WEBINAR / 23 Gennaio
La tutela dei dati personali dei clienti della banca

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 20/12


WEBINAR / 23 Gennaio
La tutela dei dati personali dei clienti della banca
www.dirittobancario.it
Giurisprudenza

Sul protesto levato al correntista, firmatario dell’assegno in nome altrui

9 Ottobre 2024

Sentenza segnalata da Prof. Avv. Ugo Ruffolo

Cassazione Civile, Sez. I, 02 ottobre 2024, n. 3221 – Pres. Marulli, Rel. Terrusi

Di cosa si parla in questo articolo

La Prima Sezione della Corte di Cassazione, con sentenza del 2 ottobre 2024, n. 3221, si è pronunciata in materia di protesto di assegno bancario recante una firma di traenza differente da quella del titolare del conto corrente sul quale l’assegno risultava tratto.

La Corte, cassando integralmente la sentenza della Corte di Appello di Bologna, ha ribadito come, in tale ipotesi, debba escludersi la legittimità del protesto levato nei confronti del correntista, poiché il soggetto cartolarmente obbligato è unicamente chi ha sottoscritto l’assegno.

La Cassazione, nella propria motivazione, ricorda che l’assunzione di un’obbligazione cartolare in nome altrui, anche in caso di rappresentanza organica di una società, suppone l’apposizione della sottoscrizione con l’indicazione della qualità, ancorché senza l’uso di formule sacramentali e con le sole modalità idonee a rendere evidente ai terzi l’avvenuta assunzione dell’obbligazione per conto di altri.

Nel caso di specie si trattava della collocazione della firma cambiaria sotto il timbro di una società, circostanza che di solito è sufficiente a rivelare la volontà del sottoscrittore di impegnarsi non in proprio ma in rappresentanza di quella.

La Corte, sul punto, afferma quindi il seguente principio di diritto:

sono requisiti per la valida assunzione di una obbligazione cambiaria in nome altrui, ai sensi dell’art. 11 l. ass., sia l’esistenza di una procura o di un potere ex lege, sia l’apposizione della sottoscrizione con l’indicazione della qualità, ancorché senza l’uso di formule sacramentali e con le sole modalità idonee a rendere evidente ai terzi l’avvenuta assunzione dell’obbligazione per conto di altri, come nel caso di collocazione della firma cambiaria sotto il timbro di una società, sufficiente a rivelare la volontà del sottoscrittore di impegnarsi in rappresentanza dell’ente.

Conseguentemente, è all’ente che deve rivolgersi il beneficiario del titolo, salva l’eccezione, proponibile soltanto dal rappresentato, del difetto o eccesso di rappresentanza del sottoscrittore.

Nella fattispecie in esame, pertanto, la Corte d’appello ha ritenuto acquisito il fatto che l’assegno era stato emesso con firma del sottoscrittore persona fisica sotto il timbro della società: che tale circostanza non fosse accompagnata dall’indicazione del medesimo come “amministratore”, non è decisivo.

La Corte d’appello non ha escluso, e anzi in apparenza ha dato per ammesso, di poter individuare essa stessa, come firmatario dell’assegno, il sottoscrittore quale amministratore della società; per la Corte di Cassazione, ne deriva che “è errato l’intero argomentare dell’impugnata sentenza”.

Infatti, prosegue, a fronte di un assegno emesso in nome della società, mai il protesto in questione si sarebbe potuto considerare legittimo: è vero che l’assegno era stato tratto su un conto corrente della persona fisica sottoscrittrice; tuttavia, ove la firma di traenza indichi un nome diverso dal titolare del conto corrente, tale che non sia in alcun modo possibile ingenerare nella banca trattaria il dubbio dell’apparente riferibilità dell’assegno al predetto titolare, non vi è ragione di elevare il protesto a suo nome, giacché è sufficiente, al fine di conservare l’azione di regresso contro gli obbligati, che il protesto sia levato a nome di colui che risulta aver emesso l’assegno.

In questa prospettiva, aggiunge la Corte, non c’è neppure l’interesse a conoscere il nome del titolare del conto su cui l’assegno è tratto, né la sua solvibilità, in quanto non in lui, ma nel soggetto al quale riferire il titolo, è da individuare colui che si è obbligato per la relativa somma.

Pertanto, accertata la circostanza della firma dell’assegno sotto il timbro della società, ha errato la corte d’appello nel ritenere legittimo il protesto nei confronti del ricorrente persona fisica per “mancanza totale o parziale di fondi”.

La Corte conclude infine che la soluzione fatta propria dalla sentenza non è neppure sostenibile in forza del collaterale assunto di presunta identità di conseguenze della insufficiente giacenza di fondi sul conto sul quale (per errore) l’assegno era stato tratto: le conseguenze non sono affatto uguali, visto che il protesto in sé non può (e non deve) essere elevato contro il correntista quando il modulo sia stato sottoscritto – quale che sia il conto – in nome di un soggetto diverso da lui.

Di cosa si parla in questo articolo

WEBINAR / 23 Gennaio
La tutela dei dati personali dei clienti della banca

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 20/12

Iscriviti alla nostra Newsletter