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Giurisprudenza

Sulla nozione di licenziamento collettivo

27 Marzo 2025

Corte di Giustizia (UE), conclusioni Avvocato Generale R. Norkus, 20 marzo 2025, C-249/24

Di cosa si parla in questo articolo

L’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia (UE) R. Norkus ha presentato il 20 marzo 2025 le proprie conclusioni nella causa C-249/24, chiarendo la nozione di licenziamento collettivo, di cui all’art. 1, par. 1, c. 1, lett. a), della Direttiva 98/59/CE, nonché l’ampiezza, il contenuto e l’attuazione nel tempo degli obblighi di informazione e consultazione sindacale, di cui all’art. 2 della Direttiva stessa.

Questa l’interpretazione della Direttiva sui licenziamenti collettivi che l’Avvocato chiede sia pronunciata dalla Corte di Giustizia:

  • L’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, dev’essere interpretato nel senso che i licenziamenti per motivi economici fondati sul rifiuto, da parte dei lavoratori, dell’applicazione al loro contratto di lavoro delle clausole di un accordo collettivo di mobilità interna possono costituire «licenziamenti», ai sensi di tale disposizione, cosicché essi devono essere presi in considerazione ai fini del calcolo previsto da detta disposizione, vale a dire il numero complessivo di licenziamenti effettuati, per valutare l’esistenza di licenziamenti collettivi.
  • L’articolo 2 della direttiva 98/59 dev’essere interpretato nel senso che l’informazione e la consultazione del comitato aziendaleprima della conclusione di un accordo collettivo di mobilità interna con le organizzazioni sindacali rappresentativepossono dispensare il datore di lavoro interessato dall’informare e consultare i rappresentanti del personale, a condizione che gli obblighi previsti da tale articolo, ivi compresi i requisiti relativi alla loro attuazione nel tempo, siano rispettati dal datore di lavoro, circostanza che spetta, in ultima analisi, al giudice del rinvio verificare.

Il procedimento principale nasceva dal licenziamento di undici lavoratori da parte di una società francese, in applicazione di una normativa nazionale in forza della quale il licenziamento del lavoratore subordinato che ha rifiutato l’applicazione al suo contratto di lavoro delle clausole di un accordo collettivo relative alla mobilità interna, è pronunciato secondo le modalità di un licenziamento individuale per motivi economici.

Sulla nozione di licenziamento collettivo

La nozione di licenziamento collettivo è definita all’art. 1, par. 1, lett. a), della Direttiva 98/59 come ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore, qualora il numero dei licenziamenti effettuati soddisfi specifici requisiti di natura quantitativa (un numero minimo di lavoratori) e temporale (in uno stesso periodo); tale nozione comprende qualsiasi cessazione del contratto di lavoro non voluta dal lavoratore e, quindi, senza il suo consenso.

L’Avvocato Generale ricorda che dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia emerge che i licenziamenti si distinguono dalle cessazioni del contratto di lavoro, ma che, in presenza dei presupposti di cui all’art. 1, par. 1, c. 2 della Direttiva 98/59, sono assimilate ai licenziamenti per la mancanza di consenso da parte del lavoratore.

La Corte ha chiarito nella sentenza Pujante Rivera che una modifica sostanziale degli elementi essenziali del contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona del lavoratore stesso, rientra nella nozione di licenziamento.

Per converso, nella sentenze Socha e a. e Ciupa e a., la Corte ha chiarito che se un datore di lavoro procede, unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, a una modifica non sostanziale di un elemento essenziale del contratto di lavoro o a una modifica sostanziale di un elemento non essenziale del contratto, per ragioni non inerenti alla persona di tale lavoratore, non può essere qualificato come licenziamento ai sensi della direttiva 98/59: a differenza causa Pujante Rivera, che verteva su una riduzione significativa della retribuzione di un lavoratore, le modifiche degli elementi essenziali o non essenziali dei contratti di lavoro in questione erano molto limitate, rispettivamente, dal punto di vista temporale o quantitativo.

Pertanto, non rientrando nella nozione di “licenziamento”, la risoluzione dei contratti di lavoro conseguente al rifiuto da parte del lavoratore, di accettare una siffatta modifica, doveva essere considerata una cessazione del contratto di lavoro verificatasi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, ai sensi dell’art. 1, par. 1, c. 2 della Direttiva 98/59.

