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Approfondimenti

Sulla neutralità dell’operazione di fusione di fondi esteri per gli investitori

16 Marzo 2018

Avv. Alberto Fuccio e Dott. Raffaele Villa, Adv. LL.M., EY Studio Legale Tributario

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa

Con risposta ad interpello, formulato da un UCITS management company irlandese, comunicata all’istante il 26 febbraio 2018 (protocollo n. 954-1726/2017), l’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Coordinamento, ha confermato la neutralità fiscale in capo agli investitori fiscalmente residenti in Italia di vicende modificative del patrimonio di OICVM irlandesi gestiti dall’istante, soggetti alla disciplina della Direttiva UCITS IV 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 (“Direttiva UCITS IV”). In particolare, si trattava di OICVM multicomparto di tipo aperto costituiti in Irlanda, aventi forma di trust (unit trust), ed autorizzati dalla Banca Centrale dell’Unione Europea.

Come precisato dall’istante, le ragioni economiche sottese a tali operazioni erano rappresentate dalle possibili economie di scala ottenibili attraverso l’ampliamento della dimensione e della gamma di prodotti di ciascun comparto oggetto di tali operazioni. In altri termini, l’istante avrebbe potuto accrescere i propri livelli di efficienza operativa e di efficacia delle strategie di investimento, con evidenti vantaggi per gli investitori, sia in termini di costi che di rendimenti.

2. La questione controversa

La questione circa l’imponibilità ovvero la neutralità di operazioni modificative del patrimonio di OICVM esteri non è risolta legislativamente, in quanto né l’articolo 10-ter della Legge 23 marzo 1983, n. 77, riguardante, inter alia, il trattamento fiscale dei proventi realizzati su fondi esteri da parte di investitori residenti ai fini fiscali in Italia, né altre disposizioni di legge disciplinano, in positivo o in negativo, tale fattispecie; non solo, salvo quanto si dirà infra, sono assenti anche specifici chiarimenti di prassi e posizioni giurisprudenziali.

Invero, si rileva che l’unico precedente di prassi sin ora registratosi riguarda la fusione di OICVM aperti armonizzati istituiti in Italia; in particolare, si vuole fare riferimento alla risoluzione 1° marzo 2004, n. 25/E. In merito alla fattispecie analizzata in tale risoluzione, seppur in vigenza di un differente quadro normativo caratterizzato, da un lato, dalla previsione di un’imposizione sostitutiva del 12,5% gravante sul risultato di gestione del fondo italiano e, dall’altro, dall’esclusione dei proventi da esso distribuiti dalla formazione del reddito imponibile dei percettori diversi dalle imprese, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che la prospettata operazione di fusione non fosse civilisticamente configurabile quale operazione intersoggettiva, bensì come operazione avente natura riorganizzativa. Conseguentemente, non comportando un’interruzione dei servizi di gestione, l’Agenzia ha concluso nel senso della neutralità fiscale di tale fusione. Infine, si ricorda che le conclusioni della risoluzione appena citata sono state riflesse nella Circolare 15 luglio 2011, n. 33/E, con riguardo alle “fusioni cosiddette “nazionali” – ossia tra OICVM stabiliti nel medesimo Stato membro quando almeno uno degli OICVM sia commercializzato in uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine – ovvero di fusioni cosiddette “meramente nazionali”, vale a dire quelle fusioni che interessano OICVM costituiti nel medesimo Stato membro e non commercializzati in via transfrontaliera […].”

Diversamente da quanto appena esposto, la fattispecie sottoposta all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate ed oggetto del presente elaborato riguardava distinte operazioni di fusione: da un lato, la fusione di tutti i comparti di un OICVM irlandese in un secondo OICVM irlandese e, dall’altro lato, la fusione di alcuni comparti di un OICVM irlandese in altri comparti del medesimo OICVM.

La fusione tra comparti diversi del medesimo OICVM è la vicenda modificativa del patrimonio di OICVM, considerata neutrale alla stregua di una fusione tra due differenti OICVM, che rappresenta l’elemento di novità e di pregio dell’interpello stesso.

