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Giurisprudenza

Sulla regolarità della notifica a mezzo pec del decreto di fissazione d’udienza e del ricorso da parte del difensore del creditore

18 Ottobre 2017

Sara Scapin

Cassazione Civile, Sez. I, 8 settembre 2016, n. 17767 – Pres. Nappi, Rel. Ferro

Con la pronuncia in esame la Corte di Cassazione ha sancito alcuni interessanti principi di diritto in materia di notificazioni in sede fallimentare. In particolare, è stato stabilito che l’avvocato del creditore ben possa validamente notificare il proprio ricorso ed il decreto di fissazione d’udienza a mezzo pec, a condizione che il difensore sia stato preventivamente autorizzato a svolgere attività notificatoria da parte del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di appartenenza.

La Suprema Corte ha, inoltre, ribadito il proprio orientamento in base al quale, anche in caso di estinzione di una società per intervenuta cancellazione dal registro delle imprese, quest’ultima rimanga parte del giudizio ai sensi dell’art. 10 L. Fall e, di conseguenza, possa ben ricevere le notifiche degli atti che la riguardano.

Nel caso di specie il socio ed amministratore unico di una spa lamentava il fatto che la Corte d’Appello avesse considerato valida la notifica dell’istanza di fallimento e del decreto di fissazione d’udienza in quanto eseguita dal difensore dell’istante a mezzo pec all’indirizzo telematico della società cancellata. Secondo il giudice di secondo grado, infatti, l’avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese non impediva che quest’ultima fosse validamente raggiunta dalla notifica presso la sua sede sociale.

La Corte, nel rigettare il predetto ricorso, rilevava anzitutto che, caso di estinzione di una società per intervenuta cancellazione dal registro delle imprese, l’art. 10 L. Fall. riconosce per mera fictio l’esistenza del soggetto collettivo, ai soli fini dell’istruttoria prefallimentare e delle successive impugnazioni. In ragione di ciò, quindi, la società estinta rimane in ogni caso parte del giudizio avente per oggetto l’impugnazione della sentenza dichiarativa del suo fallimento e, come tale, ben può ricevere la notifica degli atti che la riguardano alla sede sociale ovvero all’indirizzo, parimenti emergente dalle risultanze del registro delle imprese, corrispondente alla relativa pec.

La ratio di tali principi va rinvenuta in quanto recentemente stabilito dalla Corte Costituzionale in una propria pronuncia (sent. n. 146/2016), secondo la quale il diritto di difesa del debitore risulta adeguatamente garantito dal duplice meccanismo di ricerca della società. Quest’ultima, infatti, riceve notizia presso il suo indirizzo pec, del quale peraltro è obbligata a dotarsi, ed è inoltre tenuta a mantenere attivo il suddetto indirizzo per tutta la vita dell’impresa.

Secondo gli Ermellini, quindi, il dettato di cui all’art. 10 l. Fall., in base al quale una società cancellata dal registro delle imprese può essere dichiarata fallita entro l’anno dalla cancellazione, comporta che il procedimento prefallimentare e le eventuali successive fasi impugnatorie continuino a svolgersi, per fictio iuris, nei confronti della società estinta, non perdendo quest’ultima, in ambito concorsuale, la propria capacità processuale. Ne deriva allora inevitabilmente che il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere validamente notificato presso la sede della società cancellata, ai sensi dell’art. 145, comma 1, c.p.c.

Quanto poi alla notificazione, nel caso in esame ha trovato applicazione l’art. 15, comma 3, L. Fall. nel testo antecedente alla sostituzione operata al D. L.18 ottobre 2012, n. 179, il quale regime è stato esteso dall’art. 17 del predetto D. L. ai procedimenti introdotti dopo il 31 dicembre 2013.

Poiché, infatti, il procedimento per la dichiarazione di fallimento si incardina al momento della costituzione del rapporto processuale con l’ufficio giudiziario presso il quale vengono depositati il ricorso o la richiesta di fallimento, in quella data trovava applicazione il testo del’art.15, comma 3, L. Fall. nella sua previgente formulazione. Quest’ultima, infatti, stabiliva che il decreto di convocazione doveva essere sottoscritto dal presidente del tribunale o dal giudice relatore se vi era delega alla trattazione del procedimento ai sensi del sesto comma. Tra la data della notificazione, a cura della parte, del decreto di convocazione e del ricorso e quella dell’udienza doveva intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni.

Per tale ragione la notifica a cura della parte istante, alla luce del regime giuridico all’epoca vigente, è stata ritenuta dalla Corte validamente eseguita, in quanto non risultava necessario un apposito provvedimento giudiziale di autorizzazione.

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