Con ordinanza n. 8304 del 27 marzo 2024 la Corte di Cassazione (Pres. Scarano, Rel. Graziosi) si è pronunciata sull’onere della prova circa la specifica autorizzazione del fideiussore di cui all’art. 1956, primo comma, c.c., sancendo il principio per cui «non è certo sostenibile […] che una clausola negoziale […] possa esonerare il creditore garantito dall’adempimento delle fondamentali regole di correttezza/buona fede, id est dalla loro concretizzazione nell’articolo 1956 c.c., “rovesciando” i suoi derivati obblighi proprio sul soggetto – il fideiussore – che con essi la legge obbliga a tutelare.
Trattandosi, dunque, di un obbligo ineludibile da parte del creditore, è sistemicamente logico che spetta a quest’ultimo dimostrare di averlo adempiuto, ovvero dimostrare che il fideiussore, adeguatamente informato dell’oggettivo peggioramento delle condizioni patrimoniali del soggetto il cui debito il fideiussore garantisce, ha rilasciato la speciale apposita autorizzazione di cui all’articolo 1956 c.c.».
Ai sensi della norma citata, infatti, il fideiussore per un’obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore medesimo, abbia fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito.
Nel caso in esame, il fideiussore ricorreva contro la sentenza della Corte d’Appello di Milano con cui era stato rigettato il gravame avverso la sentenza di primo grado che aveva, a sua volta, rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo promossa dal fideiussore, ritenendo non provata la mancata autorizzazione di cui all’art. 1956 c.c.
Con l’ordinanza in commento la Suprema Corte ha accolto il ricorso, censurando la sentenza di merito nella parte in cui ha ritenuto che una disposizione negoziale potesse esonerare il creditore dai doveri previsti dall’art. 1956 c.c. e dal conseguente onere di dimostrare in giudizio di aver adempiuto i medesimi.