Con pronuncia n. 11859 del 6 maggio scorso, la Suprema Corte ha confermato il proprio orientamento secondo cui la liquidazione del compenso dovuto al legale che abbia assistito, in fase stragiudiziale, il danneggiato, coinvolto in un sinistro stradale, siccome disposta dalla Compagnia (v. art. 3, d.l. 23 dicembre 1976, n. 857 e ss.mm., riprodotto all’art. 148, co. 11, d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209), è priva di efficacia esterna rispetto al rapporto d’opera professionale corrente tra questi ultimi, avendo tale disciplina, quale propria esclusiva finalità, l’emersione del reddito maturato dal professionista (v., in precedenza, Cass. civ., sez. II, 23 settembre 2010, n. 20099).
In altri termini, il liquidatore, in sede di definizione stragiudiziale del sinistro, non può – salvo, ovviamente, diverso accordo tra le parti – stabilire in maniera vincolante anche il compenso che il danneggiato è tenuto a corrispondere al legale che ha condotto le trattative nel relativo interesse.