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Dossier

Sull’uso «abnorme» della CIV

A proposito di ABF Milano, n. 4971/2015

12 Ottobre 2015

Redazionale

ABF Milano, 18 giugno 2015, n. 4971 – Pres. Lapertosa – Rel. Girino

Conto corrente – Affidamento – Commissione di istruttoria veloce – Uso «abnorme» della CIV – Effettività dell’attività istruttoria – Nullità della clausola – Obbligo di restituzione

Laddove la frequenza di applicazione della CIV sia tale da indicare che la stessa non sia stata preceduta da una effettiva attività istruttoria (non essendo commercialmente e organizzativamente, prima ancora che logicamente, concepibile lo svolgimento di istruttorie ogni 2-3 o addirittura, per certi periodi, 1 giorno lavorativo), deve ritenersi che la banca abbia considerato – contro lo spirito e la lettera della legge – la CIV medesima quale equipollente di altre commissioni invalse nella prassi bancaria pregressa e non più coerenti con il dettato dell’art. 117-bis T.U.B. Ne consegue, ai sensi del combinato disposto dei commi 2 e 3 di tale articolo, la nullità della clausola e, per l’effetto, l’obbligo dell’intermediario di riaccreditare con giusta valuta al cliente l’integrale importo addebitato a tale titolo.

 

1.- Nel contesto della decisione in esame, che nel complesso tocca un’articolata serie di questioni, viene in peculiare rilievo la vicenda relativa all’«applicazione abnorme di una commissione di istruttoria veloce (CIV)», che ha portato l’Arbitro a dichiararne la nullità e, per l’effetto, l’obbligo dell’intermediario di riaccreditare al cliente l’importo addebitato a tale titolo. Nella decisione in commento l’Arbitro ha pure affrontato, tra le altre cose, la questione relativa alla coesistenza, nel medesimo contratto, della «indennità di sconfinamento (IS)» e della commissione per disponibilità creditizia («CDC»), secondo una prassi che pure è di frequente applicazione pratica.

2.- Per quest’ultimo profilo non occorre spendere, in verità, troppe parole. Richiamando il proprio orientamento in materia, l’Arbitro ha dunque ribadito che «la commissione per la messa a disposizione di somme su un conto affidato, comunque denominata, è impeditiva della contemporanea introduzione di una commissione volta alla remunerazione dello sconfino. La seconda parte del comma 1 dell’art. 2/bis [D. L. 185/2008] richiede infatti che la commissione di messa a disposizione sia “onnicomprensiva”, il che esclude che nello stesso contratto convivano entrambe le tipologie di commissione».

In effetti, la contestuale previsione (e la successiva applicazione), nell’ambito del medesimo rapporto, tanto di una commissione remunerativa della messa a disposizione dell’accordato, tanto di una commissione per lo sconfinamento, oltre a essere priva di causa concreta, determina un indebito e ingiustificato arricchimento per l’intermediario, in quanto costituisce una inammissibile duplicazione del servizio prestato (così, in particolare, ABF Milano, 26 gennaio 2012, n. 273, ABF Milano, 23 novembre 2012, n. 3936).

3.- Come detto, l’Arbitro si è pure soffermato sulla frequenza dell’applicazione della CIV, ritenuta per l’appunto «abnorme» e, pertanto, affetta da nullità. Tematica, quest’ultima, che continua a rimanere di stretta attualità e che si manifesta davvero sintomatica delle modalità dell’agire di una certa frangia delle imprese bancarie.

«Dalla documentazione in atti» – rileva dunque l’Arbitro – «emerge che la CIV controversa è stata applicata … 36 volte nel 4° trimestre 2012, 42 volte nel 1° trimestre 2013, 12 volte nel 2° trimestre 2013, 24 volte nel 3° trimestre 2013 e 3 volte nel quarto trimestre 2013, dunque per un totale di 117 volte nel volgere di 15 mesi, il che equivale ad una media una volta ogni meno 4 giorni di calendario ossia ogni 2-3 giorni lavorativi (media che cresce impressionantemente nel 4° trimestre 2012 e nel 1° trimestre 2013 assestandosi a un’applicazione ogni 2-2,5 giorni di calendario, dunque ogni 1-1,5 giorni lavorativi)» (il corsivo è frutto di una aggiunta).

Tale frequenza, prosegue l’Arbitro, «appare un chiaro indice della circostanza che, con ogni più fondata probabilità, l’applicazione della commissione non sia stata affatto preceduta da una … effettiva attività istruttoria non essendo commercialmente e organizzativamente, prima ancora che logicamente concepibile lo svolgimento di istruttorie ogni 2-3 o addirittura, in certi periodi, 1 giorno lavorativo (a tacer del fatto che uno sconfinamento continuo di tal natura, ove non ritenuto tollerabile [dall’intermediario] senza accertamenti specifici, non avrebbe potuto continuare per un così ampio periodo)». Da ciò, il «fondato sospetto che, in realtà, e contro lo spirito e la lettera della legge, la banca … abbia nei fatti considerato la CIV una sorta di equipollente di altre commissioni invalse nella prassi bancaria pregressa e non più coerenti con il nuovo dettato dell’art. 117-bis T.U.B.».

