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Giurisprudenza

Sulla sorte dei crediti non iscritti a bilancio dopo l’estinzione della società

6 Aprile 2021

Silvia Maglio, trainee lawyer presso Hogan Lovells Studio Legale

Cassazione Civile, Sez. III, 26 gennaio 2021, n. 1724 – Pres. Vivaldi, Rel. Rossetti

Di cosa si parla in questo articolo

I crediti di una società commerciale estinta non possono ritenersi rinunciati per il solo fatto che non sono stati evidenziati nel bilancio finale di liquidazione, a meno che tale omissione non sia accompagnata da ulteriori circostanze tali da non consentire dubbi sul fatto che l’omessa appostazione in bilancio altra causa non potesse avere, se non la volontà della società di rinunciare a quel credito.

Con la pronuncia in esame, la Suprema Corte affronta il tema della sorte dei crediti di una società commerciale a seguito dell’estinzione della stessa, con particolare riferimento all’ipotesi di crediti controversi non iscritti nel bilancio finale di liquidazione. Gli Ermellini prendono le mosse dalla consolidata posizione giurisprudenziale per cui, a seguito dell’estinzione di una società di capitali, si realizza un vero e proprio fenomeno successorio, cui consegue – dal lato attivo – il trasferimento pro indiviso in capo ai soci dei crediti sociali risultanti dal bilancio di liquidazione (Cass., SS.UU., Sent. n. 6070 del 12 marzo 2013).

Sulla base della citata giurisprudenza di legittimità, la sorte delle sopravvenienze attive e dei crediti non risultanti dal bilancio di liquidazione non può essere stabilita ex ante, in applicazione di una regola generale e uniforme, né tantomeno sulla base di rigidi automatismi correlati all’iscrizione o meno della posizione giuridica attivanel bilancio finale di liquidazione. Al contrario, il trasferimento del credito non iscritto a bilancio in capo ai soci deve accertarsi sulla base di una valutazione da condursi caso per caso, in base alle peculiarità della fattispecie di volta in volta considerata.

Se è vero, infatti, che l’illiquidità del credito e la conoscenza del liquidatore circa l’esistenza del medesimo, al momento della redazione del bilancio di liquidazione, possono costituire elementi atti a costituire un indice, in via presuntiva, della volontà della società di rinunciare alla posizione creditoria considerata in caso di mancata appostazione all’attivo, non si può ignorare che la remissione del debito, quale causa di estinzione delle obbligazioni, esige che la volontà abdicativa del creditore sia espressa in maniera inequivoca. Un comportamento tacito, pertanto, può ritenersi indice della volontà del creditore di rinunciare al proprio credito solo quando non possa avere aaltra giustificazione razionale, se non quella di rimettere al debitore la sua obbligazione.

Di conseguenza, pur potendosi ammettere, in astratto, una rinuncia dei crediti considerati da parte della società in liquidazione, tale volontà abdicativa non potrà mai desumersi, in via automatica, dal solo rilievo che i crediti de qua non sono stati appostati nel bilancio di liquidazione (Cass. civ., sez. I, Sent. n. 9464 del 22 maggio 2020), in quanto tale circostanza, unitariamente considerata, non possiede i requisiti di inequivocità sopra richiamati. Al contrario, il giudice di merito sarà tenuto a verificare che la mancata appostazione in bilancio sia accompagnata dal compimento di atti o da comportamenti di per sé idonei a indicare un’inequivocabile volontà abdicativa, o che non sia comunque ascrivibile a ragioni diverse da una rinuncia al credito, quali ad esempio l’intenzione dei soci di cessare al più presto l’attività sociale, la pendenza di trattative per una transazione in seguito non avvenuta, o la semplice dimenticanza o trascuratezza del liquidatore.

 

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