2.1 L’inquadramento civilistico regolamentare della fattispecie

Al fine di giungere a tali conclusioni circa la neutralità di tali eventi (i.e. escludendo la natura realizzativa dei medesimi), l’Agenzia delle Entrate ha preliminarmente condiviso la ricostruzione del sostrato normativo civilistico regolamentare, sia a livello nazionale (i.e. artt. 40-bis e 40-ter del Decreto Legislativo n. 24 febbraio 1998, n. 58, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria – “TUF”) che dell’Unione Europea (i.e. la citata Direttiva UCITS IV), prospettata dall’interpellante, affermando che, sulla base della citata normativa, possono costituire oggetto di un’operazione di “fusione” non solo due o più OICVM ma anche diversi comparti di un unico OICVM.

Tale conclusione, oltre ad essere sorretta da un’interpretazione strettamente letterale delle citate previsioni civilistiche regolamentari, è avallata dalla circostanza per la quale la “fusione tra comparti” genera i medesimi effetti della fusione tra OICVM, oltre ad essere implementata con la medesima procedura e con le medesime garanzie previste per quest’ultima dalla Direttiva UCITS IV.

Invero, nei relativi progetti di fusione, era previsto che:

  1. le banche depositarie dei comparti coinvolti verificassero il rispetto della disciplina prevista dalla Direttiva UCITS IV per le fusioni e che periti indipendenti validassero il rapporto di cambio tra le quote detenute nei comparti incorporati e quelle dei comparti incorporanti (ex articolo 42 della Direttiva UCITS IV);
  2. gli investitori dei comparti coinvolti avrebbero preventivamente ricevuto una specifica comunicazione nella quale sarebbero state riepilogate le modalità di effettuazione dell’operazione, gli impatti della stessa ed i diritti loro spettanti; il contenuto della predetta comunicazione sarebbe stato verificato e validato dall’autorità di vigilanza irlandese (ex articolo 43 della Direttiva UCITS IV);
  3. assolti tutti i preventivi obblighi, informativi, legali e regolamentari, le attività e passività dei comparti destinati ad essere incorporati sarebbero state trasferite ai comparti incorporanti e, parallelamente, gli investitori dei primi avrebbero ricevuto le quote emesse dai secondi, per un importo corrispondente al valore, alla data della fusione, delle quote possedute nei comparti incorporati;
  4. di contro, agli investitori che non avessero inteso aderire alla fusione sarebbe stato garantito il rimborso delle quote, dietro apposita richiesta entro una data prestabilita, comunque antecedente il perfezionamento della stessa fusione (ex articolo 45 della Direttiva UCITS IV).

Orbene, alla luce di quanto appena esposto, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che, al pari della fusione tra due OICVM, la fusione tra comparti comporta l’estinzione del precedente comparto di OICVM, definito “OICVM oggetto di fusione”, ed il trasferimento totale delle relative attività e passività, che confluiscono nell’altro comparto del medesimo OICVM, definito “OICVM ricevente”, con assegnazione di quote ai partecipanti dell’OICVM oggetto di fusione di valore equivalente alle quote precedentemente detenute.

2.2 L’elencazione degli eventi imponibili: art. 10-ter della Legge n. 77 del 1983

Chiarito l’inquadramento civilistico regolamentare della fattispecie in esame, si ricorda che la disciplina tributaria dei redditi derivanti da OICVM istituiti all’estero è contenuta nel citato articolo 10-ter della Legge n. 77 del 1983.

In particolare, le disposizioni dettate da tale norma disciplinano il trattamento tributario in capo ad investitori fiscalmente residenti in Italia dei redditi derivanti da partecipazioni in:

  1. organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) di diritto estero conformi alla Direttiva 2009/65/CE del 13 luglio 2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio (“Direttiva UCITS IV”), istituiti negli Stati membri dell’Unione Europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella white list di cui al Decreto Ministeriale 4 settembre 1996 (“White List”), le cui quote o azioni sono collocate nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 42 del TUF (comma 1);
  2. organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) di diritto estero, diversi dagli OICR immobiliari, non conformi alla Direttiva UCITS IV e il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della Direttiva 2011/61/UE dell’8 giugno 2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio, istituiti negli Stati membri dell’Unione Europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella White List e le cui quote o azioni sono collocate nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 42 del TUF (comma 2);
  3. organismi di investimento collettivo del risparmio di diritto estero, diversi dagli OICR immobiliari e da quelli di cui ai precedenti punti 1 e 2 (comma 6).

