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Giurisprudenza

Sulla posizione di garanzia del datore di lavoro in caso di distacco del lavoratore

3 Maggio 2021

Enrico Pezzi, assegnista di ricerca in diritto penale presso l’Università degli Studi di Trento

Cassazione Penale, Sez. IV, 17 novembre 2020, n. 4480 – Pres. Izzo, Rel. Cappello

Di cosa si parla in questo articolo

La Quarta Sezione torna ad esprimersi sul contenuto e i limiti della posizione di garanzia del datore di lavoro per violazione dei presidi antinfortunistici nel contesto di soggetti che operano in realtà aziendali differenti, statuendo che “– in caso di distacco di un lavoratore da un’impresa a un’altra – i relativi obblighi gravano sia sul datore di lavoro che ha disposto il distacco, sia sul beneficiario della prestazione, tenuto a garantire la sicurezza dell’ambiente di lavoro nel cui ambito la stessa viene eseguita” (cfr. anche, Cass., Sez. IV, 24 giugno 2008, n. 37079).

Sul punto, anche alla luce della modifica legislativa introdotta dall’art. 3 c. 6 D.Lgs. n. 81/2008, che ha espressamente disciplinato l’ipotesi del distacco ai sensi dell’art. 30 D.Lgs. n. 276 del 2003, gli ermellini procedono a specificare il contenuto delle diverse posizioni di garanzia, evidenziando che sono a carico del distaccatario tutti gli obblighi di prevenzione e protezione, ad eccezione di quello di formare ed informare i lavoratori sui rischi tipici, che resta in capo al distaccante (in senso conforme, Cass., Sez. IV, 19 aprile 2013, n. 31300). In tale contesto, la Corte specifica inoltre che la corretta funzionalità dei presidi dei quali è stato dotato il lavoratore da parte della distaccante dev’essere garantita per tutta la durata della lavorazione, dal momento che, data la loro strumentalità rispetto ai lavori che il soggetto distaccato è chiamato a svolgere, la loro perdurante manutenzione discende da obblighi datoriali che precedono la fase esecutiva (per approfondimenti, A. Bianco, Distacco di lavoratori e normativa antinfortunistica. Le responsabilità del datore di lavoro distaccante e distaccatario in caso di infortunio del dipendente e le conseguenze in materia di responsabilità degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/01, in www.aodv231.it).

Infine, la Cassazione si sofferma, quanto alla responsabilità dell’ente, sui requisiti dell’interesse e del vantaggio ex art. 5 D.Lgs. n. 231/2001. Dopo aver ribadito il consolidato orientamento secondo cui detti criteri devono essere riferiti alla condotta del soggetto agente e non all’evento, al fine di salvaguardarne la compatibilità con il principio di colpevolezza (sul punto, Sez. Un., 24 aprile 2014, n. 38343), la sentenza si concentra sul requisito della necessaria sistematicità della violazione dei presidi antinfortunistici.

Nello specifico, tale ultimo criterio, elaborato da una parte della giurisprudenza al fine di scongiurare una lettura dei requisiti dell’interesse e vantaggio che conduca ad un’automatica responsabilità ex art. 25 septies D.Lgs. n. 231/2001 (così Cass., Sez. IV, 23 maggio 2018, n. 38363, in Dir. e pratica lav., 2018, 2470), viene invero ritenuto non conferente ai fini della responsabilità dell’ente, sulla scorta di diverse argomentazioni. In primo luogo, la necessità di una violazione sistematica è elemento non espressamente previsto dall’art 25 septies, e quindi non in grado di fondare o escludere la responsabilità della persona giuridica. In secondo luogo, gli ermellini ritengono che tale concetto risulti eccessivamente generico, dal momento che la ripetizione di più condotte violative di regole cautelari potrebbe non essere espressiva di un modo d’essere dell’organizzazione, né tantomeno consentirebbe di stabilire in termini precisi quali comportamenti debbano essere considerati rilevanti ai fini della valutazione di tale criterio (comportamenti identici, analoghi, diversi, purché collegati alla violazione di regole antinfortunistiche).

Sulla scorta di queste considerazioni, la Corte rigetta la tesi della necessaria sistematicità delle violazioni di presidi antinfortunistici quale criterio per l’ascrizione della responsabilità dell’ente, ritenendo, in adesione ad altro recente precedente (Cass., Sez. IV, 22 novembre 2020, n. 29584), ma in contrasto con diverse altre decisioni (Cass., sez. IV, 19 maggio 2016, n. 31210), che la presenza di violazioni sistematiche possa, al più, rilevare sul piano probatorio, quale possibile indizio dell’esistenza di un elemento finalistico della condotta del soggetto agente (per approfondimenti, A. Alessandri, Reati colposi e modelli di organizzazione e gestione, in Analisi giuridica dell’economia, 2009, 337 ss.; C. Santoriello, Violazioni delle norme antinfortunistiche e reati commessi nell’interesse o a vantaggio delle società, in Resp. amm. soc. enti, 2008, 3, 161 ss.).

 

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