In riferimento al caso di specie, l’Avvocato generale specifica che, quanto alla natura delle modifiche contrattuali oggetto del procedimento principale, spetta al giudice del rinvio determinare se la proposta di assegnazione ad un’altra regione sulla base dell’accordo collettivo di mobilità interna debba essere qualificata come “modifica sostanziale degli elementi essenziali” del contratto di lavoro ai sensi della giurisprudenza derivante dalla sentenza Pujante Rivera o, al contrario, quale “modifica non sostanziale di un elemento essenziale” del contratto di lavoro, o quale “modifica sostanziale di un elemento non essenziale” di tale contratto, ai sensi della giurisprudenza derivante dalle sentenze Ciupa e a. e Socha e a.

In ogni caso, l’Avvocato precisa che il luogo di lavoro costituisca un elemento essenziale del contratto di lavoro, e, per quanto riguarda il carattere sostanziale delle modifiche dei contratti di lavoro oggetto di causa è chiaro che un’assegnazione in un’altra regione può essere qualificata come “modifica sostanziale” ai sensi della giurisprudenza della Corte.

La qualificazione di tale assegnazione come “sostanziale” dipende quindi da:

  • la zona geografica in cui si trova il luogo della nuova assegnazione (in particolare qualora si tratti di un’altra regione), la distanza tra la nuova assegnazione e la zona geografica di assegnazione originaria (ove ciò comporti un cambiamento del luogo di residenza)
  • la durata prevedibile di detta assegnazione (occasionale, temporanea o permanente)
  • l’esistenza e il contenuto di una clausola di mobilità nel contratto di lavoro del lavoratore interessato
  • l’esistenza di eventuali misure di accompagnamento dirette a compensare l’assegnazione proposta.

Secondo l’Avvocato Generale, l’art. 1, par. 1, c. 1, lett. a), della Direttiva 98/59 deve essere interpretato nel senso che i licenziamenti per motivi economici, basati sul rifiuto da parte dei lavoratori di applicare al loro contratto di lavoro le clausole di un accordo collettivo di mobilità interna, possono costituire “licenziamenti”, ai sensi di tale disposizione, cosicché essi devono essere presi in considerazione ai fini del calcolo previsto da detta disposizione, vale a dire il numero complessivo di licenziamenti effettuati, per valutare l’esistenza di licenziamenti collettivi.

Sull’obbligo di consultazione sindacale

Il Giudice del rinvio chiede inoltra se l’art. 2 della Direttiva 98/59 debba essere interpretato nel senso che l’informazione e la consultazione del comitato aziendale, prima della conclusione di un accordo collettivo di mobilità interna con organizzazioni sindacali rappresentative, dispensano il datore di lavoro interessato dall’informare e consultare i rappresentanti del personale, conformemente a tale disposizione.

In base a tale norma, quando il datore di lavoro prevede di effettuare licenziamenti collettivi, deve procedere in tempo utile a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere ad un accordo: la procedura di consultazione precede qualsiasi risoluzione dei contratti di lavoro, sancendo un obbligo di negoziazione.

L’Avvocato Generale ricorda che la Corte di Giustizia aveva già evidenziato che dalla formulazione stessa dell’art. 2 risulta che le consultazioni devono svolgersi al fine:

  • di raggiungere un accordo
  • esaminare almeno le possibilità di evitare o di ridurre i licenziamenti collettivi prospettati
  • esaminare le possibilità di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali d’accompagnamento
  • permettere ai rappresentanti dei lavoratori di formulare proposte costruttive sulla base di una serie di informazioni che devono essere messe a loro disposizione dal datore di lavoro

Quanto al momento in cui decorre tale obbligo, la Corte ha precisato nella sentenza Ciupa e a. che tali obblighi devono essere attuati dal datore di lavoro nel momento in cui è stata adottata una decisione strategica o commerciale che lo costringe a prevedere o a progettare un licenziamento collettivo.

La Corte ha quindi stabilito che un datore di lavoro è tenuto a procedere alle consultazioni qualora intenda effettuare una modifica unilaterale dei contratti di lavoro interessati, poiché, in una situazione di tal genere, tale datore di lavoro deve ragionevolmente attendersi che un certo numero di lavoratori non accetti la modifica del proprio contratto di lavoro e che, conseguentemente, il loro contratto venga risolto.

Pertanto, in considerazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia citata, per l’Avvocato Generale l’art. 2 della Direttiva 98/59 deve essere interpretato nel senso che l’informazione e la consultazione del comitato aziendale, prima della conclusione di un accordo collettivo di mobilità interna con le organizzazioni sindacali rappresentative, possono dispensare il datore di lavoro interessato dall’informare e consultare i rappresentanti del personale prima del licenziamento successivo, a condizione che gli obblighi previsti da tale articolo, compresi i requisiti relativi alla loro attuazione nel tempo, siano rispettati dal datore di lavoro (circostanza che spetta verificare al giudice del rinvio).

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