del debito; l’altra parte prevede invece una restrizione dei beni ipotecati, che opera a richiesta del debitore nel caso di sufficienza del valore dei beni residui rispetto al rapporto massimo richiesto dalla normativa fondiaria, che non suppone un apposito pagamento del debitore (come pretendeva la banca). L’altro principio sta nell’affermazione che la scelta dell’immobile da liberare compete al creditore, ma questi deve comportarsi secondo buona fede e ragionevolezza (la prima parte di questa ultima affermazione ben può lasciare perplessi; essa è basata sul rilievo che “occorre riconoscere” al creditore la “possibilità di verificare l’effettiva tenuta della garanzia così ridotta”: così facendo, però, si sottomette il diritto del debitore alla discrezionalità del creditore contro l’evidente tenore testuale della norma, tanto più che la verifica del rispetto dei presupposti di legge potrebbe dispone di vie di verifica assai più neutre e imparziali di quelle date dalla scelta del “creditore”).
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