Con sentenza n. 22608/2024, la Corte di Cassazione si è espressa sulla possibilità per le società veicolo SPV di detrarre l’IVA portata dalle fatture loro emesse per le prestazioni consulenziali rese nell’ambito delle operazioni di leveraged buy out.
Nel caso esaminato, in particolare, una SPV costituita in funzione dell’acquisto tramite finanziamento bancario di una quota rilevante di azioni di una controllata, aveva richiesto, prima di essere estinta a seguito di fusione per incorporazione con la società target, l’espletamento di attività consulenziale a soggetti residenti in Italia e in Paesi UE ed extra UE.
Con riferimento alle prestazioni rese da questi ultimi la società aveva applicato il regime di inversione contabile previsto dall’art. 17, co. 2 del D.P.R. n. 633/1972, laddove invece, con riferimento alle prestazioni rese dai professionisti italiani, la SPV non aveva esercitato il diritto alla detrazione, salvo poi presentare istanza di rimborso ex art. 21, co. 2 del D. Lgs. n. 546/1992.
L’Agenzia delle Entrate, non ritenendola qualificabile quale soggetto passivo IVA, negava il diritto al rimborso, posto che, a suo avviso, detta società non aveva mai esercitato, nel corso della sua esistenza, una concreta attività economica.
Il ricorso della società avverso il diniego di rimborso veniva accolto in primo grado, con sentenza confermata in grado d’appello dalla Commissione Tributaria Regionale.
La Cassazione, dopo aver inquadrato l’operazione nel c.d. merger leveraged buy out ha evidenziato che l’acquisizione del pacchetto azionario da parte della SPV attraverso il ricorso a fonti esterne di finanziamento deve essere considerata quale attività preparatoria all’esercizio dell’attività economica, rappresentando una mera fase transeunte e strumentale alla fusione della società veicolo con la società target.
Sulla base di tali considerazioni, la Corte ha ritenuto la SPV un soggetto passivo IVA evidenziando che “per il principio di neutralità immanente al regime dell’IVA, le spese d’investimento effettuate ai fini di un’operazione orientata all’esercizio finale dell’attività produttiva si iscrivono nel perimetro delle attività economiche” e ciò, a prescindere dal fatto che le stesse siano effettuate prima, ovvero in costanza dell’effettivo svolgimento dell’attività economica.
Successivamente, dopo aver richiamato il principio secondo cui “nel contesto delle operazioni di merger leveraged buy out, le SPV sono società costituite allo scopo assorbente della realizzazione dell’acquisizione (con indebitamento) di una società target e della successiva fusione della stessa, e svolgono quindi un’attività di natura preparatoria rispetto alla rilevazione del controllo della società-obiettivo e alla susseguente gestione della relativa azienda”, espresso dalla CGUE nella causa C-249/17 e C-42/19 in materia di detraibilità dell’IVA dei c.d. “transaction cost” relativi ai servizi di consulenza ricevuti da una holding mista al fine dell’acquisizione di partecipazioni di una società, la Corte ha osservato che “i costi sostenuti dalla società veicolo, benché anteriormente alla fusione non si risolvano in una interferenza diretta nella gestione societaria della controllata che implichi l’effettuazione di operazioni soggette a IVA, nondimeno appaiono intimamente preparatori dell’esercizio dell’attività economica e del suo rafforzamento” essendo gli stessi finalizzati alla prosecuzione dell’attività economica della società target.
Infine, dopo aver richiamato alcuni precedenti nei quali veniva richiesta unicamente l’inerenza del costo ai fini della detraibilità dell’IVA e non anche il concreto esercizio dell’impresa, ha statuito che “le attività preparatorie costituiscono pur sempre esercizio di un’attività economica e, conseguentemente, anche l’acquisto dei beni e dei servizi necessari alla costituzione delle condizioni necessarie perché l’attività economica tipica dell’impresa possa concretamente iniziare devono considerarsi strumentali e inerenti allo svolgimento della futura attività economica”.