La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza n. 4 del 3 gennaio 2025, si è espressa in ordine alla duplice questione della nullità di diversi contratti derivati sottoscritti da una S.r.l., per indeterminabilità dell’oggetto, e dell’illegittimità degli addebiti su conto corrente, da parte della banca, di interessi ultralegali e anatocistici.
- In tema di nullità dei contratti derivati, in estrema sintesi, sono stati espressi i seguenti principi:
La Corte d’Appello di Brescia ricorda che le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 8770/2020 hanno ritenuto che, in tema di interest rate swap occorra accertare, ai fini della validità del contratto, se si sia in presenza di un accordo tra intermediario ed investitore sulla misura dell’alea, calcolata secondo criteri scientificamente riconosciuti ed oggettivamente condivisi: accordo che investe il mark to market, ossia il costo, pari al valore effettivo del derivato ad una certa data, al quale una parte può anticipatamente chiudere tale contratto (o un terzo estraneo all’operazione può subentrarvi), ma che deve estendersi agli scenari probabilistici, e concernere la misura qualitativa e quantitativa dell’alea e dei costi, pur se impliciti.
Assumono rilievo, pertanto, i parametri di calcolo delle obbligazioni pecuniarie nascenti dall’intesa, che sono determinati in funzione delle variazioni dei tassi di interesse nel tempo.
Il tema oggetto della sentenza è, dunque, quello della nullità strutturale (art. 1418, c. 2, c.c.) inerente ad elementi essenziali del contratto e, in particolare, la nullità per indeterminabilità dell’oggetto, che rileva anche sul piano della causa del contratto, che è costituita da un’alea razionale e quindi misurabile, da esplicitare necessariamente ed indipendentemente dalla sua finalità di copertura o speculativa.
Secondo la Corte, in sostanza, la preventiva conoscibilità, ai fini della formazione dell’accordo, in ordine alla misura dell’alea ed agli elementi ed ai criteri utilizzati per la determinazione del mark to market, rileva anche sul piano causale.
Sotto questo profilo, il tema della dichiarazione ex art. 31 c. 2 del Regolamento Consob (ante MIFID) resa dal legale rappresentante della società, per cui la società “possiede una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari derivati“, è inconferente con riguardo al requisito della validità costituito dalla presenza delle indicazioni di forma/contenuto, ritenute essenziali dalla Suprema Corte, ai fini della valutazione del rischio: tale dichiarazione rileva sul piano degli obblighi informativi, non certo sulla preventiva conoscibilità, ai fini della formazione dell’accordo e della sua validità, sotto il profilo causale e di quello della determinatezza dell’oggetto, in ordine alla misura dell’alea; conoscibilità che tutti i contratti in questione non hanno consentito essendo mancanti degli elementi a ciò necessari (la Corte d’Appello richiama in questo senso anche la recente Cass. 7368/2024).
Pertanto, i contratti oggetto di causa sono nulli ed a ciò consegue la condanna della banca alla restituzione delle somme oggetto dei pagamenti effettuati a titolo di flussi finanziari, quantificati dal CTU, configurandosi un’ipotesi di indebito oggettivo.
- Per quanto concerne l’applicazione di interessi anatocistici, questi, in sintesi i principi espressi:
L’accertamento dell’illegittimità degli interessi anatocistici prescinde dalla produzione del documento contrattuale: in base all’orientamento della Suprema Corte la capitalizzazione (unicamente a debito) di interessi anatocistici – a differenza della mera determinazione di interessi a un tasso ultra-legale o della c.m.s. – è prassi di per sé illegittima, a prescindere dall’essere conseguenza di pattuizione negoziale nulla. E quindi può esser dimostrata a prescindere dalla produzione del contratto, mediante l’espletamento di una c.t.u. finalizzata a ricostruire l’andamento contabile del rapporto.
Richiamando quanto espresso dalla recente pronuncia della Cassazione, n. 33159/2023, la Corte di Brescia afferma il seguente principio:
In materia bancaria, tutto ciò che attiene alla mancata produzione dei contratti dei quali si affermi la nullità finanche solo parziale non si attaglia alla dedotta indebita applicazione dell’anatocismo, ove questa comunque risulti dagli estratti conto e scalari prodotti in giudizio e oggetto di una c.t.u.: rimarcare da tale punto di vista che in causa non siano stati prodotti i contratti contenenti la pattuizione dell’interesse anatocistico non vale a giustificare – dinanzi a una c.t.u. che sia stata comunque regolarmente esperita sui documenti contabili – il rigetto della domanda di ripetizione e di rettifica del saldo di conto.
Inoltre, anche per quanto riguarda l‘incompletezza degli estratti conto, la Corte d’appello non condivide la sentenza impugnata, poiché la Cassazione ha espresso il principio di diritto per cui in materia di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca (e dunque da lui pagato) con il saldo finale del rapporto non è tenuto a documentare le singole rimesse suscettibili di ripetizione soltanto mediante la produzione in giudizio di tutti gli estratti conto mensili, ben potendo la prova dei movimenti del conto desumersi anche “aliunde“, ovvero attraverso le risultanze dei mezzi di cognizione assunti d’ufficio e idonei a integrare la prova offerta (nella specie mediante consulenza tecnica contabile disposta dal giudice sulle prove documentali prodotte).
La Corte, in altri termini, reputa corretto il conteggio in cui il consulente d’ufficio ha fatto applicazione degli interessi legali in sostituzione degli interessi ultralegali: poiché nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la rideterminazione del saldo del conto deve avvenire attraverso i relativi estratti a partire dalla data della sua apertura, così effettuandosi l’integrale ricostruzione del dare e dell’avere, con applicazione del tasso legale, sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate, inutilizzabili, invece, rivelandosi, a tal fine, criteri presuntivi od approssimativi.