Quanto alle modalità tramite le quali tali redditi sono sottoposti ad imposizione, si rileva che, con riguardo ai percettori persone fisiche non imprenditori fiscalmente residenti in Italia, al di fuori dei casi previsti ai precedenti punti 1 e 2, relativamente ai quali è prevista una imposizione a titolo definitivo del 26%, i redditi derivanti dalla partecipazione ai predetti OICVM ed OICR sono soggetti ad imposizione progressiva ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Quanto, invece, alle fattispecie imponibili al verificarsi delle quali è prevista l’imposizione di cui al periodo precedente, si ricorda che l’articolo 10-ter prevede, inter alia, un’elencazione tassativa degli eventi che possono dar luogo ad imposizione in capo ai partecipanti.

In maggiore dettaglio, il primo comma dell’articolo 10-ter prevede che siano soggetti ad imposizione:

  1. i proventi distribuiti in costanza di tali partecipazioni; e
  2. i proventi compresi nella differenza tra il valore di riscatto, di cessione, di liquidazione delle quote o azioni ed il costo medio ponderato di sottoscrizione o acquisto delle medesime.

Il successivo comma 3 introduce due ulteriori eventi impositivi, precisando che “Ai fini dell’applicazione delle ritenute di cui ai commi 1 e 2 si considera cessione anche il trasferimento di quote o azioni a diverso intestatario. Ai medesimi fini si considera rimborso la conversione di quote o azioni da un comparto ad altro comparto del medesimo organismo di investimento collettivo.”

Dalla formulazione letterale dell’articolo 10-ter risulta che gli investitori fiscalmente residenti in Italia possono conseguire, attraverso la partecipazione in OICR, sia redditi di capitale sia redditi diversi imponibili al verificarsi di uno dei seguenti eventi:

  1. distribuzione di proventi, in costanza della detenzione di tali partecipazioni;
  2. riscatto o liquidazione delle quote o azioni;
  3. cessione delle quote o azioni;
  4. trasferimento di quote o azioni ad un diverso intestatario;
  5. conversione di quote o azioni da un comparto ad un altro dello stesso fondo (c.d. switch).

In merito alla natura del reddito così conseguito, si ricorda che, a decorrere dal 9 aprile 2014, a seguito delle modifiche apportate dall’articolo 11, comma 1, lettere c), d) ed f), del Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 44, rispettivamente, al comma 2, al comma 3 e al comma 6 dell’articolo 10-ter, il reddito derivante dalla cessione, liquidazione, rimborso o conversione di quote o azioni di OICVM ed OICR non immobiliari, può qualificarsi come reddito diverso, ex articolo 67, comma 1, lett. c-ter) del Decreto del Presidente della Repubblica 27 dicembre 1986, n. 917 – “TUIR”, solo qualora sia di segno negativo (i.e. minusvalenza). Di converso, in caso di reddito positivo, il medesimo potrà configurarsi unicamente come reddito di capitale ex articolo 44, comma 1, lett. g), del TUIR. Ciò in quanto, al fine di semplificare il calcolo di tali redditi, le citate disposizioni hanno modificato le modalità relative alla computazione della base imponibile dei medesimi, eliminando il previgente riferimento al valore delle azioni o quote risultanti dai prospetti periodici (c.d. Net Asset value – NAV) quale parametro per individuare il costo di acquisto o sottoscrizione delle stesse. Invero, è ora previsto che “Il costo di acquisto deve essere documentato dal partecipante e, in mancanza della documentazione, il costo è documentato con una dichiarazione sostitutiva”.

3. La soluzione accolta dall’Agenzia delle Entrate

Ciò premesso, l’Agenzia delle Entrate ha confermato l’assenza tra le disposizioni dell’articolo 10-ter di previsioni che includano la fusione tra comparti di OICVM istituti all’estero tra gli eventi suscettibili di generare redditi di capitale e diversi.

Al fine di giungere a tali conclusioni, l’Agenzia delle Entrate ha condiviso in modo critico le argomentazioni avanzate dall’istante – di seguito riportate – dirette ad escludere la configurabilità, nel caso di specie, di ciascuno degli eventi considerati imponibili dal citato articolo 10-ter.

In tale contesto, è stato in primo luogo osservato che la fusione in esame non contempla alcuna distribuzione di proventi, dal momento che il concambio delle quote è effettuato in modo da attribuire agli investitori dei comparti incorporati una partecipazione nel comparto incorporante di valore pari a quella detenuta nel comparto assorbito (cfr. precedente sezione 2.2).

