Nella pronuncia in esame la Suprema Corte ha applicato ai contratti bancari il principio – recentemente stabilito dalle sezioni unite in materia di contratti di intermediazione finanziaria – in base al quale: il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento di cui all’art. 23 t.u.f. è rispettato quando il contratto è redatto per iscritto, ne viene consegnata una copia al cliente ed è sottoscritto dall’investitore, mentre non è necessaria la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti.
Secondo i giudici di legittimità, infatti, l’art. 117 del t.u.b., nel prevedere che “[i] contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato al cliente”, contiene una formulazione del tutto sovrapponibile a quella dell’art. 23 del t.u.f. Più in generale, inoltre, si osserva come anche nei contratti bancari la scelta legislativa sia orientata a favorire la conoscenza del contenuto del regolamento contrattuale da parte del cliente. Tale scopo si considera raggiunto quando il documento contrattuale viene sottoscritto e consegnato al cliente, mentre il dato della sottoscrizione dell’intermediario risulta “assorbito” e, quindi, privo di rilievo.
Non solo. La Cassazione spiega come, dalla non necessarietà della sottoscrizione della banca per il valido perfezionamento del contratto bancario, si ricava che la certezza della data ex art. 2704 c.c. possa essere conseguita non solo con la produzione in giudizio del documento, ma anche in un momento antecedente ed indipendentemente da tale evenienza, purché “sia desumibile da evidenze comprovanti, in modo univoco, che il contratto, documentato dalla scrittura privata recante la proposta della banca firmata dal cliente, sia stato concluso prima di quel momento”.
Sulla base di tali argomentazioni, nell’ordinanza 4 giugno 2018 n. 14243 viene affermato il seguente principio di diritto: “In tema di contratti bancari soggetti alla disciplina ex articolo 117 del d.lgs. n. 385/1993, la valida stipula del contratto non esige la sottoscrizione del documento contrattuale da parte della banca, il cui consenso si può desumere alla stregua di atti o comportamenti alla stessa riconducibili, sicché la conclusione del negozio non deve necessariamente farsi risalire al momento in cui la scrittura privata che lo documenta, recante la sottoscrizione del solo cliente, sia prodotta in giudizio da parte della banca stessa”.