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Giurisprudenza

Sull’impugnazione e sospensione dell’efficacia della delibera di esclusione del socio accomandatario di s.a.s.

14 Ottobre 2019

Arianna Guercini, dottoranda in Economia e diritto dell’impresa (Business&Law) presso l’Università di Bergamo

Tribunale di Padova, 9 agosto 2019 – G.U. Marani

Il prossimo 21 novembre si terrà a Milano il Convegno di rassegna di giurisprudenza ed orientamenti notarili in materia societaria organizzato da questa Rivista. Per maggiori informazioni si rinvia al link indicato tra i contenuti correlati.

Con la pronuncia in esame, il Tribunale di Padova ha confermato il provvedimento di sospensione dell’efficacia di una delibera assembleare, già emesso inaudita altera parte.

Nel caso di specie, si trattava della delibera di esclusione del socio accomandatario da una società in accomandita semplice.

In via preliminare, il giudice ha rigettato l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata notifica della domanda di arbitrato nel termine previsto dall’art. 2287, comma 2, c.c., affermando che “il termine di 30 giorni previsto dall’art. 2287 c.c. deve considerarsi rispettato anche quando entro il mese decorrente dalla comunicazione della delibera di esclusione la parte impugnante abbia (come nel caso di specie) depositato la domanda di arbitrato presso l’organismo individuato dalla clausola compromissoria”.

Con riferimento al merito, il giudice ha evidenziato, innanzitutto, di poter “valutare la legittimità della delibera di esclusione alla luce dei soli fatti in essa indicati, con conseguente irrilevanza delle condotte tenute in precedenza, ma in essa non indicate (con la precisazione che è sufficiente anche un’indicazione per sommi capi, non essendo necessaria un’analitica descrizione dei fatti, purché però tale indicazione sia idonea a far comprendere le ragioni della rottura del rapporto fiduciario). Sono del pari irrilevanti le condotte tenute successivamente alla delibera impugnata”.

Quanto, invece, ai motivi di esclusione, il Tribunale di Padova ha affermato che non costituisce circostanza idonea a legittimare l’esclusione del socio accomandatario il fatto che quest’ultimo abbia percepito del denaro – attraverso bonifici emessi dal conto corrente della società – se il medesimo svolge il proprio lavoro a tempo pieno senza ricevere uno stipendio, in quanto non può pretendersi che l’accomandatario lavori gratuitamente senza neppure coprire le spese. Il socio accomandatario, poi, può legittimamente prelevare denaro dal conto corrente della società, potendo egli gestire le somme per finalità sociali senza particolari vincoli.

Infine, il giudice ha confermato il provvedimento di sospensione dell’efficacia della delibera de qua ravvisando il periculum in mora nella lesione della posizione gestoria dell’accomandatario che quest’ultimo sarebbe costretto a subire laddove la delibera di esclusione divenisse efficace.

Da ultimo, il giudice ha ribadito che, secondo quanto previsto dall’ art. 2320, comma 3, c.c., il socio accomandante ha solo il diritto di ricevere la comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite e di controllarne l’esattezza mediante la consultazione dei libri e degli altri documenti della società. Quindi, l’accomandante può verificare la regolarità della gestione sociale solo al termine dell’annualità, non potendo esercitare tale gestione nel periodo intermedio (escludendo così che, nel caso di specie, potesse essere censurato l’impedimento all’accesso alla documentazione contabile per le attività di verifica e di controllo richiesto dall’accomandante nel mese di aprile).


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