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Con la sentenza in esame in esame, la Corte si sofferma sui limiti del giudicato endofallimentare ex art. 96, comma 5, l.fall. e sugli effetti sulla successiva fase di riparto.
In particolare, la Corte precisa che il giudicato endofallimentare, che si realizza con il decreto di esecutività dello stato passivo, riguarda soltanto l’an, il quantum e l’esistenza o meno di titoli di prelazione; solo, invece, nella fase successiva di riparto, si terrà conto della graduazione dei privilegi secondo l’ordine stabilito dall’art. 2777 c.c. e seguenti.
Proprio in tale ottica, la Corte rammenta il precedente (v. Corte Cost. n. 176 del 13 luglio 2017) che ha stabilito il principio secondo cui una legge retroattiva che introduca nuovi privilegi assiste anche i crediti sorti anteriormente, anche se lo stato passivo sia già stato approvato (quindi anche dopo che si sia formato il giudicato endofallimentare), purché non sia già definitivo il riparto dell’attivo fallimentare, che costituisce un limite invalicabile “che rende intangibili i riparti dell’attivo eseguiti nel corso della procedura”.
Quanto sopra salvo, ovviamente, eventuali domande di revocazione ex art 144 l.fall., che permettono di chiedere la restituzione ai creditori dei pagamenti non dovuti.