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Giurisprudenza

Sull’irrilevanza degli interessi moratori ai fini del computo del tasso usurario

11 Dicembre 2018

Avv. Massimo Mazzola, Ph.D. – Assegnista di ricerca in diritto dell’economia nell’Università di Trento

Tribunale di Rovereto, 16 novembre 2018, n. 273 – G.U. Adilardi

Di cosa si parla in questo articolo

Il Tribunale di Rovereto, con sentenza del 16 novembre 2018, n. 273 (estensore – Pres. dott. Giulio Adilardi), ha statuito, con ricco apparato motivazionale, l’irrilevanza degli interessi moratori ai fini del computo del tasso usurario.

La pronuncia è d’interesse, ponendosi in aperta antitesi con l’indirizzo da ultimo maturato in sede di legittimità, con la recentissima ordinanza, sub n. 27442, emessa dalla III Sezione, lo scorso 30 ottobre 2018: in quest’ultimo arresto, infatti, si è al contrario affermata la piena assoggettabilità dell’interesse moratorio alla disciplina dettata in materia di usura e, in particolare, all’art. 644 c.p. (ancorché, in tale pronuncia, sia stato puntualizzato che, sul piano rimediale, la sanzione applicabile, a fronte dell’eventuale superamento del tasso soglia, varrebbe a determinare l’applicazione del tasso legale, e non la disciplina di cui all’art. 1815 c.c., specificamente dedicata ai soli interessi corrispettivi).

Il giudice roveretano pone a sostegno della propria conclusione diverse argomentazioni, che possono così compendiarsi:

i) sussisterebbe un’aperta incompatibilità, sul piano funzionale (i.e. della causa in concreto), tra interessi corrispettivi, quale naturale frutto del credito, e interessi moratori, che costituiscono, sul piano della prassi commerciale e, ancor prima, sotto il profilo tecnico-giuridico, una componente risarcitoria determinata dalla mancata tempestiva restituzione di capitale e interessi alla data prestabilita: dal combinato disposto, di cui agli artt. 1218 e 1224 c.c., può desumersi che non possa appiattirsi la funzione assolta dai tassi moratori alla mera remunerazione del capitale in condizioni di fisiologia, ricollegandosi questi, piuttosto, all’inadempimento del debitore e alla responsabilità che da tale evento discende;

ii) la stessa dizione dell’art. 644 c.p. (“chiunque (…) si fa dare o promettere (…) in corrispettivo di una prestazione di denaro (…) interessi (…) usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000”), renderebbe evidente, già sul piano letterale, l’esclusione dei tassi moratori dal computo del tasso soglia, facendo espresso riferimento alla sola funzione corrispettiva degli interessi soggetti al limite dell’usura;

iii) impropria sarebbe la valorizzazione dei lavori preparatori della l. n. 24/2001, (che convertì in legge il d.l. 394/00, recante l’interpretazione autentica dell’art. 644 c.p.), basata sulla relazione che accompagnò, nella XIII legislatura, l’esame in aula del d.d.l. n. S-4941, ove si legge, al § 4, che il decreto aveva lo scopo di chiarire come si dovesse valutare l’usurarietà di qualunque tipo di tasso di interesse, “sia esso corrispettivo, compensativo o moratorio”: il richiamo ai lavori preparatori, nei termini in cui ne ha fatto uso la S.C., finirebbe per attribuire a questi valore preminente, e non meramente sussidiario, rispetto alla volontà obiettiva della legge stessa, quale risulta dal dato letterale e dall’intenzione del legislatore, intesa come volontà oggettiva della norma (voluntas legis);

iv) l’inclusione dell’interesse moratorio non sarebbe nemmeno desumibile dalla ratio della legge 7 n. 108/96, atteso che – pur potendosi in thesi condividere il fatto che tale normativa sia stata emanata per risolvere le questioni applicative relative alla utilizzazione del criterio oggettivo o soggettivo e del rilievo della condizione e qualità personale delle parti – non vi sarebbe ragione perché l’introduzione di un criterio oggettivo debba senz’altro far deporre per l’inclusione dell’interesse moratorio, e non possa ritenersi, più correttamente, riferito al solo interesse corrispettivo: invero, un tanto permetterebbe comunque perfettamente di rispondere alla necessità di individuare una soglia di usura sulla base di criteri oggettivi;

v) a tutto concedere, qualora si volessero considerare entrambe le categorie di interesse assoggettabili alla verifica del tasso soglia, quest’ultimo andrebbe necessariamente e preventivamente aggiornato, includendovi altresì la media degli interessi moratori, mentre allo stato attuale detto tasso è calcolato sulla base dei soli interessi corrispettivi. E’ vero, infatti, che l’inclusione dei tassi moratori nel computo dell’usura varrebbe a significare un’aperta incompatibilità tra l’usura civilistica e la funzione risarcitoria del danno patrimoniale assicurata dalla mora del debitore, che è istituto senza dubbio integrante l’ordine pubblico dell’ordinamento civile (tra le altre, Corte Cost., sent. n. 109/1957): infatti, qualora, del tutto legittimamente, il tasso di interesse corrispettivo corrispondesse al tasso medio trimestralmente rilevato, sarebbe esclusa qualsiasi prospettiva risarcitoria in caso di inadempimento del debitore, finendo così per escludersi irrazionalmente la responsabilità contrattuale, con limitato riferimento, peraltro, ad una sola categoria contrattuale.

Il dibattito, con buona pace del ruolo nomofilattico assegnato alla S.C., rimane, dunque, più che mai aperto.

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