Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione si sofferma sulla possibilità di riproporre la domanda di insinuazione al passivo da parte del cessionario di un credito già ammesso al passivo e che, successivamente alla dichiarazione di esecutività, sia stato oggetto di rinuncia all’ammissione da parte del cedente. Da qui sorgeva l’interesse del cessionario a riproporre la domanda di insinuazione al passivo per vedere riconosciute le proprie ragioni creditizie.
Più in particolare, la Corte analizza la natura della rinuncia all’insinuazione al passivo: in altri termini, la Corte valuta se tale azione del creditore comporti non solo una rinuncia al procedimento, ma una vera e propria rinuncia sostanziale a far valere il credito.
Sul punto, la Corte sottolinea chiaramente la “natura procedimentale della rinuncia all’insinuazione al passivo” ricavandone, per l’effetto, la possibilità di riproporre la domanda relativa al medesimo credito, in applicazione del principio generale desumibile dall’art. 310 c.p.c. (“L’estinzione del processo non estingue l’azione”).
La suddetta norma, applicabile anche alle procedure concorsuali, manifesta la profonda differenza tra i due istituiti dell’estinzione del processo e dell’estinzione dell’azione, avendo solo quest’ultimo effetti preclusivi sulla riproposizione della domanda.