Inoltre, è stato affermato che tale fusione, comportando unicamente lo scioglimento dei comparti incorporati, per effetto del trasferimento delle attività e delle passività nei comparti incorporanti in capo ai partecipanti, sia un evento fiscalmente neutrale per l’investitore residente, in quanto non determina la liquidazione o rimborso delle quote dei comparti assorbiti (cfr. precedente sezione 2.2).

A tal riguardo, l’istante aveva, infatti, osservato che la radicale differenza tra fusione e liquidazione del comparto è chiaramente evidenziata anche dalla Direttiva UCITS IV, nel cui ambito di applicazione l’operazione di fusione in esame si colloca. Come espressamente stabilito dall’articolo 2, comma 1, lettera p), infatti, la fusione tra comparti di OICVM è un’operazione con la quale “i) uno o più OICVM o relativi comparti d’investimento, detti «OICVM oggetto di fusione», nel momento in cui vengono sciolti senza essere liquidati trasferiscono tutte le loro attività e passività a un altro OICVM esistente o a un relativo comparto, in seguito denominato «OICVM ricevente», in cambio dell’assegnazione di quote dell’OICVM ricevente ai detentori di loro quote […]”. Ad ulteriore conferma della differenza tra l’operazione di fusione e il rimborso delle quote, veniva invece rilevato che, come previsto dall’articolo 45 della citata Direttiva UCITS IV, gli investitori hanno facoltà di richiedere il rimborso delle quote, qualora decidano di non aderire alla fusione. In tal caso, è evidente che l’evento realizzativo – tassabile ai sensi dell’art. 10-ter – non sarà rappresentato dalla fusione, ma dal rimborso delle quote effettuato su richiesta dei sottoscrittori. Al contrario, se gli investitori accettano di mantenere la loro partecipazione nel comparto risultante dalla fusione, gli eventuali plusvalori delle quote o azioni originariamente possedute assumeranno rilevanza fiscale solo al momento (successivo alla fusione) della cessione, del riscatto o del rimborso delle quote ricevute in concambio.

Del pari, detta operazione, non traducendosi in un trasferimento delle azioni o quote dei comparti assorbiti ad intestatari diversi da quelli che originariamente le detenevano, non è configurabile quale cessione o trasferimento ad altro titolo di tali azioni o quote (cfr. precedente sezione 2.2), né è assimilabile ad altre modalità di trasferimento imponibili, quali la successione mortis causa e la donazione.

Infine, dato che nella fusione tra comparti il trasferimento delle attività e passività da un comparto (incorporato) ad un altro (incorporante) avviene senza soluzione di continuità, senza richiedere un disinvestimento e una successiva sottoscrizione, è stato chiarito come la stessa non possa configurarsi come evento imponibile, non comportando una variazione del costo fiscale delle quote degli investitori. In particolare, quest’ultima considerazione è stata utilizzata dall’Agenzia delle Entrate al fine di affermare che la fusione con conseguente estinzione del comparto incorporato nel soggetto incorporante non può altresì essere assimilata all’operazione di switch, dal momento che non si configura un’operazione di rimborso e successiva sottoscrizione di quote (cfr. precedente sezione 2.2).

A tal riguardo, si osserva che la ricostruzione seguita dall’Agenzia, secondo la quale la fusione in esame – non implicando un rimborso e una susseguente sottoscrizione di quote – non è configurabile come uno switch, deve ritenersi conferente, in quanto il regolamento della Banca d’Italia del 2015 (Titolo V, Capitolo I, paragrafo 4.2.1, nota 21), definisce le operazioni di switch come operazioni di “rimborso” e “successiva sottoscrizione”. Peraltro, si consideri che gli elementi costitutivi dell’operazione di switch – caratterizzata, si ribadisce, dal “connubio” rimborso/disinvestimento e successiva sottoscrizione di quote – riconosciuti come assenti nella fusione di cui trattasi, erano già ben noti all’Agenzia; in particolare, si fa riferimento alla Circolare 4 giugno 2013, n. 19/E, in cui è stato chiarito che “sebbene l’operazione di switch non comporti la percezione dei proventi da parte dell’investitore, il passaggio da un comparto ad altro comparto del medesimo organismo di investimento, costituendo un’operazione di disinvestimento delle quote o azioni e di reinvestimento dei proventi conseguiti, dà luogo ad imposizione dei redditi di capitale conseguiti”.

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