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Giurisprudenza

Sul termine ultimo per l’insinuazione al passivo del credito sorto successivamente alla sentenza di fallimento

31 Marzo 2020

Avv. Domenico Siracusa

Cassazione Civile, Sez. VI, 11 marzo 2020, n. 6991 – Pres. Scaldaferri, Rel. Ferro

Di cosa si parla in questo articolo

Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione si sofferma sull’individuazione del termine ultimo per la trasmissione della domanda di ammissione al passivo di un credito sopravvenuto, cioè sorto dopo la sentenza di fallimento.

La questione nasce dal fatto che l’art. 101 l. fall., nel disciplinare i termini per la presentazione delle domande di ammissione tardive di crediti, non distingue tra crediti sorti prima e dopo la sentenza di fallimento. In generale, infatti, l’articolo in esame prevede che le “domande di ammissione al passivo di un credito…trasmesse al curatore oltre il termine di trenta giorni prima dell’udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono considerate tardive”.

Una interpretazione restrittiva della norma porterebbe a sostenere, quindi, che le domande trasmesse successivamente a dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo debbano, di per sé, considerarsi inammissibili (salvi i casi in cui il ritardo sia dipeso da causa non imputabile al creditore).

Una tale interpretazione non tiene in considerazione che nuovi crediti possono sorgere durante la procedura fallimentare, con la conseguenza che il termine di 12 mesi dal deposito del decreto di esecutività potrebbe essere già scaduto alla data del sorgere del credito. Ciò può avvenire, come nel caso in esame, quando sia stato instaurato un giudizio per la revoca di un atto pregiudizievole ai creditori (il quale, ragionevolmente, diventa definitivo successivamente al termine sopramenzionato di 12 mesi).

In linea con un orientamento ormai consolidato (v. tra le altre, Cass. Civ. n. 16218/2015, n. 20310/2018, n. 18544/2019, n. 28799/2019), la Corte di Cassazione precisa che, da un lato, il termine di decadenza di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo non trova applicazione per i crediti sopravvenuti e, dall’altro, che tuttavia il termine non si può considerare illimitato ma “va ricavato dal sistema dell’ordinata ed egualitaria opportunità di partecipazione al concorso che deve appartenere a qualunque creditore posteriore, sia esso prededucibile, prelatizio o chirografario”.

Tale termine, secondo la Corte, è individuabile nei dodici mesi decorrenti dal momento in cui il diritto di credito diviene esercitabile (rectius: dal momento in cui è possibile presentare domanda di insinuazione); nel caso in esame, dal momento in cui la sentenza di revocatoria è passata in giudicato.

 

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