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Giurisprudenza

Sulla ricorribilità in cassazione del decreto della corte di appello che rigetta il reclamo contro il decreto di diniego di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti

27 Maggio 2016

Domenico Siracusa, Trainee presso GLG & Partners

Cassazione Civile, Sez. I, 20 aprile 2016, n. 7958 – Pres. Nappi, Rel. Didone

Di cosa si parla in questo articolo

Nell’ordinanza in esame la Corte di Cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente − per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite − circa la questione della ricorribilità in Cassazione del decreto della corte di appello che rigetta il reclamo (promosso ex art. 182-bis, comma 5, L. Fall., che a sua volta richiama l’art. 183 L. Fall., in quanto applicabile) contro il decreto del tribunale di diniego di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti.

Il tema è interessante e di particolare rilievo: la decisione si pone in continuità con quanto già stabilito da una precedente ordinanza della medesima sezione della Corte (Cfr. Cass. Civ., Sez. I, n. 3472/2016 reperibile in questa Rivista), che aveva rimesso alle Sezioni Unite la questione della ricorribilità in Cassazione del decreto di diniego di ammissione al concordato preventivo (senza che sia intervenuta contemporanea o successiva dichiarazione di fallimento). Difatti, l’art. 183 L. Fall., che disciplina il reclamo nel caso di concordato preventivo – richiamato, come detto, dall’art. 182-bis, in quanto applicabile – successivamente al D.L. n. 169/2007, non prevede nulla sul ricorso in Cassazione avverso il provvedimento che omologa o respinge il concordato (a differenza del testo previgente, che lo ammetteva)[1].

Sul caso in esame, non sono riscontrabili precedenti giurisprudenziali, e la dottrina si è orientata sino ad oggi per soluzione assai differenti[2].

Innanzitutto, per valutare la ricorribilità in Cassazione è opportuno accertare la definitività e la decisorietà del provvedimento (v. Cass. Civ., Sez. I, n. 17520/2015, reperibile in questa Rivista).

Nel caso di decreto di diniego, si potrebbe legittimamente dubitare della “definitività” del provvedimento, in quanto la domanda di omologazione potrebbe comunque essere riproposta. Senonché, la medesima Sezione, nella richiamata ordinanza n. 3472/2016, limitatamente al concordato preventivo, si pronunciava così: “ci si può interrogare se corrisponda al principio costituzionale del giusto processo imporre al richiedente il concordato di presentare una nuova domanda, dando così corso ad una nuova ulteriore procedura, gravosa quanto a tempi e costi”.

La decisione delle Sezioni Unite si presenterà come un’importante discrimen e, senza dubbio, permetterà maggiore chiarezza su una questione che, fino ad oggi, è rimasta assai incerta.


[1] Per una sintesi degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali in merito alla ricorribilità in Cassazione dei provvedimenti riguardanti il concordato preventivo v. Pagni, Sub art. 183, in Commentario alla legge fallimentare, diretto da Cavallini, Milano, 2010, 861 ss.; Nardone, Sub art. 183, in Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, a cura di Nigro – Sandulli – Santoro, Torino, 2014, 525 ss..

[2] Secondo parte della dottrina il provvedimento della corte d’appello non è reclamabile con il ricorso straordinario in Cassazione (v. Nardecchia, Sub art. 182-bis, in Commentario alla legge fallimentare, diretto da Cavallini, Milano, 2010, 823 ss.). Ammette la ricorribilità in Cassazione, ma limitatamente al caso di decreto di omologa del concordato: Fabiani, Competizione fra processo per fallimento e accordi di ristrutturazione e altre questioni processuali, in Il Fallimento, 2010, 216 ss. Si ritiene in ogni caso ammissibile il ricorso in Cassazione del decreto della Corte d’Appello in punto di spese (v. D’Ambrosio, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da Fauceglia ePanzaniTorino, 2009, 1817).

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