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Giurisprudenza

Sulla trascrivibilità del pignoramento immobiliare contro il trust

5 Febbraio 2025

Cassazione Civile, Sezione Terza, 18 novembre 2024,  n. 34075 – Pres. De Stefano, Rel. Fanticini

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione, Sezione Terza, con sentenza n. 34075 del 18 novembre 2024 (Pres. De Stefano, Rel. Fanticini), si è pronunciata sulla trascrivibilità del pignoramento immobiliare di immobili facenti parte di un trust, contro il trust stesso, o, diversamente, a pena di nullità della nota di trascrizione, contro il trustee.

Nel caso di specie, il ricorrente rilevava che il giudice di merito avesse fondato la propria decisione su un’erronea lettura della Convenzione de L’Aja sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento: la Convenzione rinvia infatti alla legge nazionale, che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, pretende che la trascrizione sia eseguita nei confronti di soggetti, non già di rapporti privi di soggettività, come il trust; peraltro, i presunti vantaggi della trascrizione contro il trust non valgono a superare il rigore formale delle formalità nei Registri Immobiliari, né la precisazione contenuta nel «quadro D» della nota presentata al conservatore, che può “salvare” l’erronea indicazione del “quadro C”.

La Corte ricorda preliminarmente che il trust, istituto inizialmente allogeno, è definitivamente entrato nell’ordinamento italiano, non solo per effetto del riconoscimento contenuto nella “Convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento”, adottata a L’Aja il 1° luglio 1985 e ratificata con la L. 364/1989, ma anche per la cospicua elaborazione giurisprudenziale, che da alcuni decenni si è interessata della compatibilità col sistema giuridico interno dell’istituto di common law, il quale continua ad essere necessariamente regolato da una legge straniera (non rinvenendosi nella legislazione italiana un’autonoma disciplina).

Il Collegio precisa inoltre che i trust “interni” (come quello oggetto del caso di specie), ammissibili e validi in Italia (v. Cass. 10105/2014) sono quei trust il cui “centro di gravità” – individuato con riferimento al luogo di amministrazione del trust designato dal disponente, all’ubicazione dei beni in trust, alla residenza o domicilio del trustee, allo scopo del trust e al luogo ove esso deve essere realizzato – è in Italia, mentre appartiene ad un diverso ordinamento la disciplina scelta dal settlor.

Il fatto che il trust interno sia ammissibile e riconoscibile nel nostro ordinamento non comporta tuttavia che l’istituto di common law debba essere adattato al sistema giuridico interno sino al punto di travisarne la struttura e le caratteristiche: è la legge regolatrice straniera scelta dal disponente a disciplinare la validità, l’interpretazione, gli effetti e l’amministrazione del trust (così l’art. 8 della Convenzione de L’Aja), mentre sono assoggettate alla lex fori soltanto le questioni preliminari relative alla validità dei testamenti o di altri atti giuridici in virtù dei quali i beni sono trasferiti al trustee (così l’art. 4 della Convenzione de L’Aja).

La Corte, sul tema, richiama e conferma un precedente della giurisprudenza di legittimità (n. 2043/2017) in materia di pignoramento immobiliare di immobili di un trust, secondo cui “Il pignoramento di beni immobili eseguito nei confronti di un “trust” in persona del “trustee”, e non di quest’ultimo, è illegittimo, in quanto il “trust” è un ente privo di personalità giuridica, costituendo un mero insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato, formalmente intestati al “trustee”, il quale è l’unico soggetto che, nei rapporti con i terzi, è titolare dei diritti conferiti nel patrimonio vincolato: ne deriva che il giudice dell’esecuzione, nell’ambito della verifica in ordine all’esistenza delle condizioni dell’azione esecutiva, può disporre d’ufficio la chiusura anticipata della procedura esecutiva“.

L’art. 12 della Convenzione de L’Aja si riferisce infatti espressamente al trustee e impone agli Stati aderenti di consentirgli di dare adeguata pubblicità al vincolo di trust, attraverso formalità pubblicitarie che rendano opponibile erga omnes sia la titolarità dei beni, sia la limitazione coessenziale alla loro finalizzazione: per raggiungere tale finalità pubblicitaria non è richiesto dalla Convenzione lo stravolgimento delle regole che presidiano la trascrizione e non occorre affatto attribuire la qualità di “soggetto” al trust, operazione ermeneutica che non trova alcun appiglio né nei paesi in cui l’istituto ha avuto origine, né nell’ordinamento civile italiano, e che si risolve, oltretutto, per la Corte, in un inaccettabile travisamento delle sue intrinseche caratteristiche.

La Corte ricorda che è principio acquisito anche dalla giurisprudenza italiana quello per cui il trust non è un patrimonio “acefalo”, privo cioè di un soggetto titolare: costituisce pertanto ovvio corollario, che le formalità pubblicitarie, rilevanti a fini civili (tra cui il pignoramento immobiliare), relative a un trust, devono essere eseguite non già nei confronti di un inesistente “soggetto” denominato trust, bensì del trustee (in tale qualità), a pena di nullità della nota, ex artt. 2659 e 2665 C.c., in ragione dell’assoluta indeterminatezza del soggetto a cui la formalità si riferisce.

A livello formale, infatti, nella nota presentata al Conservatore dei Registri immobiliari, i soggetti a favore dei (e contro i) quali è presa la trascrizione sono indicati nel “quadro C”, destinato all’identificazione univoca dei “Soggetti”.

La Corte, da ultimo, richiama la propria precedente giurisprudenza in materia di fondi di investimento, per cui la trascrizione non va eseguita a favore del (o contro il) fondo, perché privo di soggettività giuridica, costituendo patrimoni separati della società di gestione del risparmio; pertanto, in caso di acquisto nell’interesse del fondo, l’immobile acquistato deve essere intestato alla società promotrice o di gestione, la quale ne ha la titolarità formale, ed è legittimata ad agire in giudizio, per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato, in cui il fondo si sostanzia.

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