In data 10 febbraio 2016, il Tribunale di Ferrara, si è pronunciato circa lo stato di insolvenza della banca Carife S.p.a., in liquidazione coatta, su ricorso proposto dalla medesima. Le vicende che hanno segnato l’iter di tale Banca, a partire dal maggio 2013, non hanno, infatti, lasciato «seri dubbi» circa l’«irreversibilità» della condizione in cui versava.
Nella specie, in data 27 maggio 2013, la Carife veniva sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria, nel tentativo di garantire continuità aziendale. A fronte di un deficit di Fondi Propri rispetto ai ratios patrimoniali di vigilanza, è stato deliberato un aumento di capitale riservato al FITD (Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi), per il ripristino dei medesimi. Delibera, il cui corso è stato, però, ostacolato dal parere sfavorevole dell’organo di controllo bancario comunitario. Sottoposta, nel novembre 2015, alla procedura di risoluzione ai sensi dell’art. 32 D.Lgs. 16 novembre 2015, n. 180, la Banca, nel mese successivo, ha riscontrato un deficit patrimoniale per complessivi 433 milioni di euro. È stata, dunque, predisposta la procedura di liquidazione coatta ex art. 38, comma 3, D.Lgs. sopra richiamato e ex artt. 80 ss. del TUB.
Preso atto di questo iter, il Tribunale, ha constatato come la condizione all’esito di tale procedura risultasse invariata rispetto all’assetto patrimoniale alla data di apertura della medesima(*). Per l’effetto, posto che l’irreversibilità della banca e la definitiva incapacità di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni sono emersi quali dati incontestabili, il Tribunale ha proceduto a dichiarare lo stato di insolvenza.
(*) Tale situazione, nella specie, consisteva in: assenza di titolarità di elementi attivi; titolarità di sole passività costituite dal debito verso il Fondo di Risoluzione (provvisoriamente pari a € 443 milioni), dal debito nei confronti di portatori di obbligazioni subordinate (€ 34.000.200,00), oltre a eventuali ratei di interessi.