Quella in esame è decisione tutt’altro che isolata. In effetti, lo stesso criterio di ragionevolezza non può che condurre a ritenere, nel caso di continui e reiterati sconfinamenti, che l’istruttoria venga espletata solo qualora vi sia il sospetto che le condizioni patrimoniali del cliente siano significativamente mutate. Per contro, «non è credibile che ogni giorno, nell’arco di un breve tempo (p. es. tre giorni), la banca, che consente uno sconfino/scoperto, procede a una nuova istruttoria; né è verosimile che ogni giorno per cui si protrae lo sconfino/scoperto monitora le condizioni patrimoniali del cliente» (così, ABF Milano, 9 marzo 2012, n. 708).

Dalle pronunce dell’Arbitro in materia emerge dunque netta una tendenza, nella prassi bancaria, favorevole all’utilizzo abnorme, e contrario al disposto normativo, della commissione di istruttoria veloce, che pare assumere i tratti di un compenso (e di rilevante montare, nella sua ripetuta applicazione, anche per il cliente[1]). In altre parole, la stessa pare concepita come un accessorio fisso del fatto di sconfinamento, come tale dovuto ex se.

Sovente, infatti, le clausole predisposte dalle banche prevedono l’applicazione della CIV al verificarsi di ogni operazione di addebito sul conto corrente che, in sede di registrazione contabile, generi una situazione di mancanza di disponibilità̀ di fondi del conto stesso: si tratta di conformazione che, nella sostanza, rende la CIV «una sorta di equipollente di altre commissioni, variamente denominate (indennità di sconfinamento, penale per sconfino, etc.) invalse nella prassi bancaria in epoca antecedente all’introduzione dell’art. 117 bis T.U.B.» (ABF Roma, 16 maggio 2014, n. 3260).

In effetti, l’applicazione della CIV anche quando lo sconfinamento risulta invariato (o ridotto rispetto al giorno precedente) determina senz’altro «un vero e proprio cambiamento della funzione della CIV», che diventa una «vera e propria penale applicabile giornalmente in ragione del mero fatto oggettivo del permanere dello sconfinamento» (così, ABF Napoli, 10 marzo 2014, n. 1377; per un’altra fattispecie concreta in cui la commissione è stata addirittura applicata a casi di «riduzione dello sconfinamento», v. ABF Milano, 14 maggio 2014, n. 3016). In altre parole, ove si attesti l’utilizzo abnorme della CIV, «appare del tutto verosimile che la stessa sia stata erroneamente considerata dalla banca quale indennità avente funzione risarcitoria analoga ad una penale predeterminata» (ABF Roma, 16 maggio 2014, n. 3197)[2].

4.- Sul punto, occorre tenere in dovuta considerazione la circostanza che, così come disciplinata dall’art. 117-bis T.U.B., la CIV assume «natura di spesa, non certo di compenso: lo dicono i parametri identificativi che sono fissati dalla norma; lo conferma, d’altro canto, lo stesso richiamo causale all’“istruttoria”, attività rispetto alla quale una prestazione corrispettiva (di compenso, appunto) da parte del cliente non pare neppure concepibile» (Dolmetta, Lo sconfinamento su richiesta del cliente, in I contratti, 2015, n. 6, p. 622)[3].

Da ciò non può che derivare, in capo alla banca, «l’onere di provare la presenza non solo dei presupposti che la legittimino in via astratta (presenza di un patto ad hoc; ricorrere di uno sconfinamento strutturalmente passibile di istruttoria), ma anche quello di avere effettivamente posto in essere un’istruttoria per quel dato sconfinamento. Trattandosi di spesa, altresì, la dimensione del prelievo (pattuito e) applicato dalla banca si misura – per sua natura – sull’effettivo del costo sopportato (variante à forfait compresa)» (ivi).

Occorre chiedersi, dunque, «se la CIV spetti alla banca ogni volta che essa comunque la espleti o se, per contro, solo quando si manifesti ragionevolmente utile e opportuna in concreto; con l’aggiunta variante – è naturale – che un conto è l’uso, un altro l’abuso. Ora, se si scende appena un poco da tale grado di astrazione, viene subito da interrogarsi sulla ragione per cui un’impresa dovrebbe fare una (veloce) istruttoria fidi a ogni piè sospinto. Certo, può essere un eccesso di prudenza. Ma si può pure sospettare che si tratti, in parte, della ricerca di un facile guadagno» (ivi).

Sulla scorta di queste considerazioni, la soluzione adottata dall’Arbitro nel caso di specie appare non solo senz’altro corretta, in quanto conforme alla ratio del disposto normativo nonché ai principi cardine di correttezza e buona fede, ma pure un monito a che la corrente operatività venga a cessare da certe prassi perverse.



[1] Nella fattispecie di cui alla decisione in esame, «in seguito all’introduzione della commissione di istruttoria veloce (CIV) la ricorrente si era vista addebitare € 19.850,00 a titolo commissionale oltre a € 397,50 di spese a forfait».

[2] Sul punto, v. anche, con particolare riferimento alle carte revolving, Ferro-Luzzi – Oliveri, Le (nuove?) commissioni bancarie, in Banca, borsa e titoli di credito, 2012, I, p. 619.

[3] Sulla CIV v. anche, tra gli altri, Mirone, La trasparenza bancaria, Padova, 2012, p. 83 ss.; Sciarrone Alibrandi, Le clausole di remunerazione degli affidamenti, in Age, 2011, p. 169 ss.; Colombo, Gli interessi nei contratti bancari, Roma, 2014, n. 147 ss.; Stilo, La commissione di massimo scoperto dal “decreto anti-crisi” al cd. “Decreto Salva Italia”, in I contratti, 2012, p. 75 ss; Centini, Remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti: l’art. 117-bis TUB e la legge sulle liberalizzazioni, in I contratti, 2012, p. 290 ss.


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